Una vittoria al 93’ con un tocco freddo e rapace di Higuaìn, che approfitta di un buco imbarazzante di Ranocchia: è il copione di una partita che ha tardato ad essere scritto, perché il difensore nerazzurro ci ha provato più di una volta a dare una mano al Pipita, cercando di imitare il più possibile il disastro di Cesar in Chievo-Napoli di pochi giorni fa. E come contro il Chievo di Maran, il Napoli ha sprecato diversi regali, di Mancini e dei suoi, prima di capitalizzare. E come contro il Chievo, Benitez è sembrato orientato a mantenere questo “profilo basso”, ovvero una squadra ben raccolta in fase di non possesso per pungere in verticale e in profondità, con accelerazioni in ripartenza. Qualcosa che ricorda più Mazzarri che il tecnico spagnolo, ma l’ex coach del Liverpool ha imparato a fare di necessità virtù e ha capito che ormai è indispensabile adeguarsi ai limiti tecnici della sua difesa. E sì, perché stavolta non Albiol, bensì Britos e Lopez davanti a lui se le sono concesse un paio di papere, per fortuna senza conseguenze.
Se il Napoli è sceso in campo senza grosse sorprese sulle formazioni annunciate, Mancini ha stupito lanciando subito Santon (che ha provato un paio di volte a ricalcare le orme di Ranocchia) e preferendo Puscas a nomi più altisonanti in attacco. Ranocchia su Higuaìn è stata la chiave negativa, soprattutto, però, per gli errori tecnici del ragazzo, a tratti sconcertante. Ma la scelta tattica meno convincente è stata quella di tornare a puntare su Icardi, ovvero una punta centrale poco disposta al movimento, proprio contro quel Napoli che, nel 2-0 incassato a San Siro, era stato messo in crisi profonda dal “falso nove” rossonero Menez, quando gli spostamenti e i rientri del francese avevano mandato in confusione Albiol e Koulibaly. A proposito del difensore azzurro: l’unico esperimento di Benitez è stato quello di schierarlo terzino destro, un tentativo riuscito a metà, perché Kalidou si è mosso con vigore e applicazione, ma è sembrato inizialmente un po’ spaesato in un ruolo non suo.
Il Napoli, dunque, ha confermato la tattica della prudenza, arretrando il baricentro in non possesso e chiudendo molto gli spazi, cercando poi la profondità e la velocità in contropiede ed evitando invece la manovra lenta a centrocampo. Si sono visti subito i risultati con i movimenti di un ispirato Higuaìn, che però nei primi dieci minuti e al 32’ ha fallito tre ottime occasioni. Bene Hamsik come rifinitore e libero di svariare, un po’ fuori dal gioco De Guzman, nel primo tempo, troppo fermo sulla sinistra. A destra Callejon ha difeso bene, mostrando la differenza di ruolo con Gabbiadini, forse più utile contro le squadre piccole o quando c’è da attaccare. Strinic continua a non demeritare, è disciplinato e ha fisico, mentre Gargano è stato il solito colosso, perfetto in tutto, probabilmente il migliore a dispetto dell’ostilità della Curva B.
L’Inter, in tutta la gara, ha tirato in porta quasi solo da fuori area (compreso il palo di Icardi), e non ha nemmeno prevalso nel possesso, nonostante la tattica del Napoli. La squadra azzurra, dal canto suo, ha perso troppe palle sulla propria tre quarti, e fallito troppe chance negli ultimi metri, fra passaggi e tiri sbagliati. I ritmi sono stati più alti che in Roma-Fiorentina, e l’agonismo è sembrato talvolta eccessivo da parte dell’Inter, che ha collezionato cartellini gialli. Si è giocato molto da una porta all’altra, le squadre si sono accorciate e allungate a fisarmonica, ma l’orchestra in questo senso l’ha diretta il Napoli, che ha dimostrato di avere più disciplina, soprattutto nella disponibilità al sacrificio e all’ordine. L’unico tiro interista dall’interno dell’area è stato di Puscas (bel riflesso di Andujar), a testimonianza della cura difensiva su cui ha lavorato Benitez, che sembra aver rinunciato a cambiare la mentalità del calcio italiano ed essersi rassegnato al senso pratico. Nel finale il Napoli è cresciuto e ha schiacciato gli ospiti, e i cambi dell’allenatore azzurro hanno svelato una certa volontà di chiudere i conti prima dei supplementari, rischiando un po’ con Mertens e Gabbiadini, poco adatti a difendere. Tanto che anche al momento della sostituzione di De Guzman, pare che Benitez preferisse gettare in mischia anche Zapata. E alla fine è stato premiato: da Ranocchia.
Lorenzo Licciardi
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