De Laurentiis ha le idee molto chiare, la crescita del club passa per l’Europa, la missione è stare dentro il progetto Superlega che dovrebbe svilupparsi nel 2024, l’orizzonte a lungo termine passa per alcuni step: crescita nelle sponsorizzazioni, nel fatturato, plusvalenze importanti e risultati sportivi significativi a livello europeo. L’arrivo di Ancelotti risponde a queste esigenze e naturalmente il cammino in Champions League aveva un valore particolare. Il Napoli, dopo la vittoria contro il Liverpool e i pareggi contro il Paris Saint Germain, ci credeva al passaggio del turno in un girone complicatissimo, un risultato del genere avrebbe dato un’iniezione d’entusiasmo da sfruttare in tutta la stagione, anche nelle successive gare di Champions League. “Lorenzo, portaci a Madrid”, si cantava ad una cena di squadra a novembre, due giorni dopo il pareggio contro il Paris Saint Germain al San Paolo. Il passaggio dall’era Sarri a quella Ancelotti è complesso, abbandonare una filosofia di calcio per inseguire la consapevolezza nella lettura delle situazioni è una sfida molto complicata, più che annata di transizione la possiamo definire d’”atterraggio”. Ancelotti ha dovuto prima fare i conti con l’eredità di Sarri, studiare l’organico a sua disposizione, portare gradualmente le sue conoscenze come dimostra il passaggio al 4-4-2. Non è partito da zero ma deve fare i conti con un ciclo che sta andando verso l’esaurimento: lo dimostrano l’imminente partenza di Hamsik a stagione in corso, i problemi di Albiol, il calo di freschezza di Mertens e Callejon.
Questo gruppo si è espresso a livelli superiori rispetto alle proprie qualità quando è stato spinto da un sogno, lo scudetto nell’ultima annata, la Champions in quella in corso. L’Europa League non scalda ancora i cuori, potrebbe farlo in caso di sfide con avversari di grande livello, quindi se il Napoli riuscirà ad andare avanti e sarà nella condizione psicofisica giusta per tirar fuori il meglio delle proprie qualità. Il calo post-Liverpool è evidente nel rendimento in trasferta, il Napoli fuori casa da Anfield in poi ha portato a casa solo una vittoria, due sconfitte (compresa quella che è costata l’eliminazione dalla Coppa Italia) e due pareggi, entrambi a reti bianche. Il problema gol c’è, emerge soprattutto senza le certezze trasmesse dal San Paolo, in trasferta manca il pizzico di personalità in più che nei dettagli fa la differenza. Problema di personalità e cattiveria sotto porta ma anche di limiti del reparto offensivo, il Napoli ha smesso di essere una “macchina da gol” nel momento in cui si sono ridimensionati gli effetti del sarrismo, i concetti di gioco che esaltavano la rapidità e la qualità di Mertens e compagni. Tutto ciò è avvenuto prima che Sarri andasse al Chelsea, negli ultimi tre mesi della scorsa stagione il Napoli è calato tanto a livello realizzativo, lo dimostrano i due pareggi per 0-0 a Milano, le palle-gol sprecate sul campo del Sassuolo, la fatica profusa per battere in casa squadre come il Genoa e il Chievo Verona. In trasferta da marzo a maggio dello scorso campionato il Napoli ha segnato soltanto quattro reti: l’autorete di Rogerio e la storica capocciata di Koulibaly a Torino e le reti di Albiol e Milik contro la Sampdoria quando i giochi per lo scudetto erano ormai già fatti. Mertens per caratteristiche ha bisogno di essere in grande condizione per essere incisivo, Insigne è sempre ai primi posti (quest’anno capolista) nella classifica dei tiri realizzati in serie A ma non è un goleador, Milik ha un’ottima media-gol ma gli manca uno step per diventare un bomber da altissimi livelli: segnare contro le big, Callejon finora ha segnato una sola rete e mancano all’appello anche le reti di Hamsik, a segno solo contro la Stella Rossa in Champions League. Il Napoli nello scorso campionato ha segnato 77 reti, nove in meno rispetto alla Juventus, cinque volte non è andata oltre lo 0-0, un campanello d’allarme era già suonato. Si sono aggiunti Milik recuperato e Verdi, oltre ai gol di un centrocampista come Fabian Ruiz, ma i rimpianti delle occasioni sfumate sotto porta cominciano ad essere tanti anche nella stagione in corso, basta ricordare la trasferta di Belgrado, le gare contro la Roma e il Chievo Verona e la recente partita di Firenze. Ancelotti può intensificare il lavoro sulla testa dei calciatori, su serenità, brillantezza e motivazioni, combattendo il virus del “campionato già finito”, poi si dovranno fare le riflessioni in estate in sede di calciomercato.
Ciro Troise
Ciro Troise
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