Hanno fatto arrabbiare anche Benitez. Rafa ci aveva provato ad imporre lo stile british, a dare al calcio italiano un esempio diverso, all’insegna della collaborazione con gli arbitri piuttosto che della polemica, della critica puntigliosa alla prima decisione a sfavore. Al cospetto del disastroso arbitraggio di Tagliavento, si è unito ai duri tweet di De Laurentiis, che è stato molto chiaro: “O è malafede o è incompetenza”. Il Napoli si fa sentire, lo fa diversamente da Pechino, sceglie la denuncia piuttosto che il plateale abbandono del palco della Supercoppa vinta dalla Juventus nel 2012.
Le parole del presidente del Napoli sono dei macigni che invadono gli studi televisivi ma ancora una volta il calcio italiano confonde la denuncia nella recriminazione degli sconfitti, trattando l’argomento come se si stesse dando semplicemente voce alla rabbia di chi ha vissuto episodi sfavorevoli. E’ il mondo del pallone intero che dovrebbe farsi sentire, Napoli-Juventus è la fotografia del disastro complessivo del calcio italiano, di cui anche i pessimi arbitraggi sono una componente. Poco più di tre mesi fa, si giocava Juventus-Roma e Rocchi si rendeva protagonista di una direzione di gara disastrosa, con errori determinanti che hanno favorito la vittoria dei bianconeri. Al San Paolo, ieri, è cambiato l’attore protagonista, da Rocchi a Tagliavento, ma il film non è cambiato. Finchè si tratta di un solo episodio, è accettabile la frase per cui un errore ci possa stare anche se commesso da sei persone, ma, quando si moltiplicano le scelte sbagliate, allora bisogna intervenire. Ricordo ancora quando Bergonzi fu sospeso per un mese e dovette ricominciare dalla Serie B per aver concesso due rigori dubbi al Napoli nella stagione 2007/08, la prima dopo il ritorno in Serie A. Cosa succederà a Tagliavento e ai suoi cinque collaboratori? Cosa faranno Nicchi, Messina e Tavecchio? Tagliavento era il direttore di gara di Milan-Juventus 1-1 del 27 Febbraio 2012. Allegri allenava i rossoneri e il gol di Muntari incredibilmente non concesso al Milan lanciò la Juventus verso la conquista del primo scudetto dell’era Conte. L’arbitro umbro per alcuni mesi non diresse più le partite di Milan e Juventus ma continuò a lavorare regolarmente in serie A, senza sospensioni o retrocessioni di categoria.
Il calcio italiano deve scegliere cosa vuole fare: iniziare a recuperare la credibilità perduta o sposare gli interessi di coloro che da decenni sono più tutelati degli altri. L’idea per cui gli errori si compensano è la “favoletta” ipocrita per coprire la sudditanza psicologica e l’evidente diseguale distribuzione dei disastri arbitrali. Non c’è nessun campionato in Europa dove è possibile che due dei big-match del campionato come Juventus-Roma e Napoli-Juventus siano condizionati in modo così palese da sviste clamorose. Il calcio italiano deve dare un segnale, dotando i campi di tutti i mezzi tecnologici necessari per dare più credibilità ad un mondo già sconvolto dagli scandali degli ultimi anni, subito goal-line technology e moviola in campo per garantire la regolarità del campionato.
Attribuire solo ai disastri di Tagliavento la sconfitta del Napoli è, però, esercizio stucchevole. La formazione di Benitez non ha giocato come a Doha, dove, pur andando subito in svantaggio, è apparsa compatta, ha mantenuto la distanza tra i reparti e, nonostante l’imbarazzante differenza di valori a centrocampo, non ha mai regalato il controllo della mediana come ha fatto ieri soprattutto nel primo tempo. Le statistiche ci aiutano in tal senso: Pirlo ha avuto la libertà assoluta di comandare la manovra toccando ben 92 palloni, Callejon ed Hamsik insieme ne hanno toccati solo due in più, 94.
Il Napoli ha affrontato la Juventus con il baricentro molto basso, ha subito molto sulla fascia sinistra, dove Caceres a fine primo tempo poteva già chiudere la gara. Dalla fascia destra sono arrivati il 41% degli attacchi bianconeri, a Roma toccherà a Strinic per la squalifica di Britos cercare di dare l’apporto giusto da esterno puro: capacità di condurre le due fasi e di aiutare i compagni a tenere la difesa più alta. Higuain, considerando il rapporto tra minuti giocati e palloni toccati, ha la statistica più bassa tra i ventidue in campo: solo in trentaquattro occasioni la sfera è passata per i suoi piedi e questo dato la dice lunga sullo scarso peso offensivo avuto dalla squadra soprattutto nel primo tempo. Nella ripresa l’ingresso di Mertens ha dato più vivacità agli azzurri, capaci di acquisire in più frangenti il predominio territoriale e di arrivare al pareggio prima che il gol in fuorigioco di Caceres riportasse la squadra di Allegri in vantaggio. Non condivisibile la sostituzione di Hamsik, lo slovacco si smarcava bene tra le linee e, infatti, ha ispirato due occasioni da gol degli azzurri, mandando in porta De Guzman, con l’aiuto di un rimpallo, nel primo tempo e azionando Callejon in area di rigore sulla destra nella ripresa.
I campioni fanno la differenza, la Juventus ha tirato otto volte, in cinque occasioni ha preso lo specchio della porta e ha segnato tre gol, il Napoli ha prodotto dieci conclusioni, di cui solo due nello specchio ed una in rete. Oltre alle sviste di Tagliavento, incidono gli errori sotto porta di De Guzman e Zapata. Contro la Juventus non è consentito sbagliare, a Doha è bastato il cuore per rimontare, al San Paolo no e non solo per colpa degli arbitri.
Ciro Troise
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