Et voilà, per la panchina azzurra c’è Maurizio Sarri. Che cos’è: un colpo di teatro, un gioco di prestigio, una scelta convinta o magari una scommessa forte?
Caro Renzo Ulivieri, De Laurentiis l’ha sorpresa?
«Assolutamente no. E sa perché? Perché Sarri non è affatto una scommessa. No, Maurizio Sarri è l’uomo giusto. Una delle scelte migliori che potesse fare il presidente».
L’uomo giusto? Spieghi meglio.
«Oggi ci sono due categorie di allenatori: quelli di immagine, di copertina e quelli campo. Sarri è un “allenatore di campo” e sono questi gli allenatori che servono al calcio. Lavoratore, studioso, equilibrato, capace di dare ordine tattico e gioco alla propria squadra».
E i risultati?
«Quelli non arrivano dal nulla. Dipendono dal gioco che produci. E le squadre di Sarri ne producono di gioco!».
Vuol dire che il Napoli ha puntato sulla concretezza?
«De Laurentiis ha avuto la possibilità di scegliere tra tre o quattro allenatori e tutti, stando ai nomi che giravano di più, più o meno simili in quanto a caratteristiche e profili. Gente che sul campo ci sa fare. A volte si guarda giocare una squadra e si dice: si vede la mano dell’allenatore. Quello è il caso in cui un allenatore conta molto. La mano di Sarri, vedrete, si riconoscerà nel gioco degli azzurri».
Sarri è amico suo?
«Sì, siamo molto amici. Ma, giuro, l’amicizia non influenza il mio giudizio. E’ quello che penso».
Ci presenta Sarri allenatore?
«Lavoratore, gran studioso, capace di dare equilibrio alla sua squadra. Tatticamente, poi, sa correggere il disegno in base ai suoi uomini, agli avversari, alle esigenze della gara».
E invece, fuori campo che tipo è Sarri?
«E’ un uomo di grande simpatia e umanità. Qualità che però devi andare a scovare sotto quella sua scorza di riservatezza, di silenziosa ritrosia. Ma questo a Napoli lo scopriranno un po’ alla volta».
Come dite voi toscani: don Maurizio è un allenatore di mare o di terra?
«In verità dalle mie parti gli allenatori si dividono non in due, ma in tre categorie: di sabbia, di scoglio e di terra».
Le spieghiamo, visto che Sarri è nato, sì, a Napoli, ma a due anni se ne andò e da sempre si sente toscano?
«Dipende da dove sei nato o sei cresciuto. Facciamo degli esempi: Lippi è di Viareggio e per questo è un allenatore di sabbia. Chi, invece, è delle parti di Piombino o di Livorno è allenatore di scoglio e penso ad Allegri, a Mazzarri, ad Agroppi, a Sonetti».
E quelli di terra?
«Io sono un allenatore di terra. E anche Sarri lo è. Noi siamo allenatori contadini. Tutti, comunque, di solide basi».
Ma Sarri ha anche spalle larghe? Sa com’è, magari le attese, le esigenze, la fretta di Napoli non somigliano granché a quelle di Empoli. Chiaro il discorso?
«Ha spalle larghe. Garantisco io che ho avuto il piacere di vivere Napoli e allenare il Napoli».
Però, come dire, sorge spontanea una domanda: Se Sarri è così bravo perché alla ribalta del pallone ci è arrivato tardi?
«Perché è partito dal basso. Perché ha scalato ad uno ad uno i gradini della sua carriera. Una scuola lunga che gli è servita molto. Maurizio, infatti, oggi è un allenatore completo, sapiente, preparato, attento alla gestione del gruppo e, soprattutto, di grande misura ed equilibrio».
E quindi?
«Quindi sarebbe un errore giudicarlo dal curriculum ancora privo di grandi successi. No, Napoli dovrà giudicare Sarri soltanto in base a ciò che farà da oggi in poi. E io ho molta fiducia».
Senza troppi giri di parole, caro signor presidente degli allenatori: sarebbe un errore anche chiedere subito a Sarri qualcosa di importante?
«Dipende. Chiedere subito lavoro, impegno, gioco ed equilibrio in campo sarebbe più che giusto e con Sarri sarebbe come sfondare una porta aperta. Per ogni altra cosa ci vorrà, invece, il conforto d’altre cose. Nel calcio, infatti, nessuno può vincere da solo».
Ma secondo lei, perché Aurelio De Laurentiis dopo essersi interessato a dieci, venti allenatori ed aver parlato almeno con la metà di questi alla fine ha scelto proprio Sarri? Perché gli altri gli hanno detto no? Perché chissà che cosa pretendevano? O magari perché lui, pur avendo un passato da dirigente di banca ed esperto in finanza, non ha mai parlato di business plan, di stadio, di impianti vari, di stramilionari acquisti e magari anche del raddoppio della Salerno-Reggio?
«Questo non lo so. Ma mi piace pensare che Sarri sia stato scelto soltanto per quello che ha dimostrato di saper fare in campo. E anche che il presidente azzurro sentisse la necessità di affidare la squadra a un allenatore di campo. E di terra».
Un’ultima cosa: rispetto a quella europea, com’è messa la categoria dei nostri allenatori?
«Bene. Molto bene. Ne abbiamo avuto uno nella finale di Champions, un altro in semifinale e un altro ancora nelle semifinali di Europa League. Meglio di così!»
Fonte: Corriere dello Sport
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