La domenica senza Serie A è scivolata via, è stata l’occasione per osservare le altre categorie, l’immagine della Campania che cresce nel calcio nonostante le difficoltà economiche e sociali che la perseguitano in tempo di crisi. La Juve Stabia è in calo ma resta sempre nel limbo di chi deve sia stare attento ad non essere risucchiato nei pericolosi bassifondi della classifica e chi può anche aspirare ai play-off, l’Avellino è capolista in Lega Pro Prima Divisione e si potrebbe anche sognare la coppia campana con Nocerina o Benevento ai play-off. In Seconda Divisione la Salernitana guida il girone B e l’Ischia è ad un passo dall’approdo nel calcio professionistico; meritano una menzione in Serie D anche il Gladiator, sconfitto solo domenica dopo 28 giornate, e la Casertana che insegue la Torres nel girone G. Il nostro appello è che il Napoli sia il faro del calcio campano, migliori nelle pubbliche relazioni con le altre società della nostra regione e si tolga l’etichetta di realtà a cui piace isolarsi nel deserto di Castelvolturno.
LE INDICAZIONI DALLE NAZIONALI- Il presente più strettamente legato al Napoli porta alle partite dei tanti Nazionali in giro per il mondo. Mazzarri potrebbe raccogliere molte indicazioni; è legittimo il suo pizzico d’orgoglio nel vedere Hamsik e Cavani depotenziati rispetto a quanto fanno vedere nel Napoli. Lo slovacco in Nazionale agisce troppo lontano dalla porta, sulla linea dei centrocampisti, l’uruguagio, invece, gioca da esterno d’attacco e non da terminale offensivo mobile come nel sistema di gioco di Mazzarri. Guardare le partite di Slovacchia ed Uruguay serve a rimuovere ogni dubbio sulla storia di questi due talenti: entrambi sono top players costruiti in casa. Non si tratta di Ibrahimovic, Messi o Cristiano Ronaldo, ma di due ragazzi con lo splendido potenziale esploso grazie al lavoro dell’allenatore. Dai meriti alle note spinose, alle riflessioni che bisogna compiere perché è facile glorificarsi, mentre è difficile quanto stimolante mettersi in discussione, capire dove si può potenziare ancora di più il proprio collettivo. Nel 4-4-2 atipico di Mangia, Insigne non ha compiti di copertura e si esalta regalando magie e andando a segno sei volte su dieci gare ufficiali (nel Napoli ha segnato solo 4 gol). Pandev non ha inciso nella sconfitta della Macedonia contro il Belgio; un appunto che deve far riflettere il “movimento d’opinione” scatenatosi a suo supporto per una prestazione discreta contro l’Atalanta. Continuano le difficoltà di Inler anche in Nazionale; lo svizzero non ha dato la qualità, l’organizzazione geometrica per permettere ai suoi di costruire manovre elaborate per scardinare la difesa avversaria. Behrami ha combattuto come un leone, ma la sua aggressività viene depotenziata se poi nella fase d’impostazione non ci sono le intuizioni giuste. Da Colombia ed Argentina tante buone notizie: Zuniga ha ben figurato anche sulla fascia destra, mettendo in crisi in coppia con Cuadrado la Bolivia, Armero in un quarto d’ora ha compiuto un assist e realizzato un gol. Fernandez nella difesa a quattro di Sabella ha ben figurato contro un cliente scomodo come Rondon, attaccante del Venezuela e del Rubin Kazan, confermando l’ottimo stato di forma raggiunto con la maglia del Getafe. Anche Maggio lancia una provocazione tattica a Mazzarri: nella difesa a quattro sia nel Napoli che nella Nazionale l’esterno di origini venete ha meno campo da coprire e riesce a nascondere l’evidente calo di brillantezza e lucidità registrato in questa stagione. Da più parti ho letto di un Maggio rinato in Nazionale; il gol fallito a pochi metri da Julio Cesar dimostra che, anche se è stato protagonista di una buona prestazione, l’esterno destro del Napoli è lontano dalla migliore condizione. Sono rientrati a Napoli Behrami, Inler e Dzemaili, domani toccherà ad Insigne; poi tra mercoledì e venerdì giungeranno a Castelvolturno gli altri nove nazionali azzurri in giro per il mondo.
