Sulla strada davanti a casa una scritta: “Ghirardi morto”. Giorno e notte sotto scorta. “Ricevo minacce e insulti. Ho moglie e un figlio piccolo da tutelare: i carabinieri passano di continuo, ma per sentirmi sicuro al cento per cento sono costretto a pagare una vigilanza privata”. Tommaso Ghirardi vive giorni difficili: “Non immaginavo che sarebbe finita in questo modo e soffro nel vedere il Parma ridotto così”. Ecco la sua verità. “Il 10 ottobre 2014 avevo pagato tutto fino al 30 giugno e non c’erano debiti verso club italiani. Avevo ottemperato agli obblighi della Lega. Volevo vendere la società perché amareggiato dalla mancata concessione della licenza Uefa. Venni contattato da professionisti importanti, per conto di Rezart Taçi, noto petroliere albanese, imprenditore di una galassia con fatturato superiore al miliardo di euro. E conosciuto in ambito calcistico per le sue relazioni con Milan e Real Madrid, che portò a giocare amichevoli in Albania”.
“Niente nomi, però feci le mie telefonate a persone del calcio italiano che mi dissero: ‘Taçi è un personaggio particolare: non affrontarlo direttamente, ma attraverso studi professionali’. E così mi comportai. Avvisai la Lega. Il 4 novembre stipulammo un preliminare di acquisto”.
“Dieci milioni a me per avere il Parma, l’impegno a versare 19 milioni il 13 novembre per saldare gli stipendi dal l° luglio, l’accollamento dei 78 milioni di debiti”.
“In pratica non mi ha dato i 10 milioni previsti dal preliminare, ma si è accollato i debiti, ha incontrato sindaco e presidente degli industriali, ha fatto promesse. Le prime mosse di mercato mi hanno confortato, ha preso Rodriguez, Varela e Nocerino, e poi il capitano dell’Albania. Pensavo di aver ceduto il Parma alla persona giusta e mi sbagliavo. Chiedo scusa ai tifosi perché tempo fa ho detto di aver lasciato la società in buone mani. Oggi non lo direi più e non venderei il club a Taçi. Mi sento tradito. Così ho citato Taçi in sede civile, gli chiedo i danni per inadempienza del mandato contrattuale”.
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