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Prandelli: “Con super Insigne cambierò l’Italia…”

Cesare Prandelli, senza preamboli, qual è la sua griglia per il campionato al via?
«In pole position metto la Juve! Primo, perché arriva da una stagione straordinaria, e ha consolidato certi valori. Secondo, perché vuole confermarsi e riproporsi a livello europeo. Sarà la squadra da battere».
E dietro ai campioni d’Italia?
«Mi intriga il progetto Roma, affidato a Zeman, alla qualità del gioco e al suo calcio offensivo. Poi mi piace molto l’idea di questa nuova Fiorentina guidata da Montella».
Mancano le milanesi e il Napoli
«Mazzarri troverà ancora quelle qualità che è riuscito a trasmettere in questi anni, la sua ora è una squadra esperta, che lotterà per vincere. Il Milan ha sì cambiato molto, ma non è ridimensionato; punta su alcuni ragazzi interessanti, a partire da El Shaarawy: lì si vedrà la mano di Allegri. L’Inter invece giocherà sull’orgoglio del gruppo, esaltato dalla voglia e dall’entusiasmo di Stramaccioni. Sono state fatte scelte ponderate e mirate, come quella di Gargano, che vuol dire avere dietro delle idee precise, dettate dall’allenatore».
Stramaccioni è il collega che la incuriosisce di più?
«Lui ha già dimostrato di avere qualità, serietà ed essere anche spiritoso. Tornando alla griglia, queste squadre partono con buone garanzie, frutto di scelte comunque ponderate, volute, e non si faranno prendere dall’isterismo».
La Juve quest’anno non avrà solo il campionato: la Champions peserà…
«No, non avrà problemi. Ha un bagaglio di qualità acquisito, ha fatto acquisti importanti, e ha creato un clima professionale in cui tutti fanno parte integrante di un progetto. Per essere competitivi su due fronti bisogna coinvolgere l’intera rosa, in questo senso la panchina “completa” sarà fondamentale. Niente più giocatori umiliati dal sentirsi riserva della riserva. Si tratta di una svolta epocale nel rapporto tra calciatore e tecnici».
Proprio a proposito di panchina, c’è il caso Conte da gestire. E non sarà facile; oltretutto una situazione simile non si è mai verificata…
«Appunto, non abbiamo alcun tipo di riscontro; io dico che non cambierà niente, nessun handicap, anzi, squadra e allenatore saranno più determinati. Carrera poi sta lavorando con lui da tempo. E’ un temperamentale, saprà trasmettere la carica giusta in partita».
Non cambia niente nemmeno per la sua Nazionale?
«Abbiamo trovato un gruppo di ragazzi fantastici, con una mentalità professionale incredibile».
Cosa la incuriosisce di questo campionato?
«Il fatto di avere tanti sistemi di gioco diversi, perché i numeri vanno interpretati; per esempio la difesa a 3 non è uguale per tutti. Molte squadre cercano di avere la predominanza del gioco, cominciando a giocare subito dal portiere. A differenza di altri campionati, il nostro ha una varietà tattica unica;
per questo diventa difficile per gli stranieri capire quando vengono in Italia a studiarci. E nei momenti difficili, di crisi (e mi pare che questo sia tale sotto tutti i punti di vista) escono le persone che hanno idee, qualità, voglia di confrontarsi e affermarsi. Se Allegri ha vinto lo scudetto col Milan e gli hanno venduto Ibra e Thiago Silva, adesso verrà fuori ancor di più la sua qualità. Come quello che ha fatto Conte la scorsa stagione, qualcosa di straordinario».
Straordinaria è stata anche la scelta di De Rossi
«Già la scorsa settimana io l’avevo ritrovato maturo come sempre, sereno, equilibrato. Lui è semplicemente una persona a modo; quando uno riesce anche con una battuta a sdrammatizzare una situazione delicata o a far capire a tutti il proprio pensiero, vuol dire che la tua serenità è totale. E io dico, di cuore: meglio che sia rimasto a Roma. I giocatori della Nazionale come lui che restano nel nostro campionato alzano il tasso tecnico, diventando dei riferimenti per i giovani».
Come Verratti…
«Lo ripeto: siamo stati dei polli a farlo partire, le sue qualità le si conoscevano da mesi».