NAPOLI, UNO SGUARDO AL FUTURO- Il presente impone la concentrazione massima sulle nove finali in cui bisogna blindare la Champions ma è inevitabile a fine marzo che si parli di futuro con i casi Mazzarri e Cavani a tenere banco. Le dichiarazioni di De Laurentiis e Cavani, ciò che filtra dall’incontro con le curve sembrano portare nella direzione della cessione del Matador. La sfida è tra Real Madrid e Manchester City ma la complessità del giro di panchine internazionale e la rigidità del patron del Napoli che legittimamente pretende il pagamento dell’intera clausola rescissoria per far partire il suo gioiello uruguagio rendono incerta questa trattativa nel panorama del mercato internazionale. Su Mazzarri è tutto meno chiaro. La fase di stallo di Roma ed Inter che attendono la fine del campionato e la verifica degli obiettivi raggiunti per valutare gli eventuali cambi di panchina ha spinto le voci sulla permanenza di Mazzarri a Napoli, tesi sostenuta anche dalle recenti dichiarazioni di De Laurentiis. La verità è che il giro di panchine non si è ancora infiammato e può prendere diverse pieghe.
Il Napoli comunque si trova davanti ad un bivio più grande della classica scelta riguardo alla guida tecnica di una squadra di calcio. “Quante volte nella mia vita professionale mi è capitato di fare un film poi stravolgendo tutto dopo”, così parlava De Laurentiis al varo della Msc Preziosa a Genova. In questa frase c’è la condizione precaria in cui vive il Napoli, fermo nell’attendere le scelte di Mazzarri con il contratto in scadenza. Il calcio non è il cinema, un’industria che organizza la sua produzione sul periodo relativamente breve di un film non su programmazioni pluriennali.
Juventus e Milan sotto quest’aspetto hanno posizioni di vantaggio rispetto a tutte le altre società italiane perché presentano progetti coerenti che non cambiano alla prima difficoltà. I bianconeri hanno legato l’espansione commerciale dovuta al nuovo stadio con la crescita del proprio progetto tecnico con Conte come inamovibile guida dell’organico da puntellare e far crescere con nuovi rinforzi in ogni sessione di mercato. Il Milan ha smantellato una rosa di campioni e ha strutturato un progetto basato sull’abbassamento del monte ingaggi e sulla crescita dei giovani (De Sciglio, Niang ed El Shaarawy su tutti), ha mantenuto una dimensione competitiva e punta a tornare ad alti livelli nell’arco di tre anni. L’Inter ha compiuto un grande lavoro sul settore giovanile ma mostra delle crepe quando deve difendere il suo operato, la Roma non ha ancora palesato la sua reale identità, la Fiorentina è al primo anno di un progetto tecnico ottimo nel rapporto qualità-prezzo, la Lazio come il Napoli ha un’organizzazione basata sul breve periodo, stagione dopo stagione. La società di De Laurentiis dovrebbe trasferire la propria sapienza nella gestione economica sotto il profilo organizzativo del progetto tecnico. La gestione della questione Mazzarri è emblematica in tal senso. De Laurentiis si è sempre affidato a delle personalità d’ampio respiro con grandi compiti e responsabilità nella gestione del Napoli. Dopo la fase Marino, c’è stata quella di Mazzarri, figura di maggiore personalità all’interno di un equilibrio complesso nelle scelte condivise tra il presidente, l’allenatore, il direttore sportivo ed il reparto scouting.
Per fare il salto di qualità, serve un progetto guidato dalla società che abbia priorità e scadenze. Dal centro per il settore giovanile al mercato passando per la risoluzione delle vicende dello stadio San Paolo, deve essere tutto programmato e chiaro. Il Napoli deve cercare la sua autonomia slegandosi da dirigenti o allenatori e del momento. Mazzarri è un grande professionista, la sua permanenza però non deve essere un obiettivo della società ma un eventuale tassello da inserire nell’ambito di un progetto di club più grande della storia personale di un allenatore. Al Napoli non serve un nuovo Ferguson, ma un direttore generale in grado di fare da collegamento con autorevolezza tra la proprietà, le varie aree della società, l’allenatore e la squadra. Più che nei nomi degli acquisti, è nella struttura e nella filosofia societaria il salto di qualità da compiere, con un ottimo allenatore come Mazzarri o con un altro tecnico sulla panchina azzurra. Dopo nove anni nel mondo del calcio, De Laurentiis è chiamato ad una scelta: cosa vuole essere il Napoli?
Ciro Troise
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