Il noto regista napoletano Francesco Lettieri ha risposto sui suoi profili social alle polemiche scaturite dopo l’uscita del suo ultimo film “Ultras” su Netflix:
“Oggi purtroppo mi ritrovo a fare una cosa che non avrei mai voluto fare. Mi sento però obbligato dalla situazione a rispondere ad alcune critiche e accuse su cui avrei preferito tacere. Non parlo tanto di quelle degli ultras, quelle me le aspettavo e ci stanno, sebbene io mi sia mosso sempre nei limiti del rispetto e della correttezza: tutti i gruppi erano informati dell’esistenza del film e tutte le loro richieste sono state accolte, da quella di non inserire loghi, bandiere e slogan dei gruppi a quella di cambiare il titolo originale. Tutto quello che mi hanno chiesto, io l’ho fatto. Alcuni striscioni e murales comparsi poco prima dell’uscita del film mi hanno anche fatto sorridere per l’ironia. Altri, quelli più personali e volgari, li ho trovati irrispettosi e offensivi. Ma anche quello ci sta. Le accuse di cui parlo non sono neanche quelle secondo cui il mio film infangherebbe l’immagine di Napoli e dei napoletani. Ho la sensazione che la maggior parte delle persone che sostiene questa tesi il mio film non l’abbia nemmeno visto. La Napoli di Ultras non è mai degradata, c’è sempre il mare, i vicoli del centro sono pieni di turisti, Sandro, il protagonista, vive a Pozzuoli, in un quartiere che sembra un paesino, anche la periferia di Angelo non è malfamata e Monterusciello sembra una periferia parigina. Nel film non c’è uno spacciatore, non c’è una pistola, non c’è un furto. C’è la violenza, sì, ma ci sono anche l’amore e l’ironia, c’è l’umanità. In questi giorni ho ricevuto centinaia di messaggi di persone che dall’Italia e dall’estero mi hanno scritto dicendo di voler visitare Napoli. Smettiamola di autoflagellarci e di avere sempre paura del giudizio degli altri. Smettiamola di pensare che le persone esprimano un giudizio definitivo su una città e su una cultura sulla base di un film. Sono anni che Napoli è rappresentata da Gomorra e la città è piena di turisti da tutto il mondo. Quelle di cui parlo, e che trovo dolorose e insensate, sono le accuse secondo cui il mio film farebbe riferimento a Ciro Esposito, un ragazzo che non c’è più. Mi trema la mano solo a scriverlo il suo nome, perché le persone che non ci sono più dovrebbero essere lasciate in pace. Ma sono costretto a rispondere a chi scomoda la memoria di un morto per attaccarmi. Ancor prima che cominciassero le riprese girava voce a Napoli che qualcuno stava girando un film sulla storia di Ciro. A un certo punto mi ero perfino convinto che qualcun altro stesse girando un film sugli ultras, ma poi ho scoperto che il film di cui si parlava era il mio. La sinossi del film, inviata a qualche attore per i provini, si era trasformata nel passaparola ed era diventata quella di un documentario sulla morte di Ciro. Prima dell’uscita, poi, il film è stato inviato ai giornali nazionali e locali. Più di ottanta giornalisti hanno ricevuto e visto il film e nessuno di loro ha avuto osservazioni in merito, tranne un unico caso che ha trovato che il film contenesse invece un riferimento esplicito alla storia di Ciro. Nonostante io abbia risposto personalmente nel merito, la penna in questione ha mobilitato mezza Napoli, persino alcune frange della curva, blog e siti locali, creando un piccolo vortice di rabbia e odio prima ancora che il film uscisse. Dopo il 20 marzo, qualcuno ha avuto la lucidità di fare dietrofront e rendersi conto che il personaggio di Sasà (un ragazzo morto in passato negli scontri) che nel film non compare mai se non su un murales in due inquadrature, rappresenta il martire ultras, quello che ogni tifoseria commemora. A Napoli abbiamo Ciro e Sergio, la Lazio ha Gabriele. Ogni tifoseria, dalla serie A all’eccellenza ha il suo morto innocente e il Sasà di Ultras rappresenta genericamente tutti ma nessuno in particolare. Purtroppo alcuni, spinti dal pregiudizio e dalla voglia di alimentare violenza e malintesi, hanno continuato a vedere quello che volevano. Mi dispiace perché ho lavorato tanto per fare un film sincero e corretto. Ma soprattutto mi dispiace per Ciro. Credo che la sua memoria, e la sua famiglia, meritino di non essere protagonisti di questo equivoco”.
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