Intanto lei con l’Inghilterra non l’ha fatto giocare da vice Pirlo
«Io l’ho fatto esordire nel ruolo in cui è nato, non voglio inventare nulla. Ma visto che Pirlo sarà con noi ai Mondiali, che De Rossi nella Roma giocherà in quella posizione, io voglio creargli uno spazio azzurro. Sarà interessante vedere anche dove lo impiegherà Ancelotti, visto che ha anche Thiago Motta. Insomma la mia idea potrebbe essere buona anche per il Psg»
Prandelli, lei cosa chiede al campionato?
«Intensità di gioco, quella che c’è in un campionato europeo e non ancora nel nostro torneo. Abbiamo qualità, tecnica, capacità di leggere le situazioni».
A proposito di situazioni, ci aiuti a capire quella che riguarda il futuro azzurro di Cassano. Prospettive “fredde”, verrebbe da dire, rispetto al precedente biennio
«Due anni fa eravamo consapevoli che lui ci avrebbe potuto far fare il salto di qualità. Siamo stati chiari, lui si è impegnato, è stato il bomber delle qualificazioni e il miglior assist man, lo abbiamo sostenuto, come dimostra l’Europeo, dove aveva un’ora di autonomia, e io così avevo un cambio sicuro. Ora devo pensare alle qualificazioni Mondiali e pensare a giocatori di prospettiva. Ovviamente, dipenderà da lui: se Antonio giocherà con continuità, da titolare, se sarà in condizione, lui è relativamente giovane per poter guadagnarsi il mondiale. Insomma, non sono freddo nei suoi confronti ma sincero e leale come sempre con i miei giocatori. E questo discorso vale per tutti».
Cosa pensa dello scambio Cassano-Pazzini?
«Una bella cosa, per tanti motivi, anche mediatici. Primo perché i due giocatori erano scontenti; soprattutto Pazzini si era intristito: ora troverà nuovi stimoli e nuove motivazioni. Lo stesso discorso vale per Cassano; e anche le due società hanno realizzato che lo scambio poteva essere una buona cosa».
Meglio Pato-Pazzini-Robinho o Sneijder-Cassano-Milito?
«Al di là dei nomi, mi piace vedere una squadra che quando attacca gli spazi, e va a cercare il gol, ha un’idea precisa, un’identità di gioco. Poi questi sei possono fare la differenza da soli, ma nel mio calcio serve una cornice».
E Prandelli come valuta Insigne?
«Lo abbiamo seguito con attenzione, le relazioni dei tecnici federali sono tutte ottime. Ora è semplice parlarne bene; è un attaccante moderno, anzi è il prototipo dell’attaccante moderno, ha la giocata in funzione alla squadra, mai fine a se stesso; e poi è generoso sul piano tattico. Tutto questo grazie agli allenatori che ha avuto, come Zeman, che gli ha insegnato i tempi di gioco».
Il suo fisico non aitante può essere un handicap?
«Ma negli ultimi anni i più grandi giocatori sono tutti piccolini; tutti cercano spazi stretti e i piccoli negli spazi stretti vanno alla grande. Bisognerebbe allungare le squadre per metterli in difficoltà, invece…».
Nel tuo gruppo di attaccanti moderni c’è sempre Giuseppe Rossi?
«Io lo considero ancora un titolare della mia Nazionale. Beppe è stato sfortunato, ma caratterialmente è forte, sta lavorando per tornare ai vertici: sarebbe stato titolare sicuro agli Europei».
Sarebbe bello riportarlo in Italia?
«Dovremo fare una campagna per riportarlo in Italia! Questo è un talento vero. La prima giocata è un dribbling in funzione della squadra e in area sente la porta».
All’Europeo il tuo Rossi avrebbe dovuto essere Giovinco, che ora sembra in un momento decisivo
«L’ho scelto e voluto perché Sebastian ha delle qualità importanti. Consigli è difficile darne da fuori, ma lui deve fare le cose semplici, non deve dimostrare niente a nessuno né sentire il peso di eredità ingombranti; deve solo essere se stesso».
In affetti questo sarà il campionato delle eredità da raccogliere: da Del Piero a Inzaghi, da Nesta a Gattuso.
«Ma i grandi campioni mancano sempre. Ci mancano ancora i Tardelli, gli Antognoni, i Conti… Per questo i nuovi ragazzi devono trovare la loro strada senza scimmiottare nessuno».

