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Dal “Portaci a Madrid” al successo di Genova, la lezione dei 120 giorni di Ancelotti è andare oltre i propri limiti

La vittoria di Genova ha un peso specifico rilevante, traccia il percorso di crescita che un gruppo reduce da 91 punti in serie A sta ancora percorrendo

Il 9 novembre scorso Ancelotti ha raggiunto la quota di 120 giorni di lavoro, quattro mesi in cui l’ex allenatore del Bayern Monaco ha fatto molto di più di quello che ha detto. Il Napoli ha modificato il suo principale punto di forza, il riferimento assoluto della linea in fase difensiva, un meccanismo che ha portato gli azzurri da 54 a 29 gol subiti dall’ultimo anno di Benitez a quello di Sarri. Nella trasformazione qualche danno collaterale era inevitabile e, infatti, sedici gol subiti in sedici gare ufficiali sono troppi per una squadra di vertice, la sfida di Ancelotti è far migliorare all’interno della sua filosofia di calcio la squadra nelle letture difensive, così nascono i gol di El Shaarawy, Bernat e Kouame, gli ultimi tre realizzati contro gli azzurri. Il Napoli ha gradualmente superato il sarrismo, conservando alcuni tratti della sua identità, come la ricerca della velocità nel giro palla, l’idea costante di dominare il possesso e la facilità nel recupero palla con il pressing alto, anche se questa squadra, a differenza degli anni scorsi, ha imparato a seconda dei momenti anche ad abbassarsi, a coprire gli spazi senza andare per forza in pressione alta, lo dimostra la partita di ritorno contro il Paris Saint Germain. La differenza è ontologica, la strada per la vittoria non è solo giocar meglio degli altri ma anche rendere più “brutti” gli avversari come nel secondo tempo contro il Psg. “Il terreno non era solo ben arato ma l’erba era rigogliosa, il lavoro di Sarri è stato straordinario”, così Ancelotti ha spiegato a Dazn le basi importanti che gli hanno permesso di far crescere un gruppo che nella scorsa stagione è arrivato ad un passo dallo scudetto che probabilmente avrebbe vinto senza gli errori arbitrali a favore della Juventus. Dopo la sosta Ancelotti avrà a disposizione altre soluzioni, è certo il rientro di Verdi e dovrebbe arrivare il momento giusto anche per Meret e Ghoulam, e in prospettiva ci sarà anche il ritorno di Younes prima della fine dell’anno. Si tratta di risorse che dovrebbero migliorare ancora di più il rendimento del Napoli soprattutto in fase offensiva, gli azzurri condividono in campionato con la Juventus il dato del miglior attacco.

La vittoria di Ancelotti più significativa è, però, nell’autostima. Un gruppo che porta a casa 91 punti e perde uno scudetto nelle ultime giornate dopo una sfida snervante con la Juventus, resa ancora più aspra dal carico psicologico di disastri arbitrali come quelli di Cagliari e San Siro che trasmettono la sensazione di aver subito delle ingiustizie, avrebbe potuto accontentarsi di stare in alta classifica, accettare l’idea che non si potesse far di meglio. Ancelotti, invece, al costo di sembrare un folle, ha tenuto in piedi il sogno che anima i tifosi azzurri, ha convinto lo spogliatoio che si può lottare anche contro una corazzata da record come la Juventus e in più ci ha aggiunto la dimensione europea. Il coro “Lorenzo portaci a Madrid” alla cena di squadra con Ancelotti è un segnale, trasmette la sensazione che il gruppo abbia acquisito l’idea di andare oltre i propri limiti. Dalle parole ai fatti, la vittoria di Genova è preziosa per quest’aspetto, proprio perché il Napoli è andato oltre le proprie caratteristiche, vincendo con la capacità d’adattarsi a tutte le difficoltà. Un ulteriore passo in avanti di un percorso iniziato nello scorso campionato, quando il Napoli ha realizzato 10 rimonte. La storia continua anche con Ancelotti e, infatti, il Napoli è la squadra che ha portato a casa più punti recuperando da situazioni di svantaggio: ben dieci, con tre vittorie contro Lazio, Milan e Genoa e il pareggio contro la Roma.

 

Ciro Troise

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