Che notte quella del 30 Novembre 2015, fra poco sarà trascorso un anno. Reina tiene incollata sui suoi guanti la vittoria per 2-1 contro l’Inter e il Napoli vola in testa alla classifica mentre esplode l’amore tra la squadra e il pubblico sulle note di “Un giorno all’improvviso”. Era la quattordicesima giornata di campionato, il Napoli aveva sei punti in più rispetto a quelli conquistati nell’annata in corso, una magra consolazione può arrivare pensando a chi sta in peggio come l’Inter che ne ha nove in meno rispetto al 30 Novembre 2015.
I punti in meno in classifica sono frutto anche dei dati riguardo alle reti segnate e subite. Il Napoli ha realizzato due gol in meno e ne ha subiti sei in più rispetto al gruppo guidato da Gonzalo Higuain. Gli episodi sono una componente molto importante nel calcio ma nel lungo periodo il loro peso perde di consistenza. Al Napoli non gira assolutamente bene, anche contro il Sassuolo sono state sprecate varie occasioni mentre agli uomini di Di Francesco sono stati concessi due cross, uno ha portato alla traversa di Missiroli, l’altro al gol di Defrel. Appellarsi alla sfortuna è, però, esercizio stucchevole, noioso e improduttivo.
I dati non mentono: il Napoli, prima dell’infortunio di Milik, ha portato a casa sei vittorie, due pareggi e una sola sconfitta in nove partite tra campionato e Champions League, nelle dieci disputate senza poter contare sul centravanti polacco sono arrivate tre vittorie, quattro pareggi e tre sconfitte. Fa riflettere la crisi al San Paolo, la roccaforte della scorsa stagione in cui passò solamente l’Inter in Coppa Italia, dove il Napoli ha battuto solo l’Empoli.
Il gap è tutto nella fase offensiva: in nove partite con Milik il Napoli ha segnato venti gol, in dieci solo tredici e i tre successi contro Crotone, Udinese ed Empoli sono giunti quando il Napoli è riuscito a segnare più di un gol, solo contro il Besiktas in casa il Napoli ha perso pur realizzando due reti. La perdita d’incisività nella finalizzazione del gioco ha generato incertezze nella macchina solida che aveva costruito Maurizio Sarri e lo smarrimento si è avvertito anche in fase difensiva, dove nelle dieci partite disputate dopo gli infortuni di Milik e Albiol il Napoli ha subito tredici delle ventidue reti incassate tra campionato e Champions League.
Constatare le difficoltà nell’esprimersi senza una punta centrale è sottolineare la verità ma, quando ormai sono trascorsi quasi due mesi dall’infortunio di Milik, si tratta di una pratica sterile, che tiene il Napoli bloccato nel rimpianto di ciò che poteva essere e non è stato.
La strategia di Sarri di continuare nel suo impianto di gioco, rendendo Mertens la soluzione primaria per il ruolo di centravanti, si è rivelata fallimentare finora. “Gabbiadini può fare di più”, diceva ieri Maurizio Sarri in conferenza stampa. Tutto vero ma come può fare di più un ragazzo chiamato a svolgere un lavoro che non gli appartiene senza avvertire la fiducia dell’allenatore? Gabbiadini finora non ha mai disputato una gara intera, è sempre stato sostituito o addirittura messo in panchina per far spazio all’encomiabile Mertens nel ruolo d’attaccante centrale.
E’ evidente che il Napoli sta pagando gli errori compiuti in fase di programmazione, la costruzione di un organico con cinque difensori centrali, sei mezzale considerando anche El Kaddouri e Giaccherini, e solo due attaccanti, di cui uno non è strutturalmente una prima punta e non ha le caratteristiche per realizzare il lavoro richiesto: l’elastico, la capacità di dialogare con i compagni di reparto ed attaccare contestualmente la profondità con i tempi giusti. Al mercato non all’altezza del compito della ricostruzione della rosa dopo la magica annata vissuta nel segno di Gonzalo Higuain si stanno aggiungendo la difficoltà di Sarri nel guidare l’organico sotto il profilo complessivo. Tante scelte si sono rivelate discutibili: Hysaj non era ieri al massimo della condizione, nei giorni intercorsi tra le partite contro Dinamo Kiev e Sassuolo non ha completato neanche una seduta d’allenamento, l’ennesima sostituzione di Gabbiadini resa ancora più beffarda dall’ammonizione di Mertens che gli impedirà di essere disponibile contro l’Inter.
L’ennesimo scivolone è arrivato anche sulla comunicazione, di cattivo gusto la critica alla squadra definita adolescenziale. Bisogna cambiare registro, trasmettere fiducia, difendere il gruppo, tenere tutti dentro il vissuto della squadra che prima di Natale si gioca due obiettivi importanti: la qualificazione agli ottavi di Champions League e restare in scia in campionato in attesa del rientro di Milik e dell’acquisto di un attaccante.
Pavoletti è sempre l’obiettivo numero uno, De Laurentiis vorrebbe dare seguito all’accordo siglato con Preziosi in estate sulla base di 15 milioni di euro quando fu l’attaccante del Genoa a rifiutare il trasferimento. Il momento delle scelte è rinviato ai giorni successivi alla sfida di Lisbona, quando bisognerà anche verificare con attenzione le condizioni di Pavoletti che rientrerà a gennaio dalla distorsione al ginocchio sinistro che l’ha tolto a Juric per sei partite. “Adda passa a nuttat”, direbbe Eduardo De Filippo ma affinchè la notte voli via senza grossi danni c’è bisogno di una svolta da parte di Sarri.
Ciro Troise
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