NAPOLI – Per suonarle, e quindi per darle: meglio non prenderle. Note più che nota. La stessa musica di sempre. O meglio, lo strumento. «Eh sì, perché la difesa di Sarri a Empoli era una fisarmonica. E la melodia era dolcissima». E allora, vai maestro Sarri. In platea applaude Emiliano Mondonico. Concertista italiano pure lui. Di un’altra epoca, ma che apprezza il bello. Anzi, la bellezza. «Il suo concetto di difesa quello è: la grande bellezza. E’ un calcio organizzato e armonioso. Ci sono movimenti, meccanismi e tempi perfetti. E’ un piacere vedere la sua squadra muoversi». E detto da lui… Il calcio non si ferma, ma neppure il Mondo. Gira come un pallone. Ora fa l’opinionista. E ha sempre il baffetto da sparviero, l’occhio vispo e la battuta pronta. Però resta quello di Cremona e l’Atalanta in Europa. Soprattutto del Toro in finale Uefa contro l’Ajax con la sedia alzata. Pure quella per suonarle. Ma all’arbitro.
innovativo. Mondonico l’essenza di un calcio “italiano” nell’accezione piena del termine. Conservatore e però innovativo. Bistrattato ma vincente. Quello dell’equilibrio prima di tutto, «perché in Italia si gioca così, e le partite le vince chi prende meno gol».
E infatti, Mondonico, il buon Rafa Benitez, che di reti ne faceva e subiva tante, è andato via: criticato…
«E giustamente: seppur nei limiti del rispetto e del confronto vero. Sano. Non si è adeguato al nostro campionato: e non perché non fosse di livello, anzi… E’ al Real, ora! E che aveva un’altra cultura. Ha faticato, gli hanno preso presto le misure. I nostri allenatori lavorano sui propri giocatori ma pure sugli avversari. Sanno cambiare e ritoccare, aggiustano, modellano la squadra partita dopo partita. L’integralismo è un limite».
E’ arrivato Sarri…
«Ed è la scelta giusta. Quando una società decide di cambiare, deve puntare su qualcuno che porti qualcosa di nuovo. Di diverso davvero. E lui è completamente l’opposto rispetto a Benitez. Se prendi una decisione forte è perché vuoi che arrivi un messaggio nuovo, e scuota spogliatoio e ambiente, faccia riflettere, metta tutti in discussione. Che senso avrebbe dare continuità filosofica e calcistica a un’idea se non sei contento? Tanto vale? Tieniti quello che avevi…».
Convincente, Mondonico: quindi?
«Bene Sarri. Benissimo. Ha una mentalità che mi piace: la nostra. Gioca per attaccare, ma anche per non prenderle. Mi aspetto un atteggiamento tattico più razionale, anche consapevole dei propri limiti».
La difesa, diceva. Con Sarri linea a quattro sempre protetta, distanze corte e fila compatte.
«Sì, e indipendentemente dagli interpreti: comunque fondamentali…».
Il Napoli si è mosso…
«E bene sta facendo. Astori ha esperienza e conosce il campionato. Ma con Benitez la sofferenza era di reparto: poca attenzione, ripetitività di certi errori e scarso filtro in mezzo. Vedrete che cambierà tutto».
Ci vorrà lavoro e un po’ di tempo…
«Ma mica tanto eh. Sarri non ne avrà e lo sa pure lui. Diciamo che se a Empoli ha avuto, o gli avrebbero dato, anche quattro anni, a Napoli ha quattro mesi giusto. Il rapporto tra la Provincia e la Metropoli è questo».
Che pressione…
«Il calcio è così’ da sempre nelle grandi piazze e Napoli lo è».
Scusi Mondonico, facendo i conti su una mano: settembre, ottobre, novembre e dicembre. Quattro mesi giusti, siamo all’italico panettone. Altro che modernità di pensiero…
«Ma funziona in questo modo e ovunque. Non è giusto, ovvio. Però è la logica perversa del calcio italiano. E a Napoli è uguale. Comunque, per me, lo mangia e se lo gusta pure».
De Laurentiis ha alluso allo scudetto…
«Non mettiamogli pressioni, è presto: aspettiamo il campo».
Come lo immagina il Napoli.
«Con il tridente. Non sono convinto giochi col 4-3-1-2. Sarri adatta l’assetto al materiale che ha, e se hai Insigne, Mertens e Callejon e anche Gabbiadini puoi giocare solo così: 4-3-3».
Volendo, anche a rombo…
«Ah certo. E lì, trequartista, ci vedo alla grande Hamsik: tra le linee e la faccia rivolta verso la porta avversaria. Non seconda punta come con Benitez: stessa zona di campo ma un altro progetto di calcio».
Dice la vecchia e sempre valida massima, che una squadra si vede dalla spina dorsale. E allora: il portiere, Reina.
«Numero uno vero. De Laurentiis l’ha capito un anno dopo, ma ottimo colpo».
Difesa?
«Più che dei nomi mi fido di Sarri: non avendo dei fenomeni devi giocare di reparto. E così farà il Napoli».
Vadifiori: l’allenatore in più.
«Sì, è stato così a Empoli e ha impressionato. Ma ora cambia tutto: non sarà la squadra a girargli intorno, ma lui ad agire in funzione dei compagni. Differenza sottile, ma sostanziale».
Però buon giocatore...
«Maturo, ormai. Pronto per giocarsi la grande occasione della carriera. Ha visione di gioco, sa dosare i tempi. Ha il passaggio filtrante, è bravo sul corto e il lungo. Se gestisce le tensioni di Fuorigrotta, un gran bel colpo. Poi con Allan vicino è protetto: il brasiliano è uno tosto e sa giocare anche a pallone».
Resta il centravanti: Higuain.
«Il centro di tutto, e non solo del progetto tattico. La sua conferma è un segnale per tutti. Se poi vogliamo parlare di calcio…».
Prego.
«Higuain mai con un’altra punta accanto. Mai. Lui deve stare in mezzo con due esterni larghi ai fianchi. E’ così che esprime tutta la sua forza e classe. In Italia è il più forte dentro l’area: il gol lo trova facile».
L’importante è che non tiri dal dischetto...
«Per carità, lasci calciare gli altri…».
Fonte: Corriere dello Sport
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