Il Napoli a San Siro ha mandato un segnale a se stesso e al campionato. È una prova da non sottovalutare, tosta, solida, autorevole anche nelle difficoltà. Ha saputo far tutto: soffrire, colpire ed è uscito dal Meazza anche pensando all’occasione fallita da Simeone. Fare cinque punti in trasferta contro Juventus, Milan e Inter, quattro a San Siro non è roba da poco.
Il segnale più forte è la reazione allo 0-3 contro l’Atalanta, la personalità avuta anche quando l’Inter spingeva nel corso del secondo tempo. Il lavoro che ha fatto Conte sulla testa dei giocatori è impressionante per lo stato psicologico in cui ha trovato gli azzurri e il rendimento, la fiducia, la consapevolezza nei propri mezzi, lo spirito di squadra e di sacrificio che esprimono ora.
Il tema della fase offensiva rimane, tra le big anche il Milan con una partita in meno ha segnato più del Napoli. Lukaku andrà in Nazionale stavolta, magari giocare due gare in un contesto differente può aiutarlo di più rispetto al lavoro a Castel Volturno che forse l’ha sovraccaricato. Ha patito anche la mancanza di Lobotka che alza il livello di qualità e rapidità nella trasmissione del pallone.
Il Napoli deve mettere dentro altre soluzioni, cercare di più gli esterni offensivi isolandoli nell’uno contro uno, lavorare anche con le combinazioni per gli inserimenti di Anguissa e McTominay che è già a quota tre gol in questa stagione, tra campionato e Coppa Italia.
La partita di San Siro entrerà nella storia anche per l’attacco di Conte al sistema arbitri-Var. Ha individuato il vuoto e la discrezionalità nell’utilizzo dello strumento che è da tempo motivo di dibattito e di discussione.
La soluzione per risolvere questo vulnus è il challenge alle panchine, il diritto di chiedere la revisione al Var al cospetto di episodi discutibili in cui s’intravede un presunto errore.
Il contatto tra Anguissa e Dumfries è troppo lieve, anche la dinamica è di una palla contesa, non c’è un ritardo netto del centrocampista del Napoli sull’esterno dell’Inter. In termini di protocollo, nulla su cui opporsi, c’è un contatto, l’arbitro Mariani lo individua, sull’intensità è il giudice ultimo, il Var tecnicamente non può intervenire ma è una storia che si ripete. Manca soprattutto l’uniformità nell’utilizzo di questo strumento.
La reazione di Conte è scomposta, di pancia, ovviamente di parte ma fotografa un problema che esiste. Un argomento di respiro internazionale visto che il protocollo è materia dell’Ifab, il tema del challenge dovrebbe trovare più spazio anche a livello internazionale. Una storia complessa, profonda dopo sette anni circa d’introduzione del Var ma almeno Conte ha avuto il merito di alzare il velo sul tema arbitri in maniera forte e tutti ora saranno costretti a fare i conti con le sue parole.
Ciro Troise
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