Nel ciclismo, sport faticoso ed emozionante per il sacrificio che richiede agli atleti, c’è una metafora illuminante che invita a non staccare mai le mani dal manubrio. La continuità nella concentrazione, l’intensità mentale ed atletica sono risorse fondamentali per qualsiasi sport e naturalmente anche per il calcio. Quando le motivazioni di classifica vengono a mancare, è facile abbassare i ritmi, pensare ai prossimi impegni, spostare la propria attenzione sul futuro piuttosto che sul presente.
Succede anche altrove, il Bayern Monaco ha rimediato due sconfitte dopo la festa per la vittoria del titolo, ma la mentalità italiana che ha il risultato come quintessenza assoluta del proprio calcio fa in modo che la “marmellata” di fine stagione sia più evidente dalle nostre parti che all’estero.
Il Napoli, nelle ultime tre gare contro Parma, Lazio ed Udinese, si è spento, lasciando alla notte magica del San Paolo contro la Juventus il ricordo della squadra concentrata su tutti i palloni, attenta ai dettagli, con gli esterni che s’abbassano e stringono ad aiutare i centrocampisti per evitare che l’avversario vada in superiorità numerica, con il collettivo pronto ad eseguire movimenti armonici e a svolgere le due fasi nei tempi giusti. Il calo ci può stare ma una grande squadra (il Napoli non lo è ancora) ha il dovere di fermare quanto prima l’emorragia riscontrata, di rimettere le mani sul manubrio e di utilizzare il campionato per tenersi allenati su intensità e ritmo in vista della finale di Coppa Italia contro la Fiorentina.
Gli spunti su cui ragionare sono molteplici: c’è una rosa non all’altezza, incompleta, lo dimostrano il divario tra Higuain e Zapata in attacco, il surplus di minuti giocati di Albiol, la sofferenza del centrocampo, le difficoltà a mettersi in mostra in questo finale di stagione dei vari Britos, Behrami, Pandev e il problema degli esterni di difesa che ha contraddistinto l’intera stagione.
I summit di mercato sono già iniziati, Rafa vuole una rosa funzionale, tagliando chi non si è dimostrato adeguato al suo progetto non solo a livello tecnico o di caratteristiche, ma anche per un feeling che non è mai sbocciato.
L’intervista di Behrami a “Le Matin” conferma i problemi interni di un gruppo diviso tra coloro i quali hanno sposato il progetto Benitez e quelli che non l’hanno mai condiviso, criticando la preparazione atletica, i giorni di riposo, il modulo e palesando in più modi il proprio disagio. Era prevedibile che il cambio Mazzarri/Benitez avesse prodotto nell’anno di transizione un conflitto tra innovatori e nostalgici, nella prossima stagione bisogna assolutamente superarlo.
L’ambiente è in subbuglio, neanche la Pasqua ha bloccato il clima tossico che ritorna ad ogni passo falso del Napoli. E’ una questione d’equilibri e Rafa Benitez è l’anello più debole, quello che più di tutti subisce le “bombe” della critica.
Guai a disturbare il manovratore, a ricordare a De Laurentiis di aver costruito una rosa incompleta, di non aver mai puntato sulla risorsa settore giovanile che ha dato il suo contributo alla Juventus, alla Roma con i Marchisio, i Giovinco, i Romagnoli e in passato i Totti, i De Rossi. Il Napoli è fermo solo alla favola Insigne, stritolata dall’assurda severità per i napoletani di questa piazza, che perdona l’errore allo straniero ma non al figlio della propria terra. Ad Udine Lorenzo nel primo tempo, come sempre, è stato il faro del gioco, ha aiutato una mediana in difficoltà ad inventare negli ultimi trenta metri ma i due gol falliti nella ripresa hanno fatto dimenticare tutto all’ambiente in subbuglio. Nel mirino finisce la lite con Benitez e Callejon, una reazione alla sindrome del giovane napoletano che lavora a testa bassa, chiamato a sacrificarsi, nella scorsa stagione con le richieste di Mazzarri e Cavani, e in questa in corso in virtù dei compiti soprattutto difensivi richiesti da Benitez.
Ad Udine si è visto Rafa particolarmente nervoso, probabilmente lo spagnolo si è reso conto della difficoltà a tenere sulla corda i suoi ragazzi senza motivazioni importanti in termini di classifica.
Potrebbero essere le luci di San Siro, l’incrocio con l‘ex Mazzarri a trasmettere orgoglio agli azzurri nell’ultimo impegno prima della finale di Coppa Italia, un titolo che può confermare la tradizione di vincente al primo anno di Benitez. A Milano serve un cambio di passo, una squadra degna delle più belle serate della stagione per non fermarsi sul più bello, per non buttare su una stagione positiva delle nubi di tristezza proprio nel finale.
Rafa parli chiaro al gruppo, si faccia sentire anche la società, nessuno si faccia condizionare dal Mondiale che ha già influito sulla stagione azzurra; basta pensare ai casi Zuniga, Behrami, alla volontà di preservarsi in alcune situazioni di Gonzalo Higuain e alle difficoltà di Marek Hamsik che, tra le problematiche della sua annata tribolata, ha anche la mancata qualificazione della Slovacchia per Brasile 2014.
Intanto tiene banco anche il mercato, sabato sono arrivate le dichiarazioni di De Laurentiis su Gonalons, trattativa ferma alla situazione dello scorso gennaio, e i giovani a dare degli indirizzi in merito alla campagna acquisti.
Il patron l’ha confermato ai microfoni della radio ufficiale, il Napoli proseguirà nella direzione del mercato di gennaio: giocatori giovani, funzionali, scoperte dello scouting formato da Maurizio Micheli, Leonardo Mantovani e Marco Zunino, e segnalazioni del manager Rafa Benitez, l’ottima guida delle campagne acquisti del club di De Laurentiis.
Higuain è il top player arrivato per sostituire Cavani, difficilmente ci saranno investimenti della levatura dell’ex Real Madrid salvo cessioni eccellenti. La difesa, dopo il probabile acquisto di Koulibaly dal Genk, potrebbe arricchirsi con un colpo di spessore come per esempio Thomas Vermaelen, con il contratto in scadenza nel 2015 all’Arsenal.
De Laurentiis ha sottolineato ancora una volta il divario nel fatturato con la Juventus, segnalando anche che il preliminare della Champions League mette nell’incertezza i 30 milioni in arrivo dalla Uefa, ma c’è una frase che inquieta i tifosi azzurri in attesa del salto di qualità del club: “Ho convinto Rafa a puntare sui giovani”. Va benissimo l’abbassamento dell’età media, gli ottimi innesti a prezzi contenuti, ma per avere una rosa competitiva su tutti i fronti servono delle pedine che trasmettano esperienza, abitudine a vincere, mentalità da grande società.
Il gap su fatturato e monte ingaggi non sia l’alibi utile per ogni occasione, i casi Liverpool e Atletico Madrid dimostrano che si può competere fino alla fine e magari vincere, anche senza essere i più ricchi. Servono programmazione, competenza, organizzazione e il vivaio, la migliore arma al servizio della lungimiranza, la risorsa da contrapporre alla mentalità del “tutto e subito” di chi preferisce acquistare piuttosto che costruire.
Ciro Troise
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