Se si guarda alla partita di sabato avendo come metro di paragone l’ultimo Juventus-Napoli, si va fuori strada. Gli azzurri arrivavano alla serata del gol di Koulibaly con il massimo dell’adrenalina, pronti a mettere in campo l’organizzazione tattica dei tre anni di sarrismo, una conoscenza massimale del lavoro da compiere in entrambe le fasi e ha colpito la Juventus, imbruttita dalla pretesa di gestire lo 0-0. Il Napoli ha iniziato un nuovo percorso, la Juventus ha aggiunto Emre Can, Bonucci, Cancelo e Cristiano Ronaldo (quest’ultimo al posto di Higuain) ad una struttura che ha vinto gli ultimi sette scudetti, conquistato due finali di Champions nelle ultime quattro stagioni e messo paura al Real Madrid al Bernabeu ai quarti di finale qualche mese fa. Bastano due dati per capire quanto la sfida di sabato non avesse alcuna parentela con quella del 22 aprile: la Juventus, trascinata da Cr7, ha realizzato nove tiri in porta, quattro mesi fa neanche uno e nel secondo tempo lasciò il dominio del campo e il pallino del gioco al Napoli. Jorginho e compagni comandarono la partita con un giro-palla molto veloce, calcolabile in 19.5 passaggi al minuto mentre sabato allo Stadium il Napoli ha costruito la sua manovra a ritmi abbastanza bassi, con 15 passaggi circa al minuto.
Gli azzurri si sono rinnovati migliorandosi sotto il profilo dell’organico complessivo ma senza innesti che innalzassero il tasso tecnico e fisico dell’undici titolare (almeno quello che è sceso in campo a Torino), la Juventus ha aggiunto uno dei giocatori più forti al mondo, il miglior terzino destro del campionato italiano e un centrocampista reduce da una finale di Champions League. Il risultato è che la formazione di Allegri è l’unica che ha vinto tutte le gare ufficiali nei cinque principali campionati europei, la Juventus poi non dava il via ad un campionato di serie A con otto successi consecutivi dal 1930. “Se non conosci il nemico e nemmeno te stesso, soccomberai in ogni battaglia”, sosteneva Sun Tzu in “L’arte della guerra”. Per un’analisi complessiva di Juventus-Napoli, è necessario innanzitutto focalizzare qualità, difetti, vizi e virtù di entrambe le formazioni. La Juventus è di un’altra categoria rispetto al calcio italiano, ostacolarla sul lungo periodo sarebbe un’impresa di grandissimo spessore ma il Napoli, per dare un senso al proprio campionato, ha la necessità di credere in questo “miracolo”, altrimenti rischia di perdere quell’inerzia favorevole che trasmettono le grandi motivazioni. In tal senso trasmettono fiducia le parole di Mertens nel post-partita anche perché il Napoli può portar via da Torino qualche notizia positiva. Contro la corazzata bianconera gli azzurri hanno espresso una trentina di minuti di personalità, nei primi venti hanno limitato la forza straripante della Juventus imponendo il palleggio dai ritmi bassi, riuscendo a colpire un palo con Zielinski e andando a segno con Mertens grazie ad un’ottima organizzazione nel pressing alto. Era prevedibile che la Juventus prima o poi sarebbe uscita fuori e Cristiano Ronaldo l’ha presa sulle spalle muovendosi su tutto il fronte d’attacco, suggerendo le linee di passaggio e soprattutto rivelandosi decisivo con conclusioni e assist. La Juventus ha tirato nove volte nello specchio della porta, in quattro occasioni è stato il campione portoghese l’autore delle conclusioni pericolose. Il Napoli non ha avuto la personalità di “sbeffeggiare” il vigore agonistico della Juventus che è riuscita a limitare con i duelli fisici il palleggio degli azzurri che dopo i primi venti minuti hanno fatto fatica ad arrivare con qualità nei pressi dell’area di rigore della Juventus. La gestione dei cartellini di Banti ha legittimato il già netto dominio bianconero che, però, ha dei limiti e l’ha dimostrato sul 2-1, soprattutto in inferiorità numerica. Come a San Siro, nella partita della svolta scudetto, la Juventus in vantaggio di un gol e di un uomo ha pensato a gestire la partita e Callejon soprattutto ha avuto l’occasione per riportare il Napoli in parità. La personalità smarrita inseguendo il nervosismo per le scelte di Banti è tornata a vestirsi d’azzurro anche in dieci uomini, quando, invece, un gruppo più superficiale avrebbe potuto sciogliersi sotto i colpi della formazione di Allegri. Mercoledì al San Paolo c’è un’altra squadra candidata alla vittoria della Champions, come la Juventus una delle compagini migliori d’Europa. Quei trenta minuti devono portare entusiasmo e personalità perché per fare l’impresa contro gli uomini di Klopp c’è bisogno di grandissima intensità, la risorsa che il Napoli di Ancelotti non ha ancora trovato con continuità.
Ciro Troise
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