Al richiamo dell’Inghilterra non ha saputo resistere. Qui Gianfranco Zola da giocatore è riuscito a consacrarsi a livello internazionale, qui vuole proseguire la sua carriera di allenatore, per raccontare ancora il suo calcio, per portare un po’ di fantasia e coraggio in un football che non sempre, spiega, ha il coraggio di cambiare. Eppure ce n’è bisogno, perché chi non cambia «resta indietro come il calcio italiano». A Watford spera di centrare in due anni la promozione in Premier League, è l’obiettivo dei Pozzo che in estate hanno rilevato il club (e sono tre, con Udinese e Granada). Qui, a due passi da Londra, Zola culla un nuovo sogno ma non dimentica l’Italia. A cui chiede solo di osare, anche con i giovani. Con Insigne, suo successore ideale dopo Lavezzi sulle orme di Maradona. O come Giuseppe Rossi, l’affare da non lasciarsi sfuggire.
Gianfranco Zola, il suo calcio cuore e fantasia è nato a Napoli. Perché?
«Perché lì ho trovato giocatori come Maradona, ovviamente, ma anche Careca, Alemao, Carnevale. Tutti calciatori fantastici. Stare accanto a loro sicuramente mi avrebbe dato la possibilità di diventare un buon calciatore, ma c’è dell’altro: con loro la mia visione del calcio si è ampliata».
A Napoli è stato il primo “dieci” a raccogliere l’eredità di Maradona. Come si cammina sulle orme della storia?
«Raccogliere l’eredità di Diego non è mai stato un problema, perché io la cosa l’ho sempre vissuta come uno stimolo, una spinta ulteriore per ottenere il successo. Non ho mai pensato di fare quello che ha fatto Diego, semplicemente perché era impossibile ripetere il suo cammino, lui era la storia del calcio. Ho solo pensato ad essere me stesso, a migliorare ogni giorno in allenamento. Non mi sono mai fatto condizionare da questa responsabilità e questo mi ha permesso di fare bene in azzurro. Devo dire che è stato fondamentale anche l’aiuto ricevuto, sia dai giocatori di quel Napoli che dai tifosi».
Poi al San Paolo è arrivato il Pocho, argentino come Diego e capace di infiammare i tifosi. Le piace Lavezzi? Condivide la scelta di lasciare Napoli e l’Italia per il Psg e un campionato come quello francese? «Lavezzi mi piace, è un ottimo giocatore, anche se non credo che sia l’erede di Maradona, pur essendo, ripeto, un gran bell’attaccante. Sul fatto di condividere o meno la scelta, non mi pronuncio, ognuno valuta a modo suo certe scelte professionali. In realtà, la considerazione da fare non è se sia giusto andare in Francia, ma un’altra».
Quale?
«Bisogna partire dal presupposto che il calcio è sempre più condizionato dalle risorse economiche. Il Psg ha soldi da spendere e può permettersi di comprare Lavezzi, che così va «Lavezzi? Ottimo attaccante, credo che poter giocare la Champions abbia dettato la sua scelta»a giocare nel campionato francese ma disputando anche la Champions. Oggi la differenza vera non la fa il fatto di giocare in Italia piuttosto che in Spagna, quanto la possibilità di giocare la Champions, il torneo più importante: è il vero punto di riferimento, a differenza dei campionati “domestici”, è questo ad attirare i grandi giocatori».
C’è la Champions, ma anche l’Europa League, sempre più vetrina per Insigne, che ha raccolto il testimone da Lavezzi: cosa può dare al Napoli?
«Lorenzo mi piace, l’ho seguito molto a Pescara, è una grande promessa dalle enormi potenzialità. Dipende tutto da lui: bisogna riconoscergli i meriti ma senza schiacciarlo troppo. Insomma, va gestito come la società e la città hanno fatto con me, senza troppe pressioni. Lui può essere un punto di riferimento a Napoli».
Al Watford vive una stagione di transizione, ma il progetto dei Pozzo è ambizioso: dopo Italia e Spagna, eccoli in Inghilterra. Cosa pensa di questo nuovo modello di “rete” calcistica?
«La famiglia Pozzo ha realizzato negli anni una forma di gestione delle società di calcio che funziona. L’ha proposta in Spagna e le cose sono andate molto bene. E’ una strategia intelligente, un buon modo di fare calcio: giusto riproporlo qui in Inghilterra, se fatto bene, il football può essere una buona forma di investimento. Il progetto mi convince, è l’ideale anche per la mia crescita professionale».
E’ sempre un estimatore di Di Natale?
«Era già bravissimo in fase realizzativa e nell’aiutare la costruzione del gioco, ora sta diventando ancora più micidiale. Sì, può essere un mio erede».
Sposando il progetto dei Pozzo ha rinviato ancora una volta l’appuntamento con una panchina italiana. In estate sembrava vicino alla Lazio, poi…
«E’ un argomento di cui non parlo volentieri, le cose sono andate un po’ così, sono contento che le cose ora vadano bene per la Lazio con Petkovic come per me. Su un ritorno in Italia non saprei dire: per ora questa avventura al Watford mi assorbe totalmente. E il mio futuro dipende molto da quanto riuscirò a dimostrare con questa squadra».
Il campionato italiano si è impoverito? La sorprende vedere la Juve, imbattibile in Serie A, così in difficoltà in Champions?
«Il nostro calcio si sta impoverendo, perde tanti campioni che davano lustro al torneo ed erano anche d’esempio per i giovani. Penso a Ibrahimovic, Thiago Silva, Lavezzi. Rispetto a Premier, Liga e Bundesliga siamo indietro, nel resto d’Europa c’è più qualità e si gioca a ritmi più alti. E’ normale, così, che la Juve in Champions incontri delle difficoltà: il nostro campionato non è competitivo come quello inglese e non ti “allena” per le coppe. Negli anni Novanta era diverso: il nostro era forse il torneo più bello al mondo e le italiane in Europa vincevano o almeno arrivavano in finale».
C’è un giovane italiano sul quale farebbe un investimento di mercato?
«Io prenderei Giuseppe Rossi. Ha grandi potenzialità tecniche e oltretutto è anche un affare dal punto di vista economico: viene da un infortunio e credo che oggi con una decina di milioni di euro lo si possa comprare…».
Fonte: Il Corriere dello Sport
La Redazione
M.V.
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