“Il calcio è bugia”, disse Rafa Benitez in un’intervista a Repubblica circa un anno fa, quando l’ambiente napoletano scoppiava di entusiasmo per il nuovo corso che sembrava intraprendere il Napoli. Sembra che sia passata una vita, quei tempi appaiono molto lontani. Le sensazioni sono completamente diverse: la vittoria di Genova ha riportato il sorriso ma è ancora troppo forte la delusione di Bilbao e per un mercato di basso profilo per tornare a pensare in grande. Ne ha dette tante di bugie in questi giorni Rafa Benitez, nella conferenza stampa di sabato scorso ha svolto il ruolo del parafulmine, quello di cui in più di un’occasione si è caricato Walter Mazzarri durante i quattro anni vissuti a Napoli.
Benitez cerca di difendere il mercato, di non alimentare il conflitto con De Laurentiis a cui non risparmia dei messaggi neanche troppo criptici per tutelare la squadra, per cercare di tenere unito un gruppo con tante tensioni, per non dare alibi ai suoi giocatori.
Benitez fa il suo mestiere d’allenatore, non abbandona la barca quando c’è un’intera stagione da affrontare. Rafa non molla anche se De Laurentiis ha ridimensionato il progetto Napoli. Doveva essere l’estate del salto di qualità da compiere per l’organico, quella in cui completare le risorse a disposizione dell’accordo biennale con Benitez e, invece, il Napoli si ritrova senza Champions e con un mercato deludente.
Abbiamo lasciato il ritiro di Dimaro con le dichiarazioni del presidente De Laurentiis che illuminarono la Val di Sole: “Voglio lottare per lo scudetto senza se e senza ma, costruiremo una squadra competitiva”. Poi non mancò il solito affondo a Walter Mazzarri, colpevole di chiedere al presidente di non dichiarare degli obiettivi per non creare aspettative troppo alte e difficili da soddisfare. Chi è il più furbo? Mazzarri che volava basso o De Laurentiis che, conoscendo i limiti del suo club di diversa natura, parla apertamente del sogno tricolore? Il Napoli, almeno nelle gerarchie d’inizio campionato, è nettamente dietro per qualità complessiva dell’organico a Roma e Juventus e deve stare attento alla crescita di Inter e Fiorentina. Un grave errore è stato già compiuto: presentarsi al grande appuntamento del play-off di Champions League senza aver inserito nei tempi giusti i nuovi rinforzi richiesti dall’allenatore. Il Napoli ha affrontato la difficile doppia sfida con l’Athletic Bilbao con Maggio, Britos e Gargano, tre giocatori ampiamente fuori dai progetti di Rafa Benitez. I primi due vanno in scadenza nel 2015, se la società ci credesse gli avrebbe, invece, già rinnovato il contratto. Le contraddizioni sono evidenti tra i piani d’inizio estate e la situazione del 27 Agosto scorso, quando il Napoli ha salutato la musichetta della Champions League al San Mames.
Un club del livello del Napoli non può non avere una programmazione all’altezza e rispettata passo dopo passo, non può navigare a vista cercando di dribblare i tanti rifiuti incassati sul mercato: da Gonalons a Kramer riguardo ai giocatori senza tralasciare l’incapacità di convincere il Liverpool su Lucas Leiva e di competere con West Ham e Qpr per Song e Sandro. Perché tanti rifiuti? Nessuno mi convincerà mai con i pregiudizi sulla città o sui consigli di sorelle, mogli, mamme e amanti, non vengono perché il Napoli non ha strutture all’altezza, ha rigidi paletti sugli ingaggi e sui diritti d’immagine
Troppo facile prendersela con gli anelli deboli della catena, sparare le bombe su Benitez e Bigon, vuoi per gli errori tecnici dell’allenatore (alcuni ci sono stati: basta pensare alla gestione di Zuniga ed Inler per la doppia sfida con l’Athletic Bilbao) o per i pregiudizi superficiali continuamente rivolti all’indirizzo del direttore sportivo Riccardo Bigon. E’ ancora più demagogica la tesi del “tutti responsabili”, in un’azienda quando qualcosa non va nella direzione annunciata la proprietà dovrebbe assumersi le proprie responsabilità.
Il patron, invece, cerca le colpe altrove: nello scouting, in Benitez, in Bigon, come se lui fosse un presidente che lascia fare e non il leader assoluto di tutte le principali operazioni realizzate dalla Ssc Napoli.
Ho vissuto il calciomercato per tanti giorni nella hall dell’Hitlon o nei corridoi dell’Atahotel Executive, non si muove nulla senza il consenso del presidente. Bigon prende informazioni, apre le trattative ma non si va avanti senza aver ascoltato il presidente. De Laurentiis ha individuato nel dirigente ex Reggina il profilo giusto per la sua filosofia aziendale: più che un dirigente si tratta di un dipendente con il compito di mediare tra le esigenze, i paletti economici, i contratti d’immagine, le esigenze dell’allenatore sempre nel rispetto del dogma assoluto dell’equilibrio dei conti. Il bilancio a posto dovrebbe essere un mezzo, uno strumento con cui competere in maniera serena con le altre e, invece, diventa l’obiettivo, il fine del progetto Napoli. Lo scopo dovrebbe essere la crescita complessiva del club e, invece, diventa l’ossequio religioso al fair play finanziario.
Non ci sono tanti responsabili, a frenare la crescita del Napoli è esclusivamente la filosofia del presidente De Laurentiis, la sua macchina burocratica e contrattualistica che rallenta il club sul mercato, la struttura societaria che limita le capacità dei dirigenti, oltre al monte ingaggi che sarebbe da rivedere se si vuole puntare in alto e non accontentarsi dell’arrivo tra le prime tre classificate. Bigon non è Sabatini, non è Marotta e neanche Piero Ausilio perché non ha potere di firma, non può chiudere nessuna operazione. Il ds può allacciare i contatti con i giocatori, i procuratori, gli altri club ma poi deve rendere conto al presidente e al “ministro delle finanze” Andrea Chiavelli anche per un ragazzo delle giovanili. Tutto passa per De Laurentiis, il padrone assoluto, il responsabile del progetto Napoli, colui che l’ha riportato ad altissimi livelli ma che lo blocca sul più bello, quando manca poco per i traguardi più importanti. Cosa è cambiato tra il ritiro di Dimaro e la fine del mercato? Quanto influisce il mancato rinnovo di Rafa Benitez? Nelle dichiarazioni odierne De Laurentiis non ha risposto a questi quesiti, ha detto che prima o poi lo scudetto arriverà, cambiando il tono dell’annuncio fatto tra le montagne del Trentino. Sono andati via Reina, Fernandez, Behrami, Dzemaili e Pandev, dentro Koulibaly, Andujar, David Lopez, De Guzman e Michu. Chi ha il coraggio di definire quest’organico da tricolore?
A cura di Ciro Troise
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