Al Dall’Ara nel primo tempo si è intuito il cambiamento. Il Napoli aveva il baricentro alto, teneva la linea difensiva con i piedi sul centrocampo grazie anche al buon inserimento di Natan, riusciva a schiacciare un’ottima squadra come il Bologna, che ha chiuso quattro partite consecutive con la porta inviolata, per fasi prolungate della gara nella propria metà campo.
Bisognava liberare gli uomini di talento per creare di più e finalizzare ciò che si produceva. La prima parte della svolta si è verificata a Bologna, offuscata dal rigore sbagliato di Osimhen e soprattutto dalle polemiche per la sostituzione. I segnali di Bologna hanno avuto un’evoluzione: il doppio poker rifilato ad Udinese e Lecce. La condizione atletica è migliorata, qualche giocatore determinante come Anguissa è finalmente entrato in forma ma ridurre la svolta del Napoli a quest’aspetto è limitativo, fuorviante e banale. Basta ascoltare le parole dei calciatori, soprattutto quelle di Kvara dopo la sfida contro l’Udinese che ha svelato il confronto interno con l’allenatore.
Per il Napoli l’identità tattica è la luce, senza il feeling nel gioco è una squadra che cammina nel buio. La squadra e Garcia sono stati bravi a trasformarsi in elettricisti e mettere a posto l’impianto.
Tutto parte dall’intensità durante gli allenamenti, dalla capacità di ritrovare le connessioni che hanno costruito il Napoli campione d’Italia. Il cambiamento è nel dominio della partita attraverso il possesso. Non conta tanto la percentuale di possesso palla che è sempre stata alta, ma i flussi di gioco sviluppati nella manovra, la rapidità del palleggio e la zona del campo in cui viene espresso. I flussi di gioco sono tornati quelli della manovra avvolgente del passato, con gli esterni bassi e centrocampisti come Anguissa e Lobotka protagonisti della cabina di regia. Una differenza sostanziale rispetto ai 213 tocchi di palla di Ostigard e Juan Jesus nella trappola di Genova.
Il Napoli ha ricostruito le combinazioni sulle catene laterali, è tornato a sviluppare quelle connessioni a sinistra che isolano Kvara nell’uno contro uno con compagni in grado di fornirgli delle soluzioni senza farlo sprofondare nelle doppie e triple marcature degli avversari. C’è poi la strategia di gara che può consentire a Garcia di esplorare varie strade anche in funzione dell’atteggiamento dell’avversario.
L’Udinese ha provato a stritolare il Napoli con i duelli fisici, gli azzurri li hanno aggirati concedendo soltanto qualche imbucata tra le linee nel primo tempo con la gara ancora in bilico.
Il Lecce ha scelto il pressing alto e provava a ricercare gli esterni offensivi soprattutto con i cambi di gioco. Il Napoli in fase di non possesso è stato anche più stretto, ha tenuto la linea alta chiudendo gli spazi ma soprattutto ha costruito un primo tempo di grande autorevolezza sotto il profilo del palleggio. Anguissa è il giocatore che ha toccato più palloni, Lobotka quello che ha completato più passaggi e allo stesso tempo compiuto il numero più alto di recuperi palla. È tornato il centrocampo dominante, Anguissa e Lobotka s’alternavano nella prima costruzione con Zielinski più avanzato a fare la mente creativa, l’uomo che intuisce sentieri mentre gli altri si sentono ingabbiati in strettoie senza luce. Simeone ha partecipato a questa strategia, s’abbassava per consentire a Meret la palla lunga, sfuggire al pressing degli avversari e scaricare poi palla ai compagni più vicini. Si sviluppa così l’azione che porta al tiro di Simeone di poco a lato.
Nella ripresa si è vista la capacità del Napoli di essere camaleontico, un’attitudine che ha sviluppato anche con Spalletti. Entra Osimhen per Simeone, il Napoli raddoppia, cambia la partita: si palleggia di meno e si cercano gli spazi anche in ripartenza. A differenza di quanto accaduto per esempio nel secondo tempo di Braga, il Napoli stavolta non s’abbassa, anzi avanza di due metri circa il proprio baricentro. Difende in maniera più raccolta ma andando in avanti, gestendo ogni momento della gara e poi con Osimhen e Politano risaliva il campo rapidamente. Le palle-gol con Gaetano protagonista hanno poi chiuso ogni discorso.
Non tutto è risolto in maniera meravigliosa, Osimhen sul campo è un professionista meraviglioso, inappuntabile, anche perché i calciatori sono delle aziende. Oltre i bonus previsti nei contratti, il loro valore rimane alto solo se sul campo il rendimento è efficace. I 40 milioni a stagione offerti dall’Al Hilal in estate non sono mai scomparsi dalla testa di Victor, la pubblicazione dei video su Tik Tok è stata inopportuna ma è evidente che dietro il clamore della reazione c’è altro: la volontà di forzare i rapporti con la speranza che possano riaprirsi i discorsi per il mercato arabo a gennaio.
De Laurentiis ha detto no la scorsa estate, ribadirà il suo rifiuto a gennaio ma Osimhen probabilmente non rinnoverà e dopo questo campionato, intervallato anche dalla Coppa d’Africa, sarà inevitabile la cessione anche con richieste inferiori rispetto al “duecentino”. Nella gestione dei rapporti, è molto importante la precisazione compiuta da Osimhen sui social.
Se ne parlerà in futuro, al momento il Napoli si gode la sua svolta.
Ciro Troise
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