Non era per niente facile ripartire dopo l’addio di Mazzarri e la cessione di Cavani. Il Napoli l’ha fatto migliorando i dati della stagione precedente, visti i 78 punti in campionato, il cammino in Champions e in Europa League e la vittoria della Coppa Italia.
Il passo in avanti più importante non è stato compiuto sui risultati sportivi, ma sulla crescita del progetto societario. Erano due gli aspetti che hanno portato alla scelta di Benitez: visione manageriale con più fiducia nei giovani e capacità nel reggere i tre fronti, aspetto su cui più volte la gestione Mazzarri è andata in difficoltà. Il progetto Benitez ha goduto dell’innalzamento del monte ingaggi, passaggio fondamentale per portare a Napoli giocatori del calibro di Higuain e Callejon per esempio. Il budget sul mercato era rinforzato dalla cessione di Cavani, 64 milioni di euro utilizzati per i tanti movimenti in entrata ma che non sono bastati per presentare una rosa sufficientemente ampia. Mancavano alternative sufficienti in difesa e soprattutto un vice Higuain poiché Zapata nel finale di stagione ha dimostrato di avere margini di miglioramento ma non era pronto per offrire le garanzie giuste nell’alternanza con l’argentino ex Real Madrid. A gennaio sono state effettuate alcune mosse utili: l’arrivo di Jorginho, Ghoulam, la cessione di Armero, non idoneo alle consegne tattiche di Benitez, ma anche alcune falle non coperte come proprio il vice Higuain e un rinforzo in più in difesa. Henrique è stato impiegato soprattutto da esterno, in quella zona di campo ha dato il contributo più importante e sfumò Koulibaly, arrivato poi come primo acquisto per la stagione 2014/15.
Quest’annata di transizione è caratterizzata dai limiti che l’organico presentava ad inizio stagione oltre alle prevedibili difficoltà d’adattamento di tutti i calciatori alla nuova filosofia di gioco, d’allenamento, di modulo. Una rivoluzione epocale che vale la pena perseguire ma che inevitabilmente poteva produrre delle scosse d’assestamento come quelle degli scontenti finiti un po’ ai margini con Benitez.
Bigon ha tra le priorità proprio lo sfoltimento della rosa: Behrami, Pandev, Britos, Dzemaili, Maggio sono in uscita. Behrami la scorsa settimana ha tenuto una festa d’addio con i suoi amici più cari a Portici e ieri come Pandev non ha partecipato alla cena di fine stagione.
Doblas e Reveillere non resteranno, Zapata e Radosevic probabilmente andranno in prestito, per Zuniga bisogna aspettare i Mondiali e il pieno recupero, mentre sono pochissime le probabilità per cui Reina possa continuare la sua avventura a Napoli.
La linea è quella giusta: la costruzione di una rosa funzionale alle idee di Benitez. Stavolta, però, va completata l’opera fino in fondo senza lasciare reparti poco coperti e rimpianti che pesano nell’economia della stagione.
I DATI DELLA STAGIONE – Il Napoli ha totalizzato quarantadue punti nel girone d’andata e trentasei in quello di ritorno, quando è avvenuta la fuga della Roma smorzata poi nel finale. Gli azzurri sono arrivati anche a sedici punti dai giallorossi, hanno chiuso a -7 perché nelle ultime tre giornate, ad obiettivo ormai sfumato, hanno risucchiato nove lunghezze. I giallorossi hanno sfruttato tutte le proprie energie per il campionato, non partecipare alle coppe ha influito molto sulla cavalcata della formazione di Garcia.
Il Napoli aveva chiuso il girone d’andata a sole due lunghezze dalla Roma, ma la missione secondo posto è sfumata tra gennaio e aprile, quando i giallorossi hanno portato a casa sedici punti in più della formazione di Benitez. Il campionato del Napoli ha avuto una forte interruzione dopo la sconfitta in casa contro la Fiorentina che ha ammazzato le velleità d’aggancio alla Roma, riaccese dalla vittoria al San Paolo contro Benatia e compagni. Sul lungo periodo la rosa di Benitez ha pagato lo sforzo compiuto su più competizioni senza avere un organico attrezzato. L’allenatore spagnolo ha ripetuto più volte durante la stagione che nell’arco di un campionato è la panchina a fare la differenza.
Il divario di sette punti nel mese di Aprile nasce proprio da uno scoramento mentale e da un programma di potenziamento atletico che puntava ad arrivare nella massima forma nel finale di stagione, quando bisognava vincere la Coppa Italia. Questa fase è stata caratterizzata anche da un calo a livello offensivo, smorzato solo dai poker inflitti a Catania e Lazio. Il dato dei gol fatti è abbastanza omogeneo: 41 all’andata e 36 al ritorno ma è evidente che i 13 segnati nelle ultime tre contro avversari senza motivazioni influisce nel calcolo generale. L’equilibrio tra i due gironi riguarda anche la fase difensiva, con 20 gol subiti all’andata e 19 al ritorno.
La maggior parte delle reti incassate è da attribuire ad errori individuali che dovrebbero ridursi migliorando la qualità complessiva dell’organico, soprattutto in difesa e a centrocampo. Ci sono poi anche situazioni tattiche importanti come i gol subiti per gli errori degli esterni sulle diagonali, in calo nella seconda parte della stagione, o quelli incassati a causa degli inserimenti centrali, che spingono a ritenere il centrocampo il reparto da rinforzare maggiormente. In quella zona è caccia al top player, il sogno è Javi Martinez, negli altri reparti si dovrebbe puntare sui giovani rampanti. Sullo stile dei Ghoulam, dei Jorginho o dello stesso Koulibaly. Giovani, forti, con voglia d’imparare e grandi margini di miglioramento, sull’onda della rivoluzione di Rafa che va seguita senza esitazioni, anche quando richiede qualche sacrificio.
Ciro Troise
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