C’è qualcosa che non va in casa Napoli. Il bilancio stagionale finora è positivo: il Napoli è in lotta su tre fronti, è in vantaggio per qualificarsi alla finale di Coppa Italia, deve disputare gli ottavi di Europa League ed è in piena lotta per l’accesso alla Champions League.
La prospettiva di poter agganciare la Roma, nonostante la seconda occasione persa, dovrebbe trasmettere entusiasmo, grinta e rabbia per alimentare la convinzione di guadagnare terreno sui giallorossi in crisi d’identità e di gioco. Il Napoli, invece, sembra sull’orlo di una crisi di nervi, il post-partita di Torino e quello di ieri sera al San Paolo sono apparsi nettamente spropositati rispetto a quanto si è visto in campo e soprattutto al bilancio stagionale che lo stesso Benitez sottolinea ad ogni intervista.
Non è la prima volta che De Laurentiis litiga con Sky, successe già nel primo ritiro di Dimaro dell’era Benitez con l’emittente satellitare privata del diritto di fare informazione per qualche giorno sul Napoli. I verdetti del campo non centrano nulla e probabilmente neanche qualche uscita fuori luogo degli opinionisti, che hanno già prodotto una risposta dura in conferenza stampa, ma a fare la differenza sono gli interessi e la visione sullo stato del calcio italiano. La lettera di Sky alla Lega Calcio ha smosso il caso Parma spingendo Tavecchio e i presidenti a trovare una soluzione. Il Napoli si è astenuto esprimendo l’idea che il dibattito dovesse essere completamente rovesciato parlando della necessità di tutelare la serie A e non di rianimare una società fallita attraverso il fondo ammende. Sky ha pensato ai propri interessi: salvare il pacchetto che ha offerto ai suoi clienti, mantenere il formato del campionato per cui ha chiesto gli abbonamenti.
Tale mossa può essere considerata un’ingerenza ma i problemi sono altrove: si arriva a queste situazioni perché il calcio italiano ha fondato il suo business quasi esclusivamente sui soldi delle tv in quanto incapace di valorizzare i vivai, gli stadi, di vendersi all’estero e di strutturare in modo molto proficuo il marketing e il merchandising dei propri club.
Cosa ha fatto De Laurentiis per cambiare tutto ciò? Ha costruito una società esemplare sotto il profilo della gestione dei bilanci, della salute economica ma ha votato alle ultime elezioni Tavecchio, espressione del disastro avvenuto nei Dilettanti negli ultimi anni. Cosa ha fatto Tavecchio? Ha addolcito le pene per i cori razzisti, mentre Benitez, quando è interrogato sulla questione, propone di chiudere stadi e curve senza misure, ha prodotto una riforma sulla valorizzazione degli italiani che accontenta tutti e nessuno e ha gestito in modo goffo il caso Parma. De Laurentiis talvolta sceglie la strada del populismo, ama fare il capopopolo, ergersi a leader di una rivolta confusionaria mentre dovrebbe comportarsi più da presidente, far sentire la propria voce in tutte le occasioni non soltanto quando si vincono i trofei, ammettere di aver sbagliato a seguire il duo Tavecchio-Lotito e monitorare sul comportamento di Lega e Figc, sull’applicazione delle regole.
La crisi di nervi non distolga la squadra dai suoi impegni nella fase decisiva della stagione. All’orizzonte c’è l’opportunità di conquistare l’accesso alla Champions League senza passare per i preliminari ma allo stesso tempo anche il rischio di farsi superare da Lazio e Fiorentina, prospettiva negativa che ridimensionerebbe la vittoria della Supercoppa e il cammino del Napoli in Coppa Italia ed Europa League.
I profondi limiti d’organico a centrocampo e in difesa potrebbero mettere in seria difficoltà la formazione di Benitez, nell’ultima mezz’ora si è patita la mancanza di ricambi a centrocampo, di giocatori che possono aiutare la squadra a gestire il vantaggio e a difendersi quando è in difficoltà. “Bisogna abituare questa realtà a vincere non una volta ogni venticinque anni, sembra sempre che quando siamo lì per fare il passo in avanti crolliamo, la crescita costa”, diceva Rafa Benitez in una delle ultime conferenze stampa.
Il Napoli ha un potenziale offensivo formidabile e ha limiti impressionanti negli altri reparti, non si scopre questa verità certamente oggi. L’atteggiamento di Benitez sembra presupporre un probabile addio a fine stagione, situazione che rallenterebbe sicuramente la crescita del Napoli ma nel frattempo Rafa deve accompagnare il suo percorso di crescita modificando talvolta anche il proprio credo soprattutto in merito al turnover scientifico. La crescita costa e passa per i risultati, il più importante di tutti è l’accesso alla Champions League, meglio ancora se da secondi, salvo non si riesca a realizzare il complicato sogno di vincere l’Europa League.
Le sostituzioni di ieri sembravano essere più rivolte alla gestione degli uomini per la sfida di giovedì che alla lettura della partita in corso. Mancini ha inserito Hernanes e Puscas riuscendo sia a dare più qualità alla mediana per rendere più produttivo il 63% di possesso palla prodotto e a creare gli uno contro uno sulle fasce tra Palacio, aiutato dalla capacità di spinta di Santon, ed Henrique e Shaqiri e Strinic. Il Napoli contestualmente smetteva di giocare e s’abbassava nella propria trequarti, togliere Mertens e Hamsik, i giocatori che hanno toccato più palloni durante la gara nonostante siano usciti rispettivamente al 72’ e al 79’, ha tolto al Napoli un contropiedista che poteva essere letale nelle ripartenze e un centrocampista utile nel possesso palla in una serata in cui stava giocando bene, tenendo in campo Henrique che soffriva sulla destra e Callejon che lo aiutava poco. Poteva essere utile anche Jorginho nella gestione del pallone, sono idee, interpretazioni, pensieri che non hanno le controprove ma ci sono, però, due certezze. Il Napoli è crollato e Benitez non è riuscito a dare soluzioni per portare a casa la vittoria dopo più di un’ora di dominio e bel calcio e subisce la quinta rimonta della stagione, la terza in casa in vantaggio di due gol mentre in trasferta gli azzurri si sono fatti rimontare a Bilbao e proprio all’andata contro l’Inter. Manca personalità, spessore dell’organico distribuito in tutti i reparti ma qualche soluzione in più per non buttare i punti può arrivare anche dalla panchina, sacrificando anche la gestione del minutaggio al cospetto del risultato da portare a casa.
Ciro Troise
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