Intanto Prandelli, nel suo secondo biennio, resterà fedele alla sua Italia dal centrocampo di qualità o l’abbondanza di giovani attaccanti gli permetterà nuove strade?
«Sì, questa nuova realtà mi stimola molto; il nostro calcio, il nostro settore giovanile ha lavorato molto bene negli ultimi due anni. Vorremmo continuare ad avere questa qualità in mezzo al campo. Ma se capiremo che questi attaccanti sono subito pronti, potrei rivedere il centrocampo»
In che modo?
«Passando a tre a centrocampo più tre attaccanti»
Tra questi c’è senza dubbio Destro. A Roma con Zeman può consacrarsi
«Intanto ha fatto il salto di qualità la stagione scorsa con Sannino, che lo ha inquadrato, gli ha fatto capire l’importanza della fase intermedia. Un attaccante ora deve saper tornare nella maniera giusta, e i suoi adesso sono movimenti da ragazzo che ha lavorato settimanalmente su certi schemi. Quest’anno avrà l’opportunità di migliorarli e perfezionarli».
Stesso discorso per Osvaldo, teoricamente. Ma lui resta nel giro azzurro?
«Sì, è un attaccante da seguire, e fino a poco prima dell’Europeo era nei miei pensieri. Poi ho fatto altre scelte perché nelle ultime partite di campionato l’ho visto molto nervoso. Anche lui deve stare tranquillo, non assumersi responsabiltà oltre quelle che gli competono».
Responsabilità, ecco la parola chiave per Balotelli. A che Mario sta pensando Prandelli?
«Penso a un Balotelli titolare, che possa crescere ancora. Se non puntiamo su Balotelli vuol dire che abbiamo sbagliato molto fin qui. Ma ci deve metter molto del suo, molto. Un discorso che vale per Cassano. Io penso che Balotelli con Mancini migliorerà l’aspetto comportamentale. Sono gli allenatori dei club che fanno maturare i giocatori, a loro va il merito, non il ct che lavora poco tempo. Noi dobbiamo assemblare, questo dobbiamo fare».
In Inghilterra è arrivato Borini: così si allontana dalla Nazionale
«Lo avevo scelto perché ha la capacità di giocare su tutto il fronte d’attacco, io lo ritengo una punta esterna, forse lui si considera una punta centrale. Ma se non si fosse infortunato, contro l’Inghilterra sarebbe venuto con noi».
A proposito d’Inghilterra, una parentesi: cosa le suggerisce il fatto che Farina, simbolo del calcio pulito, ha rescisso col Gubbio e andrà all’Aston Villa a insegnare fair play ai giovani inglesi?
«Quando ho detto che era giusto stare sull’argomento e convocare Farina a Coverciano penso di aver dato un messaggio; lui sa che quando vuol venire le porte della Nazionale sono sempre aperte. E’ un “talento” che va all’estero. Lui doveva rimanere in Italia: del fair-play abbiamo più bisogno noi degli inglesi, questo è sicuro»
Torniamo alla Nazionale, Diamanti è diventato un punto fermo della sua Italia
«All’Europeo è stata la sorpresa per tutti, non per noi. Ha sempre messo entusiasmo, non solo qualità, ma carattere; è stato fantastico perché anche quando non giocava, lui in tutti gli allenamenti ha messo grande entusiasmo e l’ha trasmesso. Per me farà sempre parte del mio gruppo ideale, poi non vuol dire che giocherà sempre».
L’esperimento di Berna l’ha convinta?
«Lui può giocare anche come esterno destro. Può fare in certe partite l’interno a centrocampo»
Dall’attacco al reparto portieri: si sente coperto bene?
«Sì. De Sanctis per un po’ resterà ancora con noi: è un portiere valido, serio, motivatore. Poi c’è Viviano, se recupera, che io ho fatto giocare titolare; ma lui deve stare bene fisicamente. A Coverciano prima dell’Europeo aveva qualche problema, forse ha recuperato troppo alla svelta. Dietro a Buffon ci sono lui e Sirigu».
Ma di tutti i giovani che hai visto chi è il più pronto?
«Noi siamo tornati con due certezze da Berna: Destro e Ogbonna, e con altre situazioni interessanti. Io penso che Ogbonna possa essere il miglior centrale della prossima stagione…»
Prandelli sta cercando anche nuovi esterni bassi?
«De Sciglio è uno dei pochi che può giocare a destra o sinistra»
Parliamo di lei: avesse vinto l’Europeo, sarebbe andato via?
«No, e che vado via sul più bello…»
Ma questo è il suo ultimo biennio da ct?
«Nelle cose ci vuole entusiasmo. Io non avevo dei dubbi. Il mio dubbio era uno solo: pensi di avere una migliore qualità della vita e invece non è così, fai scelte economiche importanti ma speri di poter fare il tuo lavoro. Ricordo a tutti che negli ultimi otto mesi ho potuto fare solo due amichevoli, un ritiro pre Europeo con in mezzo la finale di Coppa Italia. Se ho la possibilità di lavorare, allora trasmetto entusiasmo. Adesso ho solo la voglia di creare una squadra che abbia un senso».
Come giudica il girone di qualificazione per Brasile 2014?
«Difficile. E’ l’unico con tre finalista europee, noi, Danimarca e Repubblica Ceca, più l’Armenia considerata una grande rivelazione delle ultime stagioni».
Ma a quasi due mesi dalla finale europea, cosa non rifarebbe?
«Non dovevamo tornare a Cracovia, da Varsavia dopo la semifinale con la Germania ma andare direttamente a Kiev. La verità è che eravamo sfiniti e ci mancavano due giorni di recupero sulla Spagna. Con gli strumenti scientifici avrei capito di più. Ma sono contento di aver fatto delle scelte anche col cuore. Sono riconoscente per sempre a quel gruppo di ragazzi».
La sua Nazionale sarà ancora il traino del movimento calcistico italiano?
«Visto il titolo che ha fatto il vostro giornale il giorno dopo Spagna-Italia 4-0 (Prandelli, ma cosa hai fatto?, ndi) penso di sì. E’ stato un titolo molto offensivo; tutte le persone che incontro ci ringraziano per le emozioni che abbiamo dato. Ricordo sempre a tutti, quando si mette il massimo impegno si può anche sbagliare, ma quell’impegno deve essere rispettato e con quel titolo io non sono stato rispettato».

 

Fonte: Corriere dello Sport

La Redazione

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