Paolo Di Canio ha rilasciato alcune dichiarazioni sulle pagine dell’edizione odierna de Il Mattino:
Di Canio, il Manchester City è davvero la squadra che al momento gioca il calcio più bello d’Europa?
«Assolutamente, il calcio del City è il migliore d’Europa. Non solo sa dominare nella metà campo avversaria attraverso il possesso e stancando gli avversari, sia fisicamente che mentalmente, per poi trovare la giocata vincente con i tanti talenti che ha in campo, ma sa anche andare in verticale e magari fare gol nella metà campo avversaria con solo tre o quattro giocatori. Sa ripartire in contropiede passando dalla fase di non possesso a quella di possesso, perché ha una disponibilità di giocatori che vogliono la palla nello spazio. E soprattutto Guardiola ha capito che nel calcio inglese non si poteva giocare con il tiki taka come a Barcellona, ma doveva puntare sull’asse dell’equilibratore Fernandinho e dei due intermedi Silva e De Bruyne, che ha gamba e qualità a legare il gioco, passaggio corto, medio e lungo, e sugli esterni Sterling, Sanè e Gabriel Jesus, che danno una piena disponibilità, con grande qualità, grande personalità e fisicità perché hanno forza e velocità nello spazio. Questo la rende unica: tutti questi elementi fanno del City la squadra più completa e più bella, soprattutto quando deve esprimere il calcio in possesso palla».
Nel City, dove il gioco di squadra sembra al centro di tutto, quali sono i solisti che fanno la differenza?
«Il gioco è il padrone di tutto. A Guardiola piace un calcio estetico, un po’ com’è lui, una persona elegante, però unito alla concretezza, cosa che in passato non aveva questa squadra. Come in tutte le squadre di Guardiola, la differenza la fanno le individualità, però in rapporto con i compagni, cioè le individualità si mettono a disposizione e poi prima o poi uno di questi fa la giocata che apre tutto. Ha troppi giocatori forti e importanti che stanno capendo come giocare con e per il compagno».
Fino ad adesso in Premier e in Champions è un cammino impressionante: come si ferma la macchina di Guardiola?
«Il City non ha ancora la statura del Barcellona, però la rivoluzione che ha fatto Guardiola è incredibile, soprattutto per come sono cresciuti i giovani a livello maturità, nelle scelte delle giocate. Ma nelle ultime partite, come lo scorso anno dopo 8/9 match, qualcosa sta scricchiolando, anche se comunque non accadrà quello che è accaduto l’anno scorso. Però ha preso due gol nell’ultima partita, praticamente facendosi gol da soli, e ci sono stati errori gravi. È vero che la Champions League richiama un’attenzione diversa, ma le individualità così come fanno la differenza quando stanno bene, possono fare la differenza in negativo per la propria squadra, non avendo ancora una grande esperienza. Stones è giovane, è migliorato tantissimo, ma qualche difetto lo ha ancora. Walker non è stato mai bravo in fase difensiva, perché è istintivo. Mertens, Hamsik Insigne e Ghoulam lì possono fare veramente male, visto che il Napoli gioca con questa qualità nelle verticalizzazioni palla avanti palla dietro e attacco dello spazio dietro alla linea difensiva del terzo uomo. Questo a patto che il Napoli faccia quello che ha fatto il City nel primo tempo dell’altra partita. È difficile, certo, ma deve rischiare qualcosa, altrimenti se lasci il palleggio a questa squadra tu puoi colpirla sicuramente, ma loro ti fanno male».
Sarri è davvero quello che più somiglia a Guardiola?
«Assolutamente sì per il modo di pensare calcio. Sarri non ha ancora vinto nulla a livello internazionale. I numeri dicono che è in grande crescita, lui fa qualcosa di grandioso per i giocatori che ha: quel tipo di gioco, a quelle alte intensità e di grande qualità, precisione nella meccanizzazione dei movimenti, la grande disciplina dei giocatori nel rapportarsi l’un l’altro, come distanze, come interscambio di giocatori, nel gioco corto, nel gioco lungo, lo fa essere qualcosa di speciale. Però mi aspetto che finalmente, dopo le ottime prestazioni lo scorso anno, faccia sua una partita così importante, con la maturità che ha acquisito anche in campionato, dove ha imparato a vincere di misura soffrendo. Allora sì che crescerebbe la dimensione collettiva e individuale di una squadra che tutti sappiamo essere forte e avere quelle potenzialità, ma finché non lo dimostra pienamente e con continuità non puoi decretarti nel gotha delle grandi squadre».
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