Nel linguaggio della politica si chiama compromesso al rialzo, che risponde all’idea che mediando tra due parti si possa produrre un’intesa che abbia l’ambizione di migliorare la vita della collettività. La politica è l’arte del compromesso, un concetto che può essere prezioso anche per la gestione di un’azienda complessa come il Napoli.
Il totalitarismo appiattisce, spegne la ricerca del dialogo, delle idee. Che c’azzecca col Napoli? Avrebbe detto Di Pietro.
In casa Napoli è accaduta in pieno agosto una situazione prevedibile. De Laurentiis, chiuso nell’angolo dai disastri della scorsa stagione, ha ammesso le sue responsabilità nella gestione del post scudetto nei fatti ed è andato avanti per la sua strada, scegliendo il fuoco dentro della sua lucida follia, quella che nel 2013 portò a Napoli Gonzalo Higuain, uno dei centravanti più forti della storia del Napoli preso dal Real Madrid (ed aveva soltanto 26 anni, non a fine carriera). Ha scelto Conte, gli ha affidato il Napoli con Manna (direttore sportivo amico), ha accettato uno staff ampio e ha optato per una gestione all’inglese, con l’allenatore manager che decide chi resta e chi va via. Conte è sceso in campo per Di Lorenzo, ha indicato la strada per tenere Kvaratskhelia e De Laurentiis ha abbandonato le sue prime reazioni dopo l’annata fallimentare quando immaginava un remunerativo “repulisti”, ha convinto Buongiorno, condiviso gli arrivi di Spinazzola e Rafa Marin.
Il Napoli, però, non è il Manchester City. De Laurentiis deve mettere a disposizione di Conte una squadra funzionale ai suoi principi di gioco, accelerare sul mercato anche a costo di fare dei sacrifici ma l’allenatore non deve dimenticare la dimensione del Napoli. I successi del club di De Laurentiis, florido e ben saldo, non sono mai passati per la rincorsa agli acquisti ma per la strada complessa e paziente del lavoro. La vicenda Folorunsho lascia un po’ spiazzati, per Conte il cambiamento di pensiero è stato brusco: da potenziale centrocampista di grande livello mentre era agli Europei a profilo non adatto, da mettere sul mercato dopo pochi giorni d’allenamento a Castel Di Sangro.
Mettere un giocatore ai margini significa non aiutare il Napoli a dargli il giusto valore sul mercato, è accaduto con Osimhen, Folorunsho e Mario Rui. Perché Victor, che indossa ancora la maglia azzurra, non gioca mentre le trattative fanno il loro corso? A 18 giorni dalla fine del mercato, qualche spiraglio in più si apre. È saltato il trasferimento di Omorodion, potrebbe riaprirsi anche l’opzione Chelsea per Osimhen in un discorso più ampio che coinvolge anche Lukaku. Il Napoli vuole prendere Big Rom senza attendere più la partenza di Osimhen, ha fretta e la partita contro il Modena ha testimoniato delle esigenze.
I drammi per il pareggio di sabato sera sono eccessivi, il Napoli ha pagato le gambe imballate per i carichi di lavoro mentre il calore di Fuorigrotta spegneva le energie della squadra che aveva il compito di fare la partita, trovare le chiavi per aprire il bunker costruito da Bisoli con la linea difensiva molto bassa, ad altezza del dischetto del rigore.
Non si può ridurre, però, la diagnosi solo all’aspetto atletico che ha tolto tanto al Napoli nella riaggressione, nella tenuta delle distanze come dimostrano le due ripartenze pericolose concesse al Modena nel primo tempo.
Nello sviluppo del gioco qualche problema c’è, il giochino delle combinazioni nello stretto con Raspadori non ha mai funzionato e così il pendolo offensivo si è spostato solo su Politano e Kvaratskhelia. Se si gioca con un centravanti di manovra come Jack, è fondamentale che gli altri accompagnino l’azione e riempano l’area di rigore, anche i centrocampisti.
Anguissa e Lobotka non hanno mai brillato in questo compito, recuperare Folorunsho potrebbe fornire questo supporto tattico e tra i nuovi acquisti Brescianini almeno ha le caratteristiche dell’inserimento senza palla e dell’attitudine per la ricerca del gol. L’idea di sovraccaricare lo sviluppo a destra per liberare la catena di sinistra ha bisogno di uno Spinazzola più pimpante, che attacchi con maggiore brillantezza il binario sulla sua corsia.
Neres può dare imprevedibilità tra le linee, una soluzione in più nel calcio dei cinque cambi in cui la pluralità delle idee a livello offensivo fa la differenza.
Il Napoli faccia presto a completare l’organico ma Conte non dimentichi dove è venuto con grande entusiasmo. Per tornare in alto, il Napoli ha bisogno dell’Antonio Conte artigiano, che punti su una storica qualità: migliorare il materiale umano a disposizione. La vita è un viaggio in cui ogni tanto conviene tornare indietro per spingere in avanti. Ripensi al percorso, al Conte di Bari, Arezzo, della prima Juventus, della Nazionale e così al Napoli potrà fare grandi cose.
Ciro Troise
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