Il tutto esaurito al 100% al Maradona manca dal 6 novembre 2018, si giocava Napoli-Paris Saint Germain. È passata una vita, tra pandemia e questa maledetta guerra è cambiato il mondo. Per noi che ci occupiamo di calcio, c’è un obiettivo a cui tutta la città deve tendere fino a domenica alle 15: il Maradona deve essere gremito, una bolgia come ai vecchi tempi, quando bastava poco per caricare l’atmosfera di Fuorigrotta.
Contro l’Udinese in questa stagione per la prima volta si è respirato il fattore campo, con un’empatia tra squadra e pubblico che ha alimentato la rimonta targata Osimhen. Lo merita questo gruppo che finora ha convinto il pubblico a credere al sogno scudetto e non viceversa, è un’anomalia storica a Napoli, un segno dei tempi. Dal presidente ad Insigne, da Spalletti a Mertens, per non parlare dell’accanimento subito da Mario Rui, il Napoli è passato anche per tante critiche, ha sfidato il peso della freddezza di un popolo che non ha mai abbandonato la ricerca della felicità, per dirla alla Spalletti, ma che ad un certo punto voleva diventare razionale tradendo la propria identità e la magia del pallone. Il calcio senza le illusioni è un’industria svuotata di senso e di emozioni, perciò l’èlite della Superlega è crollata nel suo golpe praticamente prima di cominciare.
Napoli-Perugia, la sfida contro il Milan del 1988, il trauma del 2018, Napoli-Verona, l’excursus di delusioni frena l’entusiasmo, come se ci fosse una vocina nella testa di tutti a dire: “Non ci credere che poi ci rimani male”.
La sconfitta contro il Milan ha alimentato questo sentimento ma il Napoli con la reazione di Verona e le tre vittorie consecutive ha saputo dribblare altri ostacoli, come fa da inizio stagione.
Spalletti ha aggiunto tanto nel Napoli a livello tattico e mentale
Spalletti è partito dalle basi di Gattuso ma ha aggiunto tanto sia a livello tattico che mentale. È una squadra che si è calata nel “calcio liquido” comprendendo che è una risorsa, sa stare in campo in più modi valorizzando le tante anime della sua rosa, interpretando anche diversi sistemi di gioco. Il Napoli ha l’anima della ricerca continua, basta vedere i quattro gol sviluppati con schema da palla inattiva: quelli di Rrahmani contro Udinese e Fiorentina nel girone d’andata, il secondo di Osimhen ancora all’Udinese e la rete di Politano a Bergamo.
Il Napoli ha un gruppo finalmente consapevole dei propri mezzi, che sa leggere i differenti momenti delle partite come ha fatto a Bergamo, sapendo soffrire quando c’era bisogno, abbassarsi, alternare il palleggio nonostante la pressione dell’Atalanta con l’uscita in verticale, diretta, con tre passaggi come nell’azione del terzo gol.
A livello psicologico, il lavoro è iniziato a Dimaro, quando tutti i giorni Spalletti ricordava nello spogliatoio che fare 43 punti nel girone di ritorno è opera di una squadra forte, che la vecchia guardia con Sarri aveva fatto un capolavoro di cui ha parlato il mondo. Un allenatore, che ha subito la falsa narrazione del “fumantino” divisivo, si è rivelato un “equilibrista” bravo a tenere tutti sulla corda, dentro il progetto. Soltanto così possono venir fuori le prestazioni di Ghoulam contro Juventus e Sampdoria, la fantastica “prima da titolare” di Zanoli, la rinascita di Lobotka e Juan Jesus, lo strepitoso rendimento in fase difensiva anche quando non c’era Koulibaly.
Lo scudetto non è un pranzo di gala, tocca a Napoli godersi il viaggio da sostenitori
Spalletti fa bene a lavorare sulla connessione con i tifosi, Napoli lo deve a lui e a questi ragazzi che, dopo due stagioni complesse con l’unica gioia della vittoria della Coppa Italia a giugno 2020, è tornata a lottare per lo scudetto e in 96 anni di storia è accaduto poche volte da queste parti.
Ricordare tutte le difficoltà è complicato: gli infortuni, i contagi Covid, l’impresa del pareggio a Torino che rappresenta uno degli “sliding doors” del campionato, il peso psicologico delle tre sconfitte interne consecutive contro Atalanta, Empoli e Spezia, la mazzata inflitta dal Barcellona, il capitano a scadenza che inevitabilmente ha patito la situazione, i tormenti di Mertens che a suo modo sta incidendo anche in questa stagione.
Non era facile, Spalletti ha guidato tutti, anche l’ambiente evitando gli alibi, senza piangersi addosso nei momenti complicati. Ora tocca a Napoli godersi il viaggio da sostenitori. Lo scudetto non è un pranzo di gala, bisogna strapparlo a Milano con l’ausilio straordinario di tutti.
Contro la Fiorentina un’altra sfida tosta senza Anguissa che a Verona ha cambiato il Napoli
Contro la Fiorentina sarà un’altra sfida tosta, la Viola anche senza Vlahovic può inseguire il sogno di tornare in Europa dopo cinque anni. È una squadra completa, che sa far tutto, ha una buona qualità di palleggio ma allo stesso tempo con la difesa alta sa calarsi anche nei duelli stile Atalanta, cercando tanto le corsie laterali.
Servirà ancora un grande Napoli, stavolta con Osimhen e Rrahmani ma ancora senza Di Lorenzo, Petagna e Anguissa squalificato, il suo inserimento da titolare nella gara di Verona ha cambiato il Napoli. Si perderà un po’ di fisicità ma in mezzo al campo le alternative non mancano, questa squadra merita solo amore, accompagnatela!
“È troppo alta la posta in palio, sono quei carri che per me non ripassano più sicuramente ma anche per qualcuno dei calciatori, è ora il momento di giocarsela”, queste parole di Spalletti valgono per tutti, non solo nello spogliatoio.
Ciro Troise
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