Nicolao Dumitru, 25 anni oggi, attaccante di proprietà del Napoli, vanta un singolare primato. Dal 2011, è al settimo prestito, stavolta al Nottingham Forest, serie B inglese, dopo aver svolto la preparazione con Sarri in Val di Sole. «Il mio agente mi aveva accennato di un interessamento da parte del club inglese il 28 agosto. Il direttore sportivo Pedro Pereira, ex della Fiorentina, gli aveva chiesto informazioni su di me, dicendo però che dovevano ancora avere il parere dell’allenatore su un profilo come il mio. Sono passati due giorni e l’affare si è concluso». Dunque, il Nottingham dopo Empoli, Ternana, Cittadella, Reggina, Veria e Latina. In azzurro soltanto 12 partite per l’attaccante nato in Svezia da padre rumeno e madre brasiliana e cresciuto in Italia.
Com’è stato il primo impatto con la nuova realtà? «L’impatto è stato molto forte, in una realtà che vive ancora nel ricordo degli anni in cui hanno vinto e dominato in Europa con Brian Clough. Inoltre mi aspettavo che la Championship fosse un campionato competitivo e impegnativo a livello fisico, ma non così tanto: giocano su ritmi impressionanti, l’idea qui è sempre quella di vincere e questo rende le partite più belle».
Com’è stato riprendere a questi ritmi, dopo un lungo periodo in cui ha giocato poco? «Direi traumatizzante. Agosto è stato un mese in cui ho fatto allenamento a parte con due o tre giocatori che erano sul mercato a Napoli, non ho mai giocato una partita e questo l’ho sentito. Mi sono allenato da solo con il personal trainer, ma ho davvero patito la mancanza della partita e dei ritmi alti».
Come è stata l’esperienza a Napoli? «Tutto è iniziato molto presto: avevo 18 anni ed ero uno dei maggiori talenti della mia generazione. Avevo fatto bene in Primavera e nelle nazionali giovanili; il passaggio al Napoli era uno scalino per il quale ero pronto tecnicamente, ma forse non di testa, nel senso di essere in grado di gestire determinate situazioni che diventano fondamentali a certi livelli. Quando fui convocato le prime volte in prima squadra e l’allenatore mi metteva in campo, anche solo per i cinque minuti finali, io mi sentivo già giocatore. Ero passato da giocare in Primavera pochi mesi prima a ritrovarmi al San Paolo davanti a 60mila spettatori. In quel momento mi sono detto: dai, è fatta. Poi tutto è cambiato, con le aspettative cresciute da parte della società e il conseguente acquisto di due attaccanti: non venni più convocato e iniziò la serie di prestiti secchi».
Che rapporto ha avuto con Sarri? «Un rapporto molto diretto: mi ha fatto capire che da parte sua c’era stima nei miei confronti, ma è stato chiaro nel farmi capire che non rientravo nei progetti della società e suoi. Mi ha comunque fatto sempre piacere la sua sincerità e il fatto che nel corso della preparazione mi abbia più volte ripreso per correggere determinati movimenti e darmi qualche consiglio. Sono cose che fanno piacere quando le ricevi da un allenatore che sta facendo grandi cose come lui».
Ci può essere ancora un futuro per Dumitru in maglia azzurra? «Il calcio è così strano che non so cosa rispondere. Rimanendo in Italia sarebbe stato più facile essere seguito, chiaramente; la mia scelta è stata, però, quella di andare nel miglior calcio che c’è, a mio modo di vedere, e di aprirmi nuove porte. Poi il calcio sa sempre sorprenderti, sia nel bene, sia nel male».
Come giudica questo Napoli? «Ha fatto una campagna acquisti importantissima: non ha cercato il colpo a effetto, ma la prospettiva. Prendendo giocatori di quell’età l’idea è fare una squadra che per i prossimi quattro o cinque anni sia questa. Il Napoli deve fare così, perché non ha la potenza economica della Juventus. Sono contento che abbiano cambiato il modo di gestire i giovani. La Juventus è uno schiacciasassi, ma le partite vanno comunque tutte giocate e vinte sul campo».
fonte: il mattino
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