Il 2016 sta andando via, un anno assolutamente non banale nella storia del Napoli. Dodici mesi iniziati in testa alla classifica, tornando ad emozionarsi per il sogno scudetto che si è infranto poi nell’inseguimento alla Juventus. Non è finita qui: il ritorno in Champions League, il sorteggio degli ottavi di finale che ha contrapposto il Napoli al Real Madrid.
L’infortunio di Milik ha messo in dubbio la macchina perfetta costruita da Maurizio Sarri, che valorizza i suoi meccanismi di gioco con l’organizzazione, la consapevolezza spiccata di ogni giocatore dei movimenti da compiere in entrambe le fasi.
Il Napoli è riuscito ad uscire dal tunnel e l’ha fatto grazie alle capacità del proprio allenatore che aveva già sperimentato a Dimaro l’intuizione Mertens centravanti. Nessun falso nueve, Mertens ha lavorato da 9 puro al netto delle sue caratteristiche.
Il belga al centro del tridente leggero non ha consentito al Napoli di sviluppare la manovra in ampiezza, non ha potuto valorizzare il gioco aereo, arma letale di Milik nell’impatto con la serie A. L’opzione Mertens centravanti ha avuto bisogno di tempo per svilupparsi perché tutta la squadra ha dovuto adeguarsi alle caratteristiche di Dries, encomiabile nello spirito d’adattamento e nell’impatto travolgente che ha avuto poi in tante sfide.
Il “giocattolo” è tornato a proporsi come macchina da gol quando finalmente ha ritrovato i costanti inserimenti dei centrocampisti e la continuità della proposta di gioco con la partecipazione corale del gruppo.
Si è sbloccato Insigne, l’ago della bilancia dell’equilibrio e della costruzione della manovra offensiva, ha finalmente iniziato a segnare Zielinski e Hamsik sta vedendo la porta come nelle stagioni migliori, basta ricordare che ha superato anche Cavani nella classifica dei marcatori in maglia azzurra.
Gabbiadini non è riuscito ad entrare nell’identità tattica solida e definita del Napoli e, nella confusione successiva all’infortunio di Milik, gli azzurri hanno messo in dubbio la qualificazione agli ottavi di Champions League e perso dei punti in campionato, che consentono alla Roma di andare a Capodanno al secondo posto in classifica.
Il bilancio complessivamente è positivo, il Napoli è agli ottavi di Champions, è terzo in classifica con la possibilità di essere superato dal Milan che deve recuperare una partita ed ha la Coppa Italia ancora da disputare. Un gruppo che ha vissuto due “terremoti”, la perdita prima di Higuain e poi di Milik, può salutare con un sorriso il campionato che ritroverà il 7 Gennaio, quando al San Paolo arriverà la Sampdoria.
Le mani devono tornare ben fisse sul manubrio perché il Napoli, con il miglior attacco della serie A, a gennaio avrà una risorsa in più per l’attacco ma dovrà, però, fare i conti con due assenze in difesa: quelle di Koulibaly e Ghoulam, che partiranno per la Coppa d’Africa.
A rattristare il 2016 del Napoli c’è l’eterno confronto con la Juventus, un accostamento che andrebbe assolutamente ridimensionato in vista del nuovo anno.
Sarri, durante Napoli-Torino, dalla panchina ribadiva ai suoi un termine: “Mentalità, mentalità” per evitare le distrazioni, puntualmente verificatesi nella ripresa. La Juventus non diverte, costruisce qualche spunto sporadico dovuto più alle intuizioni dei singoli che ad una proposta di squadra, ma presenta un blocco granitico molto complicato da scalfire e così porta a casa i suoi successi. Usando i riferimenti storici del calcio mondiale, la Juventus assomiglia alla Germania, il Napoli all’Olanda, l’esempio per eccellenza delle realtà che hanno proposto un gioco stupendo senza portare a casa i trofei.
A differenza, però, del confronto tra le Nazionali, la differente mentalità di Juventus e Napoli è frutto di un divario societario, che ha trovato sponda anche nell’intervista natalizia del presidente De Laurentiis.
La Juventus è costruita economicamente per vincere, il Napoli per ben figurare valorizzando il più possibile un fatturato tre volte inferiore al club bianconero. Agnelli e compagni possono gestire un fatturato di 383,9 milioni, il Napoli 125, un divario che si manifesta anche nel monte ingaggi. La Juventus ne spende 145 per il proprio parco giocatori, il Napoli 75. La differenza è presente in tutti i calcoli: 103,1 milioni arrivano nelle casse bianconere attraverso i diritti televisivi mentre il club di De Laurentiis ne percepisce 69,7. Usando il linguaggio automobilistico, nei ricavi da stadio la Juventus “doppia” il Napoli: 51,4 milioni contro 14,1 prodotti al San Paolo. Questo gap si riversa negli investimenti per il settore giovanile, dove la Juventus gestisce una spesa cinque volte superiore: 10 milioni è l’impegno del club bianconero per il vivaio, di circa due milioni quello offerto da De Laurentiis. La campagna trasferimenti di quest’estate certifica l’ampia differenza tra le due realtà: la Juventus, avendo acquistato Pjanic e Higuain, presenta un organico con un valore di mercato di 444 milioni di euro, costruito mantenendo anche un attivo di 1,20 milione di euro. Il valore complessivo della rosa degli azzurri corrisponde, invece, a 319,38 milioni di euro, dato che emerge da un mercato chiuso con un attivo di 20 milioni di euro.
Non si può competere con la Juventus con le armi dei bianconeri ma bisogna tenere come punto di riferimento il modello Borussia Dortmund, realtà che per qualche stagione ha spezzato il dominio del Bayern Monaco lavorando sui suoi punti di forza: vivaio, stadio e intuizioni su scouting e mercato.
Sullo stadio si muove qualcosa grazie all’impegno dell’amministrazione comunale ma la prospettiva di renderlo un impianto moderno è lontanissima, De Laurentiis dovrebbe stravolgere la sua filosofia in merito al settore giovanile. Un’attenzione maggiore al vivaio non solo a livello economico può creare le basi per il futuro, trovare risorse che, senza mettere mano al bilancio, possono essere utili. Presidente, cosa aspetti? La Campania è il Sudamerica d’Italia, può essere l’arma per far crescere il proprio patrimonio e rendere più forte il Napoli nel confronto con le avversarie.
A cura di Ciro Troise
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