E’ una settimana importante, una di quelle che trasmettono carica all’intero ambiente. L’adrenalina invade i tifosi azzurri, non c’è snobismo che tenga nei confronti della Coppa Italia. Il Napoli non è il Bayern Monaco che fa la collezione di scudetti e Champions League ma un club che dal 1991 ad oggi ha vinto solo una Coppa Italia, quella del 2012, della magica finale contro la Juventus. C’è la possibilità di aggiungere un altro trofeo, non succede tutti i giorni; sarebbe il secondo dell’era De Laurentiis, oltre ai campionati vinti di Serie B e C. La formula va rivista, ha ridotto in modo considerevole l’appeal di questa competizione ma sia bandita dal calcio italiano la mentalità per cui c’è sempre qualcosa da sottovalutare, che sia l’Europa League o la Coppa Italia. Le società sono delle aziende chiamate ad attrezzarsi per disputare in maniera competitiva tutte le manifestazioni a cui partecipano. Contro il Napoli ci sarà un’altra realtà bella ma incompiuta, un sodalizio in crescita che, anche senza avere un grande bacino d’utenza, sta gradualmente scalando posizioni importanti nel calcio italiano in attesa del ritorno in Champions League.
L’adrenalina spicca anche a Firenze, coinvolge sicuramente Montella, che punta a vincere il suo primo trofeo da allenatore. Il Napoli ha il vantaggio di presentarsi quasi al completo all’appuntamento, mancheranno Maggio e Zuniga, ma sono assenze a cui Benitez è ormai abituato. Henrique e Ghoulam si sono impadroniti delle due corsie e sarebbe incomprensibile smuovere le acque di equilibri consolidati. Il Napoli nelle ultime uscite ha sofferto più centralmente che sulle fasce anche se soprattutto il brasiliano ha molto da migliorare nell’uno contro uno e nella copertura generale degli spazi.
La Fiorentina arriva alla finale senza tre giocatori-cardine del suo progetto estivo: Cuadrado, Rossi (forse andrà in panchina) e Gomez. Non basterà questo vantaggio agli azzurri, bisognerà giocare con i ritmi alti e mandare in crisi la Fiorentina sull’intensità; i viola sono belli da vedere quando hanno libertà di palleggio ma vanno in difficoltà quando gli avversari li affrontano con il pressing continuo e attaccando in velocità una difesa non irresistibile.
Il Napoli visto a Milano nel secondo tempo è incoraggiante, ha saputo scegliere i modi giusti per colpire l’Inter in difficoltà, ha valorizzato la sua qualità nel palleggio ma è apparso un po’ statico in fase offensiva. I nerazzurri non concedevano gli spazi dell’andata e solo in rare occasioni si è infranto il muro dell’Inter con una manovra veloce e l’intercambiabilità delle posizioni degli uomini d’attacco. Mertens si è messo in mostra solo quando s’allargava, da rifinitore ha inventato solo l’assist per l’occasione sprecata da Callejon nel primo tempo, probabilmente sarebbe più adatto un assist-man come Insigne al centro della trequarti. Bisognerebbe poi stare attenti all’equilibrio e alla superiorità numerica a centrocampo, conquistata dal Napoli sabato sera quando è entrato Hamsik, una risorsa a cui non si dovrebbe rinunciare in finale contro la folta mediana viola. Marek può essere molto utile in entrambe le fasi, a patto che in una cornice così suggestiva faccia emergere il coraggio e la personalità smarrita. Tatticamente potrebbe essere più utile un Hamsik più basso del solito, chiamato nel ruolo di costruttore di gioco insieme a Jorginho e Inler. Il secondo tempo di San Siro ha regalato a Benitez anche il miglior Inler della stagione; lo svizzero, impreciso nel primo tempo e in affanno contro il dominio di Kovacic, ha acquisito nella ripresa il comando totale delle operazioni prendendosi la responsabilità di dettare i tempi della manovra.
Lo spavento Higuain è superato, all’Olimpico il Pipita ci sarà senza alcun dubbio; ricordo la partita di Firenze, fu devastante non solo per il magico assist a Callejon ma anche per il grande movimento che mandò in tilt la difesa viola fino all’assalto finale della formazione di Montella. Al centravanti della nazionale argentina Benitez probabilmente ricorderà quel lavoro da compiere, anche se la partita sarà più tattica e ci saranno meno spazi. Contro l’Inter non è arrivata la vittoria ma si è visto il Napoli tornare a giocare bene almeno nella ripresa; l’involuzione nella manovra era in corso dalla sfida contro la Juventus e non è un caso che si sia dovuto aspettare un altro incontro con una grande per rivedere sprazzi da Napoli. Gli azzurri non hanno ancora raggiunto livelli di altissima qualità e, quindi, hanno bisogno di una forte determinazione per costruire con continuità il proprio gioco.
La partita di San Siro ha riacceso la polemica tra nostalgici e detrattori di Mazzarri; sarebbe il caso di abbandonare l’occhio rivolto al passato e cominciare a pensare al presente ed al futuro senza condizionamenti di ogni natura. L’allenatore di San Vincenzo ha dei limiti (chi è che non li ha?) sul mercato, sulla gestione di più competizioni ma ha rappresentato l’anima della crescita di un club fino ai vertici del calcio italiano, un percorso che ha permesso al Napoli di puntare su un manager di spessore internazionale come Benitez. Tutto ciò basterebbe per rispettare serenamente Mazzarri e affidarsi contestualmente alla regia dello spagnolo ma, invece, si notano derive di difficile comprensione. Polemiche e distrazioni sono da mettere da parte, l’ambiente è concentrato per la finale di sabato sera. Anche il mercato ha un po’ rallentato la sua corsa; Frederic Guerra, agente di Gonalons, è in Campania, sabato ha visto al “Partenio” Avellino-Crotone ma non ci sono sviluppi sull’affare, come per Janmaat, l’esterno destro del Feyenoord, mentre gli uomini-mercato del Napoli sono impegnati a definire i dettagli dell’operazione Koulibaly.
Se la formazione di Benitez si concentra su un grande obiettivo, non c’è certamente quest’atmosfera così positiva nel settore giovanile azzurro. L’argomento meriterà ulteriori approfondimenti ma ci sono da segnalare dati importanti: per la seconda volta negli ultimi quattro anni la Primavera non va neanche ai play-off e non approda alla final eight, risultato mai raggiunto nell’era De Laurentiis. Gli Allievi Nazionali, da quando c’è la divisione tra le formazioni di A e B e quelle di Lega Pro, non si sono mai qualificati ai play-off, ad una gara dal termine sono settimi, addirittura due punti dietro anche la Juve Stabia. Il vivaio si aggrappa ancora una volta ai Giovanissimi Nazionali, che al memorial “Stefano Gusella” hanno dimostrato di poter competere anche con le realtà più quotate d’Italia nella categoria. Una rondine non fa primavera, De Laurentiis si informerà sul crollo della Primavera, sul disastro degli Allievi o è sufficiente l’entusiasmante parentesi della Youth League per pensare che vada tutto bene?
Ciro Troise
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