La pandemia ci aveva fatto dimenticare un concetto basilare: il calcio è sentimento, condivisione di stati d’animo. La morte di Maradona ha presentato al mondo il peso emotivo di una città che ha perso il suo Dio pagano, l’unico che l’ha trascinata alla vittoria mantenendo le promesse, fondendosi nella sua cultura, aiutando tutti ad alzare la testa. Per la portata del lutto, ho visto una città ordinata che in larghissima maggioranza indossava la mascherina e provava a coniugare il rispetto delle regole anti-contagio con il dovere emotivo di onorare Maradona.
Diego non rappresenta solo vittorie calcistiche, basta pensare che andava con gioia anche a giocare le amichevoli in provincia facendo tanta beneficenza silenziosa. Non c’importa ciò che ha fatto nella sua vita ma quello che ha fatto nelle nostre, dicono in Argentina, e il valore di questo concetto appartiene al vissuto di argentini e napoletani più di tutti gli altri nel mondo.
Tra le tante testimonianze mi ha colpito quella di Ciccio Romano che, col groppo in gola, mi diceva: “Qualsiasi cosa si farà a Napoli per ricordarlo non sarà mai abbastanza”. È così, non è un’esagerazione, nelle parole di Ciccio c’è un pezzo di storia. Per onorarlo, non basta intitolargli uno stadio, una mostra, una fermata.
Bisogna essere all’altezza della grandezza di Diego, se il Napoli e Napoli ci riusciranno anche dall’aldilà Maradona aiuterà tutti quanti noi. C’è un aneddoto che ha raccontato Franco Esposito stamane sul Corriere Della Sera, quando Juliano chiese agli inviati dei giornali italiani di omettere l’orario del tesseramento nessuno s’oppose perché Diego al Napoli era una vittoria professionale di tutti.
Lo stadio Maradona può essere un volano turistico
Onorare Maradona nel modo giusto, quando questa maledetta pandemia sarà finita, può essere un volano anche sotto il profilo turistico. Uno dei più miei grandi desideri è andare a Buenos Aires, visitare la Bombonera per immergermi ancora di più nel mito di Diego, in tanti nel mondo potrebbero avere lo stesso desiderio venendo così allo stadio Diego Armando Maradona a Fuorigrotta. Non basta una targa, bisogna mettere in piedi un museo all’altezza, realizzare un tour come avviene in vari stadi d’Europa (penso al Camp Nou).
Chi non rispetta la propria Storia non tutela neanche i propri tifosi, l’hanno capito in tutto il mondo. Basta pensare al moderno Emirates, all’esterno nella strada che porta allo stadio ci sono le statue di tutti i più grandi giocatori dell’Arsenal. Ve lo immaginate a Fuorigrotta? Vabbè, stiamo andando oltre con la fantasia e i sogni, sarà la spinta di Diego che a Napoli li ha fatti diventare realtà.
Il Napoli con la pandemia ha salutato i tifosi dopo mesi di polemiche: il tifo organizzato era tornato a gennaio per le partite contro Lazio e Juventus, poi a febbraio un altro strappo con i 70 euro per le curve di Napoli-Barcellona.
Diego amava la bolgia, il suo stadio sia quello
Dedicare lo stadio a Maradona è una scelta di campo, bisogna essere all’altezza. Diego si è innamorato della bolgia, ha assorbito l’amore di Fuorigrotta, sarebbe un oltraggio rivedere il clima delle multe notificate a casa, delle telecamere che pescavano il “reato” del mancato rispetto del regolamento d’uso.
Lo stadio Diego Armando Maradona, inaugurato magari con un’amichevole contro il Boca Juniors o l’Argentina, deve coniugare la modernità della tutela delle regole con la cosa più importante: il tifo, la passione in settori popolari con costi dei biglietti, accessibili, alla portata di tutte le tasche (ovviamente ci riferiamo ad uno scenario futuribile, quando il Covid-19 sarà sconfitto).
Si facciano le standing zone, si protegga la libertà di tifare con sciarpe, bandiere, cori, coreografie. Bisogna sottoscrivere tutti un patto immaginario, anche i tifosi che devono predisporsi al confronto produttivo.
Diego, che a Napoli ha dato più di ciò che ha ricevuto, “dall’altra vita” c’impone uno sforzo: bisogna essere tutti alla sua altezza.
Ciro Troise
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