E’ lo sport del gps, delle rilevazioni statistiche, della misurazione scientifica dei dati atletici e di gioco, la tecnologia ha trasformato i metodi di lavoro, ha reso più professionalizzante l’agire di tutti ma una contraddizione regna nel mondo del pallone e pesa come un macigno. Ci sono i droni per gli allenatori, la match analysis pronta nell’intervallo e a fine gara ma gli arbitri lavorano ancora come quando non esistevano i cellulari, il wi-fi e tutte le novità fondamentali che hanno cambiato la nostra vita.
Il calcio moderno ha seguito lo sviluppo tecnologico in tutti gli aspetti ma riguardo agli arbitri ha scelto una via antistorica, ha puntato sull’ampliamento degli uomini a supporto dell’arbitro. Mentre sulla Tangenziale il “casellante” lasciava spazio alla tecnologia, sui campi di calcio s’aggiungevano più persone arrivando addirittura a comporre le sestine arbitrali. La macchina del “gol-non gol” ha spazzato via i gol fantasma che in passato hanno determinato i campionati (basta considerare quello di Bierhoff in Juventus-Udinese dell’8 Febbraio 2007), gli addizionali hanno avuto un impatto quasi pari allo zero. Il calcio italiano che saluta le Coppe a marzo deve ripartire dal creare un’immagine diversa da quella che prova a nascondere in maniera goffa. Gli articoli del “Sun” su Antonio Conte dimostrano che c’è qualcosa che non va. Se in Inghilterra il ct della Nazionale è dipinto con tanta ferocia, vuol dire che il proprio prodotto ha scarsa credibilità all’estero. Ma come potrebbe avere una considerazione differente il movimento di un Paese che appena dieci anni fa conosceva Calciopoli, appurava dei condizionamenti su designatori e arbitri, che ogni stagione deve convivere con scandali relativi al calcioscommesse senza mai una risposta ferma, seria, che affrontasse la tematica in termini generali e soprattutto incisivi, con lo scopo di combattere il fenomeno?
La Juventus perde a Monaco di Baviera, gli errori arbitrali compiuti all’andata e al ritorno hanno un peso specifico importante e giustamente si leva un grido di rabbia, di protesta. I più lucidi ricordano che anche il Napoli contro il Villarreal e la Roma contro il Real Madrid hanno pagato delle sviste arbitrali sollevando dubbi sul peso della Federazione Italiana, sul ruolo di Collina. Gli errori di Atkinson allo Stadium ed Eriksson all’Allianz Arena non sono trattati con la classica leggerezza italiana e le frasi che ormai abbiamo imparato a memoria: “Gli arbitri sbagliano come i calciatori, gli allenatori, i presidenti, bisogna decidere e agire in una frazione di secondo”. La portata dei disastri dei direttori di gara scatena una reazione mediatica della Juventus e di tutta la stampa sportiva italiana. Tutto giusto ma poi bisogna essere coerenti, le sviste evidenti e pesanti ai fini dell’andamento di una partita devono essere trattate con serietà anche in Italia. Non potrà mai avere peso una federazione che presenta a nove partite dalla fine la pessima direzione di Rizzoli in un derby che ha rilevanza sia per la lotta-scudetto che per quella per evitare la retrocessione.
La mancata espulsione di Alex Sandro, il gol annullato a Maxi Lopez, la tolleranza per il “face to face” di Bonucci ricordano quell’antica sudditanza psicologica che il calcio italiano sembra aver ormai accettato in modo passivo, come se fosse ormai un’abitudine consolidata.
I sogni dei tifosi che tengono in piedi gli interessi del mondo del pallone vanno rispettati, le garanzie sulla regolarità del campionato vanno pretese. L’errore ci può stare, la chiara disparità di giudizio con sei uomini a cui è attribuito il compito di osservare e giudicare deve far riflettere in modo concreto. Il Napoli ieri ha scelto la “comunicazione soft”, Sarri ha fatto qualche riferimento al gol annullato a Maxi Lopez ma non c’è stato un intervento mediatico forte da parte del club. E’ una scelta, può anche essere giusta se però il Napoli fa sentire la sua voce con gli organi competenti facendo capire che il sogno dei tifosi azzurri di portare a casa lo scudetto dopo ventisei anni va rispettato. E’ la determinazione di chi ci crede ancora, l’affetto dei tifosi che investono parte dei propri denari per alimentare la propria passione a tenere in piedi il sistema calcio degli stadi vecchi e poco attrezzati, incapace nel proporsi sul mercato estero, arretrato nella gestione e nella considerazione dei settori giovanili. Il calcio italiano ha otto partite per rilanciare la propria immagine, questo campionato così equilibrato merita un finale all’altezza delle emozioni che sta regalando.
Ciro Troise
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