La missione più difficile per Gattuso inizia ora, sembra un paradosso ma da Verona inizia una nuova vita per il Napoli, la sfida è sciogliere l’euforia per la Coppa Italia. Ringhio ha ereditato un gruppo sfasciato, annientato nelle conoscenze tattiche e soprattutto nell’autostima dall’ammutinamento, dalla gestione Ancelotti e dalle scelte della società sui rinnovi di contratto.
Qualche mese fa nessuno avrebbe immaginato di vincere la Coppa Italia battendo Lazio, Inter e Juventus riportando a Napoli un trofeo dopo cinque anni e mezzo. Ringhio ha puntato innanzitutto sulla compattezza del gruppo, si è messo in mezzo tra la squadra e la proprietà portando avanti scelte forti come la fiducia in Ospina ai danni di Meret e l’esclusione di Lozano, la sua strategia per arrivare all’obiettivo era la priorità assoluto. Ringhio così ha dato una scossa allo spogliatoio, convinto i ragazzi che ci fosse una strada a disposizione per risorgere dalle difficoltà e l’obiettivo è stato raggiunto nonostante lo stop forzato imposto dal coronavirus.
Gattuso e il suo staff sono ripartiti dal 4-3-3, dalla costruzione del gioco sulle catene laterali, dall’arrivo di un metodista davanti alla difesa come riferimento per entrambe le fasi di gioco e soprattutto dall’organizzazione difensiva.
Chi parla di catenaccio è in malafede, il Napoli ha scelto un modo di difendersi rinunciando alla “bellezza” della difesa alta, del pressing ultra-offensivo in ogni fase della partita e puntando anche sulla capacità di stringere le linee, d’abbassare il baricentro se è necessario.
Niente difesa e contropiede, si chiama organizzazione che muta a seconda dell’evoluzione della partita perché la squadra, acquisendo autostima, è diventata più matura nella lettura dei momenti delle gare partendo, però, da un’impostazione tattica codificata e strutturata in base alle caratteristiche dei giocatori. Calcio solido ma flessibile, altro che il “calcio liquido” di un progetto che non ha mai convinto gran parte dello spogliatoio e si è perso dietro l’assenza dell’unità d’intenti sia con la società che con la squadra.
Il Napoli in Coppa Italia è partito da due fattori: grande determinazione per conquistare un obiettivo che ha salvato la stagione e l’avversario (Inter e Juventus) che ti porta a poter fare una partita senza l’obbligo d’avere il pallino del gioco. Contro l’Inter gli azzurri hanno sofferto di più, la Juventus in condizioni pessime, con Cr7 e Dybala che ad un certo punto hanno scelto di non sobbarcarsi la fase difensiva, nella ripresa ha concesso il campo al Napoli che meritava la vittoria prima dei calci di rigore rendendosi molto più pericoloso degli avversari.
Da Verona inizia una nuova epoca, l’Atalanta scappa a +12 ma mancano ancora tante partite, bisogna crederci perché c’è lo scontro diretto che potrebbe accelerare la missione rimonta, obiettivamente un’impresa molto complicata. Il Napoli ha la leggerezza della qualificazione ai gironi di Europa League già conquistata, dovrà approfittare di questo mini-torneo per crescere, migliorare nella continuità di gioco, affinare le nuove soluzioni tattiche con Politano che ha caratteristiche diverse rispetto a Callejon nell’attacco alla porta. Il Verona non è cambiato, le squadre con un’identità di gioco definita sono partite con un’arma in più, proverà ad aggredire la costruzione della manovra, a spezzarla, il Napoli dovrà palleggiare bene e in maniera veloce per uscire dal pressing gialloblù e poi spezzare la linea a cinque che la squadra di Juric predispone spesso nella fase di non possesso.
Gattuso avrà un compito ancora più delicato sotto il profilo mentale: questo gruppo storicamente, quando non c’erano missioni alla portata da realizzare, tende ad abbassare la tensione e a calare l’attenzione. Bisogna tenere tutti sul pezzo, la prima parte della stagione è già piena di rimpianti, in questa nuova era bisogna evitare di crearne altri per conservare il diritto a tenere in vita il sogno Champions, quello per il futuro. L’Europa del presente arriverà il 7 o l’8 agosto con la trasferta di Barcellona ma è ancora presto per parlarne.
Ciro Troise
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