Il giorno dopo la domenica del saluto di Mazzarri, c’è il calendario a offrire piacevoli sensazioni ai tifosi azzurri. Oggi è il 20 Maggio 2013, un anno dopo il trionfo di Roma, la Coppa Italia vinta contro l’”invincibile” Juventus. Quanti ricordi: la gioia del lato azzurro dell’Olimpico, le lacrime del Pocho sotto la curva, la festa a Napoli come se fosse lo scudetto, in una città dove ogni vittoria rappresenta una liberazione, uno scatto d’orgoglio.
Il 20 Maggio, un anno dopo, è una giornata di dubbi, indiscrezioni, silenzi in attesa della comunicazione via twitter del nuovo allenatore.
L’addio di Mazzarri in diretta televisiva è il nuovo frame del calcio mediatizzato, dove tutto deve diventare evento, liturgia della comunicazione. Uno spettacolo in termini di audience ma completamente vuoto in termini di risposte ai tifosi che legittimamente continuano a ringraziare sui social network il mister per i quattro anni splendidi. Il ritorno in Europa, la vittoria della Coppa Italia e le emozioni della Champions sono traguardi indimenticabili e Mazzarri è stato uno dei principali protagonisti di questi successi. Nelle interviste di fine gara neanche stavolta Mazzarri ha rivelato tutta la verità, non ha parlato delle divergenze con il presidente De Laurentiis, ha insistito su una sola parte delle motivazioni della scelta: i suoi stimoli personali dopo quattro anni sulla panchina del Napoli. L’offerta economica importante da parte del Napoli c’è stata, i tentativi di De Laurentiis, Bigon e Santoro di convincerlo sono stati frequenti fino all’ultima settimana di lavoro ma Mazzarri non ha cambiato idea. E’ evidente che non c’è stimolo più grande per un allenatore di competere per lo scudetto e ripetere l’esperienza della Champions al San Paolo, in una piazza in cui si è molto apprezzati ma Mazzarri non ha voluto rischiare. “O si ridimensionano gli obiettivi, o arrivano cinque giocatori che possano far fare la differenza a quest’organico, soprattutto in caso di cessione di Cavani”, questa è stata la richiesta di Mazzarri a De Laurentiis che non ha mai trovato garanzie certe. Il tecnico toscano chiedeva, sulla scia di quanto fatto da Conte alla Juventus, maggiore coinvolgimento sulla campagna acquisti. Il rientro di Vargas e Fernandez, di cui più volte ha parlato il presidente negli incontri con Mazzarri e Bigon, ha rappresentato uno dei motivi di un accordo mai trovato.
Due anni fa Mazzarri, mentre era sotto contratto con il Napoli, si mostrava interessato alle avances di Juventus e Roma; alla fine negli uffici della Filmauro arrivò l’accordo con De Laurentiis mai realmente totale, come dimostrano le divergenze sugli acquisti, tra le richieste di Criscito, Vidal e Vucinic e gli arrivi di Britos, Dzemaili e Pandev. Da tecnico ambizioso, Mazzarri studia con il suo rappresentante legale Bozzo le possibili destinazioni. L’Inter è il suo obiettivo da molto tempo, la piazza in cui consacrarsi nel segno del riscatto. E’ un pensiero di Mazzarri da molto tempo, almeno da un anno, quando svelammo la cena con Fassone al ristorante “Sud” di Quarto. Dopo quattro stagioni, Mazzarri ha percepito la chiusura del suo ciclo, ha avuto paura di non riuscire a far crescere il Napoli giunto per la seconda volta in Champions League e costretto a fare i conti con le ambizioni da scudetto. Il presidente De Laurentiis, dopo aver aizzato la folla di Fuorigrotta con la frase: “Anch’io voglio vincere”, a margine della cena a “Villa D’Angelo” è tornato nella sua anima commerciale, quella per cui basta stare ai vertici senza la pressione della vittoria. “Per me arrivare secondi è come vincere”, ha più volte detto il patron trincerandosi dietro la venerazione del fair play finanziario, come se fosse l’unico a rispettarlo alla lettera.
Mazzarri resta fermo in attesa di Massimo Moratti, protagonista con un ruolo fondamentale del giro di panchine che potrebbe presentare questo scenario: Mangia al Verona, Stramaccioni all’Under 21 dopo l’Europeo, Mandorlini allo Spezia, Mazzarri all’Inter, Allegri alla Roma, Seedorf al Milan e Benitez al Napoli. Si tratta di un’ipotesi che per realizzarsi ha bisogno ancora di molti tasselli: le scelte di Moratti, le discussioni in casa Milan sul contratto di Allegri e l’evolversi della missione londinese di De Laurentiis. Alla Roma, invece, se sfumassero Allegri e Mazzarri, piace Pioli che, però, non suscita entusiasmo nello spogliatoio giallorosso.
Benitez sembra il favorito per la panchina del Napoli. Si tratterebbe di un nome di grande spessore, con un profilo internazionale che accrescerebbe anche l’immagine del club, soprattutto in Europa. Il tecnico madrileno ha dimostrato di arrivare la mentalità vincente e saper valorizzare i giovani; bisognerebbe capire, però, come si rapporterebbe all’ambiente e agli equilibri societari. La figura di Reja come direttore tecnico a suo supporto rappresenterebbe un bel segnale. L’allenatore della doppia promozione dalla C alla A conosce bene l’ambiente, potrebbe essere di supporto a Benitez ma soprattutto a De Laurentiis nel rapporto tra scouting, direttore sportivo e allenatore; una relazione ricca di contraddizioni nell’era Mazzarri, da Vargas a Radosevic, passando per Fernandez.
De Laurentiis dovrebbe intervenire sulla struttura societaria, interrogandosi sul valore di tutte le scelte compiute, dalla prima squadra al settore giovanile. Ieri hanno abbandonato i play-off anche i Giovanissimi Nazionali contro il Monza che tra andata e ritorno ha dato una lezione al Napoli non solo sulle strutture, presentando il centro sportivo “Monzello”, ma anche un livello tecnico complessivamente superiore a quello mostrato dal Napoli nell’arco delle due partite.
Nel frattempo, due “vittime” dello “svincolo massivo” operato dal Napoli si fanno strada in Serie B. Il primo è Vincenzo Guarino, difensore centrale classe ’95 che ieri ha debuttato in prima squadra in Crotone-Juve Stabia, il secondo è Daniele Franco, centrocampista classe ’94 che lo Spezia ha intenzione di inserire in prima squadra per la prossima stagione, mentre l’altro ex azzurro Marchitelli dovrebbe essere ceduto in prestito in Lega Pro. Anche per le giovanili ci saranno degli acquisti: il primo dovrebbe essere Alessio Gionta, portiere classe ’97 proveniente dall’Us Valpejo, che il Napoli non è riuscito a tesserare per questa stagione in virtù dei problemi creati sul tesseramento dal Mezzocorona, società in cui ha militato per due anni. Il Napoli è a un bivio, spieghi quali sono i suoi programmi anche per il settore giovanile. La valorizzazione dei giovani talenti in questi anni non è sembrata una priorità; lo dimostra che nelle ultime due giornate di campionato, ininfluenti per la classifica, nessun giovane della Primavera ha trovato spazio, neanche Radosevic.
Ciro Troise
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