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Taglialatela: “Napoli, adesso sei una grande”

Undici aprile del 1998. Parma-Napoli. Ne sono passati di palloni sotto i ponti, ma belle o brutte che siano, ci sono date e partite che non ti puoi scordare. Infatti, Pino Taglialatela, che a quel tempo si chiamava Batman, le sensazioni di quel giorno se le porta ancora dentro. Brividi e ricordi che tornano a galla ogni volta che quella sfida si ripete.

Ne vogliamo parlare signor Batman?
«Non è meglio parlare del Napoli di oggi? Dei successi. Di Cavani e Cannavaro. Di Insigne. Ecco, parliamo di Insigne».

Certo che ne parliamo. Intanto, però, partiamo da lontano. Dal quel ’98, anno in cui mentre Insigne era in seconda elementare lei e il suo Napoli le prendevate a Parma.
«Il ricordo peggiore che ho della mia vita da portiere. Io, da sempre tifoso del Napoli; io, abituato a vedere il Napoli farsi valere in A, protagonista di una retrocessione in serie B».

Vada avanti. Dica tutto. Anche ciò che s’è tenuto dentro per quasi quindici anni.
«Una delle peggiori stagioni della storia azzurra. Cominciammo male e fu esonerato Mutti. Arrivò Mazzone e scappò via dopo quattro sconfitte. Poi venne Galeone ma non andò meglio manco a lui. Alla fine fummo affidati a Enzo Montefusco: il medico di famiglia. Ma praticamente eravamo già spacciati. Sì, quell’anno tutto andò al contrario in campo e fuori. Un vero disastro».

Arriviamo al match col Parma.
«Fu quello che aritmeticamente ci condannò alla B. Perdemmo per tre a uno. Non me ne vergogno: cominciai a piangere prima che finisse la partita e piangevo ancora quando lasciai il Tardini. Col Parma c’era Fabio Cannavaro. Quella partita lui non la giocò e non ho mai capito se riposò in vista della coppa Uefa oppure se, napoletano e tifoso azzurro come me, non volle partecipare al nostro sacrificio; cert’è, sul prato, a fine gara, mi abbracciò e pianse assieme a me».

E dopo, nello spogliatoio?
«Venne a consolarmi Buffon. Ma in verità tutti quelli del Parma vennero da noi. Che brutta giornata! Ma ora basta. Parliamo del Napoli di oggi».

Parliamo della prossima partita: Napoli-Parma, appunto.
«Beh, ora è tutt’altra cosa. Intendiamoci: a me il Parma piace, credo sia una buona squadra, anche ben messa in campo, ma con gli azzurri non c’è corsa. Per valore dei singoli e anche per il gioco che sa esprimere, il Napoli è decisamente superiore. E’ più forte. E non bastasse, torna pure Pandev».

Quindi?
«Semplice: mi aspetto che vinciamo anche stavolta».

Già, vincere. E’ quello che vuol fare anche Donadoni. L’ha detto chiaro e tondo.
«Giusto che sia così. Ma se il Parma ha Donadoni, uno che stimo molto, noi abbiamo Mazzarri, uno che non molla mai, che non lascia nulla al caso e che mi sarebbe piaciuto avere come allenatore. Perché? Perché riesce a sposare principi antichi del gioco del calcio con la modernità di certe soluzioni. Soluzioni tattiche, intendo. E poi, come nessun altro sa valorizzare i calciatori, quelli bravi e quelli meno bravi». 

Faccia un esempio.
«Cavani. Sì, proprio Cavani. E’ forse lo stesso giocatore di Palermo. In Sicilia sbagliava gol incredibili, due anni dopo è tra i più forti centravanti al mondo?»

Mazzarri più bravo anche di Conte che ha vinto l’ultimo scudetto?
«Entrambi hanno caratteri forti e lavorano tantissimo sul campo. Ma rispetto ai risultati e al gioco delle squadre i meriti di Mazzarri sono superiori. La percentuale? La crescita del Napoli appartiene a lui almeno per il sessanta, settanta per cento. Non so se Conte riesce ad incidere sulla Juve allo stesso modo».

Forse Mazzarri? Come dire: è un po’ più “orso”.
«Lo so, molti dicono che abbia un caratteraccio. Che sia antipatico, insomma. Ma io non ci credo. A me sta simpatico. E poi, fosse anche il più intrattabile degli uomini, a me tocca giudicarlo per il lavoro e per i risultati. E se è così, può essere antipatico Mazzarri?»

Uno sicuramente simpatico è Lorenzinho Insigne.
«Simpatico, certo, ma soprattutto bravo. Che piacere vederlo anche con la maglia azzurra della Nazionale. Spero che il Napoli lo aiuti a conservare la fiducia di Prandelli».

Che vuol dire?
«Un giorno, quando ero io il portiere azzurro, mi chiamò Sacchi, allora ct della Nazionale, e mi disse che aveva pensato a me come terzo portiere dell’Italia. Ma mi disse anche che il Napoli non giocava in Europa e che quindi mi mancava una adeguata esperienza internazionale. E così, da probabile terzo portiere diventai subito quarto. Capito? Al di là del tuo talento, e Insigne ne ha da vendere, se hai una squadra che va forte e ti aiuta a crescere diventa tutto meno complicato. Come ai tempi di Maradona, quando in Nazionale giocavano tanti napoletani».

Il suo amico Cannavaro, invece, è rimasto fuori anche stavolta.
«Ecco, questa non l’ho capita proprio. Prandelli ha sempre detto: non lo convoco perché gioco a quattro in difesa e il Napoli, invece, gioca a tre. Però, quando ha giocato a tre neppure l’ha chiamato. E allora come stanno le cose veramente? Eppure, e non da oggi, Paolo Cannavaro è uno dei difensori più forti e più affidabili del nostro campionato».

Ecco, torniamo al campionato. Per lo scudetto sarà davvero lotta a due?
«Non lo so. Non so se questa stagione si consumerà in un testa a testa tra il Napoli e la Juve. So, però, che il Napoli sta lì: in lotta anche per il primo posto e di sicuro per un’altra qualificazione alla Champions League».

Che fa, non si sbilancia signor Batman?
«Capitemi. Sono napoletano e un pizzico di scaramanzia è quello che ci vuole». 

Fonte: Corriere dello Sport

La Redazione

A.S.

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