Il Napoli contro la Spal ha messo in mostra solo il vizio di non chiudere le partite nonostante le tante occasioni da gol create. E’ il quinto 1-0 per gli azzurri in campionato, il primo in casa ma ciò che fa riflettere è la gestione dell’ultimo quarto d’ora. Semplici inserisce Floccari, con due punte la Spal alza leggermente il baricentro, il Napoli va in panico, affronta la partita con l’ansia del pericolo, sensazione che nei primi 75 minuti aveva completamente trascurato. In altre partite, quelle per esempio contro Roma e Atalanta, il timore era legittimato dalla pressione dell’avversario, stavolta la Spal ha concluso la gara con un solo tiro in porta, quello di Viviani bloccato da Reina nel primo tempo. La vittoria di misura, in questo scontro punto a punto con la Juventus, può generare il rischio di farsi beffare nel finale ma la sensazione è che il Napoli debba stare attento ad una trappola, ad un “giochetto mediatico” che potrebbe creare eccessiva pressione psicologica intorno al gruppo di Sarri. Serpeggia un concetto velato nell’ambiente per cui il Napoli, avendo affrontato in maniera superficiale le coppe, sia condannato a vincere lo scudetto altrimenti la stagione sarebbe da considerare fallimentare. Allegri fa il suo mestiere, è un abile comunicatore, ha già definito un’ossessione lo scudetto per gli azzurri, ma ci sono anche vari addetti ai lavori che si sono avventurati in questa tesi pressapochista. Come si fa ad associare la parola fallimentare alla squadra che ha fatto più punti finora nella storia della Serie A dopo l’Inter della stagione 2006-07? Secondo quale criterio, il Napoli, che ha il quarto monte ingaggi della serie A ed esprime una rosa il cui valore è inferiore di circa 160 milioni rispetto alla Juventus, ha perso Milik e Ghoulam per quasi tutta la stagione e non ha rinforzato la rosa a gennaio, sarebbe “obbligato” a vincere? Il Napoli non ha bisogno di scorie ma dell’entusiasmo di una città abituata a soffrire in cui ci si dovrebbe approcciare al sogno scudetto come una gioia attesa e ricercata da tempo, non come una richiesta da esaudire. La sconfitta contro il Lipsia ha fatto discutere, le parole di Sarri hanno scosso anche lo spogliatoio, l’atteggiamento della squadra nell’ultima mezz’ora ha alimentato i malumori per un’eliminazione prevedibile alla vigilia, considerando l’organico corto del Napoli e la concentrazione totale sull’obiettivo scudetto. La resa contro il Lipsia merita riflessioni diverse, bisogna distinguere i piani d’analisi. Riguardo alla crescita societaria, il Napoli non ha approfittato del lavoro impostato da Benitez riguardo allo spessore internazionale, alla capacità di lottare su più fronti, è tornato ai tempi della sconfitta contro il Viktoria Plzen, quando si trascurò l’Europa League per inseguire la Juventus di Conte. Stavolta il patto scudetto, il valore dei titolarissimi a disposizione di Sarri e i numeri trasmettono molte più speranze rispetto a quella stagione nel duello con i bianconeri che viaggiano con due punti in più dello scorso campionato. Se si sposta l’analisi sulla gestione contingente dell’annata, la scelta di Sarri e del suo gruppo è comprensibile e finora sta tenendo in piedi il sogno scudetto. Tra la rosa corta e le esigenze di “una macchina da guerra” che si sposano con la settimana tipo, Sarri ha messo in secondo piano le coppe. Se il Napoli avesse voluto comportarsi come la Juventus, cioè affrontare tutte le competizioni allo stesso modo, avrebbe dovuto fare altri investimenti sul mercato sia in estate, quando non li ha ritenuti necessari, che nella sessione invernale, in cui non è riuscito a portare a casa i propri obiettivi.
Ciro Troise
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