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Le parole di Allegri fungano da esempio, il bel gioco non sia uno sterile feticcio

"Il Napoli dei piccoletti" è bello ma poco efficace, bisogna insistere su Gabbiadini modificando lo sviluppo di gioco

E’ bastato l’infortunio di Milik per far crollare un castello già precario. L’8 Ottobre in Polonia-Danimarca il vaso di Pandora che ha generato la crisi in cui è piombato il Napoli. E’ inutile girarci intorno, di crisi si tratta. Il Napoli ha portato a casa solo due vittorie ed un pareggio nelle ultime otto partite tra campionato e Champions rimediando sette punti sui ventiquattro disponibili. Dodici sono i gol subiti, dieci quelli fatti, un dato che presenta entrambi i problemi nell’analisi riguardo alle sorti del Napoli che è sotto media a livello realizzativo e non riesce a limitare il conto delle reti incassate.

Il primo passo è rendersi conto di essere in crisi ed evitare di crogiolarsi nella buona proposta di gioco offerta, nei numeri che dimostrano che il Napoli meritasse di più di quanto abbia raccolto, negli alibi relativi alle assenze di Milik e Albiol. La Roma e la Juventus stanno convivendo con un numero d’infortuni seri nettamente superiore a quello della formazione di Sarri ma non stanno assolutamente vivendo il calo in cui è sprofondato il Napoli.

Il mercato non all’altezza, la rosa incompleta, poco omogenea e soprattutto non al livello della missione di far dimenticare Higuain e l’integralismo dell’allenatore hanno fatto in modo che il vaso di Pandora dell’8 Ottobre facesse emergere tutti i limiti del Napoli.

Un portiere che relegasse Reina al ruolo di giocatore d’esperienza utile nello spogliatoio e un attaccante funzionale al gioco di Sarri a differenza di Gabbiadini erano degli obiettivi del Napoli sul mercato. Sportiello e Icardi erano i profili più graditi, nessuno dei due è stato raggiunto per volontà del presidente De Laurentiis, che prova, invece, a scaricare le responsabilità sugli altri per sfuggire all’inesorabile giudizio dei fatti.

Il Napoli sta scontando in maniera severa quanto non ha fatto sul mercato in una guerra a distanza ormai sempre più esplicita tra De Laurentiis e Sarri, che aveva comunicato le potenziali difficoltà a cui poteva andare incontro questo gruppo.

Il tempo dell’analisi sui fatti dell’estate è, però, finito, a Sarri spetta il compito di trovare delle soluzioni alle problematiche riscontrate. Lo spessore di un allenatore si nota nei momenti difficili, non quando tutto gira alla perfezione come nell’atmosfera magica creatasi nella scorsa stagione.

Massimiliano Allegri lo ribadisce in ogni intervista, l’obiettivo è vincere, non esprimere il bel gioco. Produrre un calcio gradevole è un mezzo, non il fine come talvolta le scelte di Sarri sembrano suggerire.

Il bel gioco non può essere un feticcio da venerare, se il Napoli in più di un mese ha battuto solo l’Empoli e il Crotone non si può essere soddisfatti perché la squadra è apparsa più corta contro la Lazio. Quando si guida una realtà come il Napoli, contano gli obiettivi sportivi e la valorizzazione del parco giocatori. In entrambi gli aspetti gli azzurri sono in difficoltà: la qualificazione in Champions sembrava, dopo Napoli-Benfica, alla portata, mentre oggi è tutta da conquistare con le sfide contro la Dinamo Kiev e la trasferta in Portogallo, ma è soprattutto il sesto posto in campionato alle spalle dell’Atalanta a rappresentare un serio campanello d’allarme.

La capacità degli azzurri di comandare la partita, di creare situazioni pericolose è una certezza a cui aggrapparsi ma non basta. Il Napoli dei “piccoletti” è bello ma poco efficace, la costruzione della proposta offensiva è spesso leziosa, eccessivamente elaborata e ciò fa in modo che nella partita contro la Lazio, nonostante il dominio territoriale, siano arrivati solo quattro tiri in porta realizzati in area di rigore. Non sarà una prima punta, è un ibrido tattico mai completamente definito ma l’unico attaccante in rosa è Manolo Gabbiadini e la gestione dell’ex Sampdoria deve essere diversa.

Gabbiadini non è funzionale al gioco di Sarri, non ha le caratteristiche per sostenere il lavoro richiesto dall’allenatore ma almeno nella scorsa stagione giocava a mente libera e faceva gol. Nel periodo in cui doveva sostituire Milik, Gabbiadini si sta esprimendo anche al di sotto delle proprie potenzialità, lo dimostrano l’espulsione di Crotone e il dato dell’unico gol messo a segno dopo l’infortunio di Milik, giunto su rigore contro il Besiktas. Preferendo l’adattato Mertens a Gabbiadini, Sarri ha abbassato ancora di più il livello dell’autostima del calciatore, che non avverte la fiducia dell’ambiente. Gabbiadini è stato escluso dalla formazione iniziale in tutte le gare più significative: il doppio incrocio contro il Besiktas, le sfide contro Roma e Lazio. “Deve adattarsi lui al nostro gioco, non la squadra a lui” è una bordata che rappresenta il manifesto ideologico dell’errore compiuto nella gestione di Manolo. Non è necessario cambiare modulo ma semplicemente modificare lo sviluppo di gioco, cercando di lavorare sull’attacco alla profondità con i lanci a scavalcare la linea e le verticalizzazioni.

Le occasioni che hanno visto Gabbiadini protagonista contro il Besiktas e la Lazio sono nate in questo modo, il resto poi deve farlo la fiducia, l’autostima e l’iniezione di entusiasmo che potrebbero produrre qualche gol decisivo. L’ultimo su azione risale a 43 giorni fa, al 24 Settembre scorso, in Napoli-Chievo Verona 2-0. La sosta consentirà a Sarri di pensarci: il ritorno di Albiol in difesa, l’idea che Reina non sia intoccabile e non mollare su Gabbiadini sono le strade da percorrere per risalire la china.

A cura di Ciro Troise

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