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Ancelotti considera la squadra roba “sua”, così il turn-over è una risorsa

A differenza della scorsa stagione, il Napoli non soffre il peso delle rotazioni, anzi il turn-over consente anche di cambiare strategia di gioco

Ancelotti sente sua questa squadra, oltre la convincente vittoria il Napoli dalla trasferta di Lecce, che chiude il trittico con Sampdoria e Liverpool, si porta dietro questo livello di consapevolezza che non è assolutamente poco. Il Napoli nella scorsa stagione ha sofferto le rotazioni, l’annata di transizione imponeva di valutare tutto l’organico per valorizzarlo e costruire le basi per una squadra veramente a misura delle idee di calcio di Ancelotti. Un anno fa l’idea era la “regolatina al gigler”, cambiare gradualmente, con delicatezza il volto di una squadra che con Sarri si era espressa al massimo sfiorando lo scudetto. Nella passata stagione il Napoli ha vissuto il percorso più esaltante in Champions League, schierando più o meno sempre la stessa formazione, i “titolarissimi” per puntare sulle certezze di un gruppo dove la differenza tra le certezze e le “riserve” era molto netta. Rog, Diawara, Verdi, Ounas sono stati ceduti a club di livello inferiore al Napoli e nessuno finora è riuscito a conquistare la scena, Albiol e Hamsik hanno avuto un ruolo determinante nella storia del Napoli ma erano in fase decadente. Più che di transizione, è stata l’annata della costruzione del Napoli conforme alle idee di Ancelotti, lo dimostra il profilo degli acquisti portati a casa. Di Lorenzo è un terzino rapido, di gamba, abile tecnicamente, con capacità di spinta ma anche qualità difensive, Manolas il centrale che ha un ruolo-chiave nella svolta, i suoi movimenti a “rompere la linea” delineano il Napoli più intenso e aggressivo che vuole Ancelotti, Elmas ha l’identikit del centrocampista completo, che sa un fare un po’ tutto, Lozano il giocatore di squilibrio con l’attacco alla profondità e Llorente il bomber che può addirittura completare Milik.

Ancelotti ha a disposizione la rosa più forte della storia del Napoli dopo quella degli anni magici di Maradona e così può considerare il turn-over non un obbligo per “arrivare alla spiaggia” ma uno strumento anche per variare filosofia di gioco in relazione all’avversario.

Lecce-Napoli è la copertina di questo percorso, la formazione nasce dallo studio delle caratteristiche della formazione di Liverani che fa molta densità per le vie centrali sia nella pressione alta che quando stringe la linea difensiva in fase di non possesso. Malcuit e Ghoulam non hanno semplicemente fatto rifiatare Di Lorenzo e Mario Rui ma si sono proposti come profili adatti per occupare la metà campo avversaria, Elmas supportava Zielinski nel recupero palla e, schierato sul centro-sinistra, aveva costantemente linee di passaggio a disposizione grazie ai movimenti di Insigne. Zielinski ha la sensibilità a non limitarsi solo al corto, a tentare l’intuizione come nell’azione del gol di Llorente che sblocca la partita, Fabian a destra non serve solo a far rifiatare Callejon ma a farlo nel momento più opportuno, in una partita dove, muovendosi dentro al campo, può liberare spazio per l’avanzata di Malcuit e impegnare gli avversari nelle zone centrali, favorendo così Milik e Llorente. Il gol più importante, quello che sblocca e cambia la partita, è il manifesto del piano-partita di Ancelotti. Milik-Llorente poi è una soluzione nuova che il Napoli non ha mai avuto, una risorsa importante per una squadra che l’anno scorso ha avuto difficoltà nel riempire con efficacia l’area di rigore. I numeri testimoniano la forza della varietà della fase offensiva del Napoli che ha il miglior attacco del campionato con 13 gol. 15 le reti complessive, una cifra che impone nuovamente la regola dei tre gol a partita di media, un “refrain” dei tempi più belli dell’era Sarri. Solo il Napoli dello scudetto sfiorato aveva vissuto un inizio stagione più prolifico con 15 gol in campionato e 16 complessivi, è un indizio che deve alimentare fiducia in casa Napoli.

Ciro Troise

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