Ci sono partite che nella storia del tifo, dell’attaccamento alla propria squadra hanno un sapore particolare. Cerchi la data sul calendario ad inizio stagione, la imprimi nella memoria e custodisci quegli appunti in attesa che arrivi la sfida che ferma il flusso delle coscienze, il grande evento. Juventus-Napoli ha sempre avuto questo peso ma stavolta è un’altra storia. Si tratta della sfida più attesa degli ultimi venticinque anni: non è Juventus-Napoli ma è la possibilità di conquistare il pezzo di un sogno in casa dell’avversario storico giocandosela alla pari. Il Napoli è l’unica squadra italiana che ha dato fastidio alla Juventus all’interno dei confini nazionali negli ultimi anni soffiandogli la Coppa Italia del 2012 e la Supercoppa del 2014. In mezzo c’è Pechino, un ricordo molto significativo che impone la ricerca della garanzia che tutto vada in scena senza favoritismi ed errori arbitrali eclatanti.
Il fuoco mediatico è già iniziato, Rizzoli è l’uomo scelto dal “partito della garanzia”, quello che vorrebbe che almeno una volta tutto proceda nel verso più corretto. Che il Napoli faccia paura come non era mai avvenuto negli ultimi anni lo si nota dalla pancia degli avversari, dal fastidioso sostrato che di Napoli-Carpi ricorda l’assurda espulsione di Bianco, vittima di uno scambio di persona, e non gli episodi che hanno colpito Callejon: il rigore non dato e il fuorigioco inesistente ravvisato allo spagnolo che aveva capitalizzato uno splendido assist di Hamsik.
La preoccupazione degli avversari è legittima, il Napoli ha polverizzato ogni record e sembra dare la sensazione di poter ribaltare gli equilibri che in quattro campionati hanno visto gli azzurri accumulare un gap di settanta punti rispetto ai bianconeri. Nella gara secca Davide può battere Golia, nelle corse a tappe, invece, c’è la consapevolezza che alla fine vinca il più forte. Ogni regola prevede delle eccezioni e, infatti, ce ne sono state nel corso della storia. In Italia l’ultimo caso è quello della Sampdoria della stagione ’90-91, quando la poesia di Vialli e Mancini travolse anche gli avversari più ricchi. Il caso più significativo è l’Atletico Madrid di due stagioni fa, quando la squadra di Simeone in un finale emozionante arrivò in classifica davanti a Barcellona e Real.
La stagione in corso sembra parlare il linguaggio delle favole in più luoghi d’Europa. La più esaltante è quella del Leicester di Ranieri, che con l’organizzazione di gioco sta approfittando del fallimento del Chelsea, delle difficoltà di City e United per guidare la classifica della Premier League. Vardy non è Higuain, Mahrez non è Insigne e la favola di Ranieri e compagni sta polverizzando il dominio in termini di fatturato, monte ingaggi, sponsorizzazioni, diritti televisivi di tante realtà inglesi.
Il calcio alimenta ancora la passione collettiva proprio perché Davide può battere Golia, per le favole che possono stravolgere gli equilibri. Le imprese propongono il mondo dell’eccezionale, il linguaggio dei sogni, nella realtà sono gli equilibri a trionfare. “Non ha senso guardare in casa altrui”, così parlava Max Allegri riguardo alla differenza in termini di fatturato sottolineata da Maurizio Sarri. La risposta più giusta sarebbe: “Caro Max, il fatturato riguarda tutti, non la casa di qualcuno”.
I dati non sono argomenti a favore di una delle pretendenti nel confronto ma servono a fotografare la realtà. La Juventus è la prima azienda calcistica in Italia sotto il profilo della ricchezza economica. Il club bianconero fattura 2,5 volte in mezzo più del Napoli, esprime un complesso finanziario di 329,9 milioni di euro contro i 125,5 della società di De Laurentiis. La Juventus è decima in Europa in questa classifica, il Napoli è quinto in Italia alle spalle di Juventus, Milan, Roma e Inter, le stesse società che sono davanti agli azzurri anche nella classifica del monte ingaggi. 124 la Juventus, 74 il Napoli, è di 50 milioni la differenza tra le due realtà in termini di spese relative agli stipendi. A fare la differenza è lo stadio di proprietà, la Juventus viaggia in altre sfere anche in termini di spessore economico delle iniziative di marketing. Il sodalizio bianconero è ancora in un altro pianeta, tanti i fattori che determinano questo divario: dalla ricchezza del territorio in cui vivono le due squadre alla tradizione vincente del club, dalla struttura societaria più organizzata ai risultati conquistati in Europa. Tutto questo in una partita si può annullare, si comincia dallo 0-0 ma lo splendido collettivo costruito da Maurizio Sarri e il valore del “Napoli dei sogni” può ribaltare gli equilibri anche fino a maggio. Basta crederci e non avere paura, da sabato inizia una nuova vita per il Napoli. A Torino la start-up del percorso più complicato: resistere in vetta con il traguardo che s’avvicina. Stavolta non c’è in ballo una Coppa ma la supremazia in Italia almeno per una stagione: bisogna ribaltare gli equilibri. La Juventus punta sull’abitudine a vincere, il Napoli su entusiasmo e serenità. L’obiettivo era il ritorno in Champions League, il +10 sulla Fiorentina e il +11 sull’Inter trasmettono la tranquillità necessaria per concentrarsi sul sogno tricolore.
Ciro Troise
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