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Il calcio, i presidenti e la guerra del risparmio: vanno cambiate le regole

I presidenti a lavoro sulla “spending review” ma non basta il risparmio, bisogna cambiare le regole

Oggi pomeriggio ci sarà un’altra assemblea di Lega, il calcio dopo i danni della pandemia è in difficoltà e persegue almeno in Italia la guerra del risparmio. Eccetto la parentesi dell’Europeo voluta dalla Uefa, negli stadi la deroga vale solo per 1000 spettatori al massimo. Lo stato d’emergenza dura fino al 31 luglio, poi bisogna riscrivere una nuova epoca perché senza la doverosa riapertura degli stadi il calcio fa fatica a respirare.

Lo dimostra la differenza d’atmosfera tra Europei (anche al 25% della capienza) e Coppa America a porte chiuse. Bisogna fare pressione sul Governo affinchè a luglio, in vista della prossima stagione, ci sia chiarezza con una forte apertura. Il sottosegretario Costa parla d’impianti aperti al 50%, si decida una linea in relazione ai dati della campagna vaccinale e dei contagi e si vada avanti, senza ripensamenti.

Lo spezzatino e la guerra del risparmio dei presidenti

Non basteranno certamente gli stadi aperti per risolvere tutti i problemi del calcio italiano che va alla ricerca di liquidità e tenta la via della ricostruzione dopo i danni della pandemia. I presidenti stanno ridiscutendo tutto: opzioni previste nei contratti, commissioni da elargire ai procuratori e oggi dovrebbero anticipare un altro anticipo del 15% da ottenere da Dazn.

Ci sarà la decisione sul calcio-spezzatino, un altro falso problema. La domenica alle 15 di solito in Italia si giocano al massimo tre partite, cosa cambierà con lo spezzatino? Il problema è la visione, non si punta a trasformare il sistema, correggerlo in maniera profonda ma si va avanti d’iniziative per provare a massimizzare il profitto immediato senza guardare alla prospettiva di lungo periodo.

Basta pensare al fatto che la serie A si è affidata a Dazn senza avere nemmeno la piena certezza che sotto il profilo infrastrutturale e tecnologico tutto regga al meglio. La vision del calcio italiano è portare a casa qualcosina in più oggi, poi si vedrà domani in che condizioni saremo. Le abitudini degli italiani non vanno sottovalutate, basta pensare che il mondo del pallone non ha ancora recuperato i “reduci” di Mediaset Premium dopo tre anni.

Serve una risposta ampia a problemi di sistema

I presidenti stanno provando a trovare mediazione con l’Aic per il taglio di due stipendi, si cerca un accordo collettivo anche con gli allenatori perché situazioni come la buonuscita che l’Inter ha concordato con Conte andrebbero regolamentate.

Il calcio ha un problema di sistema e dovrebbe trovare una risposta ampia, complessa, non dei palliativi. Bisogna trasformare il rapporto di lavoro con calciatori e procuratori, rivoluzionare la legge 91 trasformando i giocatori in liberi professionisti con l’obbligo di pagare il proprio agente.

È un mondo dallo scarso equilibrio emotivo, in cui s’accetta troppo serenamente che Donnarumma, mentre bacia la maglia del Milan, rifiuta otto milioni d’ingaggio e va al Paris Saint Germain. Se si persegue la via del professionismo, non bisogna giocare con i sentimenti, altrimenti si rischia di spezzare sempre di più il legame tra i protagonisti del calcio e i tifosi.

Serve una svolta etica, all’insegna dell’equilibrio finanziario, emotivo, senza dimenticare che il business si regge sui tifosi, che mettono la benzina in un’automobile che deve regolare la velocità del suo cammino.

 

Ciro Troise

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