Da Baku a Baku. Giovanni Trapattoni, tredici anni dopo, torna sul luogo in cui proprio lui fece debuttare un giovane Andrea Pirlo in Nazionale e lo fa da commentatore tecnico delle partite dell’Italia. Ecco quanto raccolto dai colleghi de la Gazzetta dello Sport: “Avevo cambiato modulo, ero passato al 4-3-1-2 e cercavo nuove soluzioni. Pirlo aveva personalità, tecnica, visione di gioco e soprattutto ne era consapevole. Sarebbe diventato presto un elemento cruciale della Nazionale. Sapeva sempre cosa fare quando riceveva palla, dava di prima, i compagni si appoggiavano a lui. Ci vuole uno che sappia dettare i tempi quando c’è da rifiatare. Con il dovuto rispetto, quello che mi faceva Platini nella Juve una ventina di metri più avanti. Verratti? Conte ha bisogno di equilibrio in mezzo, Verratti può dare dinamismo e filtro. Dire mezzala è riduttivo, è un centrocampista a tutto campo con ormai grande esperienza fatta nel Psg. Mi ricorda un po’ Tommasi. Stessa posizione, nella sua trequarti, dinamismo, verticalizzazioni, lontano dall’area avversaria. Oggi per esempio il primo regista è Buffon che apre agli esterni, Verratti può fare da appoggio, ma piuttosto si cerca la verticalizzazione, i corridoi in avanti. Rapporto Nazionale-club? A volte cominciano le pressioni delle società. Non mi riferisco a Insigne in particolare, ma al fatto che agli interessi “patriottici” non sempre corrispondono quelli dei club che stipendiano i giocatori. Mi ci sono trovato anch’io, c’era chi cercava di condizionare le rose perché magari al rientro aveva una partita scudetto. Comunque io ho imposto le visite fiscali ai giocatori a Coverciano. Era il nostro medico a decidere, non i club”.
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