Freddo sì. E anche lucido. Ma solo davanti alla porta. Per far gol. Poi pure lui è umano. E i sentimenti sono peggio di uno stopper che ti entra duro. Entrando a La Ciudad del Fùtbol, le gambe tremavano anche a lui. Un po’ come quando debuttò al Bernabeu. E quella sera al battesimo col San Paolo. La prima volta non si scorda mai. E’ così. E’ un tumulto interiore e la felicità è una stretta al cuore che mozza il fiato. Josè Maria Callejon s’è fatto accompagnare. Timido e felice. Una scorta di affetti veri. Tutti con lui per la convocazione più attesa e, in fondo, pure la più annunciata. Benitez l’aveva di fatto “benedetto” a Del Bosque. «E’ pronto, hai ragione. E’ da nazionale». Nessuna sorpresa insomma. Eppure che agitazione. E che battiti: più accelerati di certe folate sulla fascia. Meglio farsi coraggio insomma. Calletì s’è portato dietro la compagna Marta, le due bambine e anche il procuratore, Quillon. Tutti con lui. Tutti per lui. La Spagna s’è mobilitata per convincere il Ct. Ventotto gol in poco più di un anno una cifra pazzesca. Qualche parola buona l’avranno spesa anche i madridisti, gli ex compagni, quelli ch’erano lì all’ingresso per stendergli il tappeto «rojo». Per dargli il benvenuto. Casillas e Segio Ramos come hostess lì ad accoglierlo. Bandiere fiere di una Spagna calcisticamente a mezz’asta dopo gli stenti in Brasile. Doveva rifondare la Roja. O almeno rigenerare l’entusiasmo. E Callejon ne ha come nessuno. Così tanto che quasi gli mette paura. «Sono davvero felice. Ma anche un po’ nervoso. E’ una possibilità che ho aspettato con ansia. Voglio godermela tutta. Ci pensavo spesso e finalmente eccomi qua». Meritata. Dovuta. Gol, assist, fatica e un’applicazione tattica straordinaria. I numeri raccontano tutto. Il 7 che fu di Cavani eredità e investitura da bomber. Segna da centravanti, è lui il «pichichi» del campionato. Callejon la furia azzurra e ora anche rossa. S’è raccomandato da solo, coi gol, le giocate e i chilometri fatti su e giù per il campo. Del Bosque neppure lo conosceva di persona. Non si erano mai incontrati. L’ha atteso anche lui all’entrata: una stretta di mano e uno sguardo che è già fiducia. «Sì non l’avevo mai visto prima, e non c’avevo neanche parlato. Sapevo che dopo le difficoltà ai mondiali ci sarebbe stato bisogno di facce nuove. Io sono pronto. Spero di poter dare il mio contributo come faccio col Napoli. E’ il momento più alto della mia carriera». E allora il campo. Il tiqui taca ma pure la ripartenza. Ala o punta. Titolare o in panchina. Lui c’è. Due gli appuntamenti che sono un fremito. La Bielorussia prima e la Germania poi. Qualificazioni e amichevole. Punti e gloria. Callejon smania. Non gli sembra vero. «Era un sogno». Si è avverato.
Fonte: Corriere dello Sport
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