A 74 anni, gli ultimi 17 lontano dal calcio, la cortesia è rimasta quella di sempre, come i suoi sigari e la passione per musica classica. Rino Marchesi è un uomo che negli anni ’80 ha vissuto da allenatore del Napoli diversi cicli vincenti. Ma anche momenti assai bui. «Ma dalle fasi nere come si entra così si esce. E credo che il Napoli sia pronto a riscattarsi. Magari con l’aiuto del suo incredibile pubblico».
Marchesi, come si resta freddi dinnanzi alle critiche?
«Bisogna continuare a lavorare: il Napoli sta vivendo un momento difficile ma ha tutte le qualità per rialzarsi».
C’è ancora tempo per centrare il terzo posto?
«La classifica è corta, non mi sembra che tra le squadre in lotta per la Champions ce ne sia una che vada al massimo. Tutte vivono fasi di alti e bassi. Come la Roma e l’Inter, per esempio».
Conosce Napoli, dopo tre sconfitte regna lo scetticismo.
«Il Napoli è la squadra meglio attrezzata per poter vincere questa volata. Ha giocatori che a me piacciono molto, come Lavezzi e Cavani. Deve ritrovare fiducia ed entusiasmo».
Possibile che l’eliminazione in Champions abbia così condizionato?
«Certo che lo è. I calciatori sono dei ragazzi molto sensibili. Ma è difficile decifrare le situazioni da dentro, figuriamoci da fuori. Di sicuro è intervenuta anche la sfortuna, perché col Chelsea, tenendo conto delle due partite, gli azzurri meritavano di passare il turno».
C’è anche la finale di Coppa Italia. Previsioni?
«Cinquanta e cinquanta tra Napoli e Juve. Anche se io non baratterei mai questo trofeo con il terzo posto. Centrare la Champions cambia i destini di una stagione: ci sono in palio, soldi, prestigio, un palcoscenico internazione».
Il Napoli le è rimasto nel cuore?
«Ho vissuto esperienze uniche in quella squadra. Non posso dimenticare quella del quasi scudetto costruita sulla regia difensiva di Krol, su Castellini, Damiani, Musella».
Ha allenato anche Inter e Juventus. Poi dal 1994 è sparito. Come mai?
«Ho capito tardi che nel mio mondo contavano di più i procuratori e le pubbliche relazioni che la serietà in campo. Quando poi l’ho capito, era troppo tardi».
Farebbe partire uno come Lavezzi?
«L’argentino è un giocatore importante e molto bravo. È anche uno che fa immenso piacere vedere giocare. Ma una domanda: se oggi fossero sul mercato, che prezzo avrebbero Rivera e Maradona?».
Lei è stato il primo allenatore del Pibe a Napoli.
«Ogni tanto, tramite Bagni, mi scambio ancora saluti e ricordi. In allenamento ti faceva venire i brividi, si allenava più degli altri e spesso ero costretto a mandarlo via dal campo».
La più grande gioia della sua carriera?
«Forse la salvezza a Napoli nel 1983, la seconda volta che ci sono tornato dopo la stagione all’Inter. Venni chiamato a febbraio per sostituire Santin. La squadra era un po’ allo sbando e nessuno ci credeva più. Trovai Krol fuori squadra, messo da parte. Gli parlai: la domenica gli diedi la fascia da capitano. Quella salvezza è stata determinante per il futuro: l’anno dopo è arrivato Maradona».
Fonte: Il Mattino
La Redazione
P.S.
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