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La sfida più difficile e complessa dell’era De Laurentiis

Serve un nuovo progetto tecnico, sviluppato con condivisione e unità d'intenti

Più difficile del 2013, quando andò via Mazzarri e ci fu la rivoluzione Benitez o del 2015, quando l’arrivo di Sarri diede vita ad una bellissima storia, o del 2018 con Ancelotti. Il Napoli di De Laurentiis ha nel 2022 la sfida più complessa della sua era.

Sullo sfondo c’è la battaglia legale contro la multiproprietà, la scelta che si dovrà fare tra Napoli e Bari, gli interessamenti che sta avendo da qualche fondo. Non sappiamo cosa succederà, per il momento c’è da fare un lavoro complicato: rinnovare la squadra abbassando il monte ingaggi.

Nelle altre occasioni i costi s’alzarono, c’erano i milioni delle cessioni di Cavani o Jorginho, di un progetto societario in piena enfasi e la Champions League stava diventando un’abitudine. Tutto questo poi accade in uno scenario con tanti avversari: il Milan è in crescita, l’Inter avrà comunque un livello alto, la Juventus si sta già rinforzando sul mercato, Sarri e Mourinho sulla panchina di Lazio e Roma potranno incidere di più, c’è la Fiorentina che è una variabile impazzita e l’Atalanta non ha le coppe europee, può concentrarsi solo sul campionato.

Il Napoli giocherà la Champions League che consuma energie, ci sarà bisogno, quindi, di una squadra più forte rispetto all’annata appena terminata.

L’esempio del Milan non è credibile per il Napoli di De Laurentiis

De Laurentiis in un’intervista ha parlato dell’esempio del Milan ma sembra poco credibile come riferimento per il Napoli. C’è una struttura dirigenziale solida, autorevole, con persone di calcio come Maldini e Massara che hanno piena autonomia in tutte le scelte. Il contrario della risposta di De Laurentiis al vuoto che a Castel Volturno s’avverte: “Ho capito che devo spostare la Filmauro a Napoli”.

Al Milan c’è l’empatia con la tifoseria mentre a Napoli fino a qualche mese fa c’era l’applicazione severa del regolamento d’uso con le multe anche per una bandiera che poteva ostruire la visuale in curva. Hanno un bravissimo dirigente che rappresenta la storia del club, ne incarna l’anima e, infatti, il senso d’appartenenza è vivo, basta pensare a Tonali che abbassa le pretese la scorsa estate per continuare la sua avventura in rossonero.

Potremmo andare avanti ancora con altri esempi ma guardiamo a ciò che conta più di ogni altra cosa: la condivisione del progetto tecnico, l’unità d’intenti.

Il nodo Koulibaly è significativo per il rapporto con Spalletti

Fa la differenza, consente di tenere il livello alto anche nelle perdite dolorose come quella di Insigne. Spalletti ha chiesto più forza, fisicità e si è speso soprattutto per trattenere Koulibaly, attratto dal Barcellona che in difesa ha già preso Christensen. Per Xavi Kalidou è l’erede di Pique e il reparto arretrato blaugrana dovrebbe perdere Lenglet, Umtiti e Mingueza.

Il Napoli ha questa domanda da porsi: vendere Koulibaly per 35-40 milioni darebbe la possibilità di sostituirlo senza grosse ripercussioni tecniche? No, come ha spiegato Spalletti la squadra ne uscirebbe sferzata, perderebbe un riferimento dopo che è andato via anche Insigne. Vale lo stesso discorso per Mertens ed Ospina, i casi lasciati in sospeso tra i contratti in scadenza.

Gli azzurri hanno chiuso con la miglior difesa insieme al Milan, programmando per la prossima stagione bisognerebbe custodire l’impianto nella fase di non possesso e aggiungere freschezza a livello offensivo. Si può crescere costruendo una squadra che valorizzi Osimhen e Lozano, di maggiore impatto fisico e con maggiore capacità di attaccare sia in verticale che in ampiezza, riempiendo di più l’area di rigore.

La continuità nel lavoro di Spalletti è un valore ma c’è una condizione indispensabile: l’allenatore va ascoltato, aiutato e protetto nei momenti difficili, non com’è accaduto nell’immediato post-partita di Empoli.

Ciro Troise

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