Difficile, quasi impossibile, commentare un match del genere senza lasciarsi trasportare da parole colme d’ira. Si dovrebbe parlare di calcio, anche se di calcio vero e proprio in questa semifinale di ritorno se ne è visto poco. Un solo vero tiro in porta, ad inizio match, con Higuaìn, vera croce della doppia sfida contro il Dnipro. Sbagliato additare le ragioni di una sconfitta ad un solo uomo, ma quattro occasioni nitide da goal di cui nessuna realizzata sono una colpa troppo grande per essere nascosta sotto il tappeto. In generale è la squadra ad aver deluso, dal tecnico ai giocatori, persino la società, assente ingiustificata nella sua massima rappresentazione, De Laurentiis doveva seguire la squadra allo stadio in un match importante come questo. Tornando a parlare di campo, l’occasione fallita da Higuaìn dà un cambio di direzione sul piano emotivo alla squadra. Cominciare con un goal avrebbe dato un segnale importante a tutto l’ambiente infernale di Kiev, invece l’errore spegne quello che doveva essere il faro degli azzurri in terra ucraina. Il Pipita sbaglia tutto, mollando con troppa facilità la morsa sulla sua partita. Sorpresa nelle scelte iniziali, Benitez lascia in panchina Hamsik preferendogli Gabbiadini. L’obiettivo è quello di affiancare una punta al Pipita, troppo spesso isolato nel match d’andata, sbloccando la gara ed inserendo il capitano nella ripresa per sfruttare la sua abilità negli spazi. I piani del tecnico spagnolo però falliscono, i due calciatori non riescono mai a trovarsi e vengono sopraffatti dai difensori ucraini. Hamsik trova spazio nella ripresa, nel momento però più complicato per gli azzurri. Perché il Dnipro riesce addirittura a portarsi in vantaggio, 3 minuti dopo l’ingresso dello slovacco e allora di spazi se ne vedono pochi, anche meno rispetto al primo tempo. Ancora una volta Seleznyov, di nuovo in maniera irregolare commettendo fallo su Britos. Nonostante tutto però la rete era evitabilissima, Andujar accenna all’uscita restando a metà del guado, errore grave che permette al centravanti del Dnipro di beffare il portiere argentino con un pallonetto. Benitez lancia in campo anche Mertens al posto di Insigne. La vivacità del belga crea qualche difficoltà sull’out destro degli ucraini ma manca l’incisività negli ultimi metri per poter segnare un goal che varrebbe i supplementari. E’ sul finale di gara che prende maggior peso una decisione che si è rivelata poi poco azzeccata, ovvero la scelta di non portare Zapata in panchina. Nei minuti finali, con il campo pesante a causa della pioggia e la difficoltà a crear gioco anche grazie alle abilità in fase difensiva del Dnipro, avere una torre che potesse reggere fisicamente il confronto contro i difensori di casa poteva esser utile per generare situazioni pericolose in area di rigore, anche perché palloni al centro ne arrivano, di deviazioni vincenti degli attaccanti però neanche l’ombra. Benitez prova ad arrangiarsi, inserendo Henrique per David Lopez negli istanti finali. Squadra schierata con il 3-4-3, come ad Empoli, con Inler ed Hamsik in mezzo, Maggio nella vecchia posizione di tornante destro a tutto campo, Ghoulam a sinistra, tridente offensivo con Mertens, Callejon e Higuaìn. Il problema però è che anche il finale è lo stesso di Empoli. Il Napoli perde e dice addio all’Europa League. Il rammarico resta perché la sensazione che non si sia fatto tutto il possibile per avere la meglio di un modesto Dnipro (che avrà anche grande organizzazione difensiva ma a livello di qualità degli uomini, fatta eccezione per qualche individualità, come Konoplyanka, ha mostrato le sue lacune) è forte, così come la delusione di essersi fermati ad un passo dalla storia, inciampando su un gradino che troppi avevano fatto finta di non vedere, con arroganza e superficialità.
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