“Nu napulitan dint’ a chesta gara parte semb arete”, canta il maestro Nino D’Angelo e il paradosso è che anche nella sua terra il napoletano deve sgomitare, battersi contro il classico Nemo profeta in patria. Napoli-Venezia, la prima con il pubblico al Maradona dopo diciotto mesi, è una serata storica per tanti motivi.
Lo stadio è carico e si fa sentire nonostante l’assenza del tifo organizzato in curva B, De Laurentiis al gol di Elmas esulta come ai vecchi tempi, quasi in stile Ferlaino e Insigne ha vinto la sua battaglia.
Quella che gli generava tormenti perché si sentiva incompreso, punito al primo errore mentre allo straniero si concede tutto. “C’è solo un capitano” cantato da tutto lo stadio dopo il rigore sbagliato è la carezza che Insigne si è conquistato. Ci sono quindici anni di vita in questa vittoria: la professionalità, il senso del sacrificio, l’attaccamento alla maglia. Sì, in maniera viscerale con i tatuaggi di Maradona e del Napoli, un amore vissuto in maniera diversa, complesso, fatto di contrasti, contraddizioni ma forse ancora più sentito proprio perché tormentato e tempestoso.
Non sappiamo come finirà, al momento a dieci mesi dalla scadenza di contratto non c’è una proposta di rinnovo ma Insigne ha già vinto la battaglia più bella: legittimarsi a casa sua.
Ci ha messo tempo, è passato per una marea di errori (trovatemi voi chi non sbaglia mai) comportamentali: dalle maglie gettate a terra contro Lazio e Athletic Bilbao al disastro dell’ammutinamento. Nel percorso c’è la crescita con Gattuso in panchina, quando anche nelle serate più difficili ha ricoperto il ruolo del trascinatore. Ci sono il carattere, la determinazione ma soprattutto il talento perché Lorenzo è a -5 da Maradona, ha segnato 110 gol e 85 assist.
Insigne contro il Venezia è stato leader vero, non si è fatto condizionare da un rigore sbagliato che in altri tempi l’avrebbe incupito. Conta anche l’Europeo vinto perché anche Di Lorenzo è cresciuto tantissimo sotto il profilo della convinzione, rischia di più le giocate, prova addirittura a saltare l’uomo.
La gente di Napoli (almeno in ampia maggioranza) ha finalmente capito Insigne, accettando il suo carattere, prendendosi tutto il buono che ha dato senza pretendere quello che non può dare, come, invece, accadeva in passato.
Il pubblico, la storia di Gianluca Gaetano: Napoli-Venezia ha tante cose belle
Le emozioni e il vissuto intenso di Napoli-Venezia hanno ricordato anche ai più distratti che il calcio col pubblico è un’altra cosa, non ha nulla a che vedere con quella roba insipida a cui la pandemia ci ha costretto per diciotto lunghi mesi, sperando che non torni mai più.
Per come si era messa, portare a casa i tre punti, tirare un sospiro di sollievo sull’infortunio di Zielinski rende tutti felici ma c’è tanto su cui riflettere: le ingenuità di Osimhen, la carenza di un centrocampista con caratteristiche più difensive, che sappia alimentare l’equilibrio della squadra. Bisogna bilanciare la grande qualità offensiva con la compattezza, la tenuta delle distanze, soprattutto quando non ci sarà il Venezia come avversario. Ieri sera la partita è condizionata dall’espulsione di Osimhen, dai settanta minuti abbondanti in inferiorità numerica. È apprezzabile sicuramente la tenuta mentale, la capacità di non sbandare al cospetto delle difficoltà come più volte accaduto in passato.
Serve un rinforzo in mezzo al campo molto più che sulla fascia sinistra, nel frattempo al momento è stato bloccato Gaetano, promesso sposo della Cremonese dopo il prolungamento del contratto di un anno. Un’altra storia bella di Napoli-Venezia è lo spezzone di questo ragazzo, che ci ha messo personalità e ha saputo comportarsi da centrocampista completo, lavorando bene nelle due fasi. Che sia un’altra vittoria di quel martoriato vivaio che continua a dare frutti nonostante gli scarsi investimenti.
Ciro Troise
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