Walter Mazzarri ha rilasciato un’intervista a Repubblica. Ecco il contenuto delle dichiarazioni:
«Vero, ma se dicono pazzo mi arrabbio. Ho temperamento ma non solo quello. Programmo, curo i dettagli, se non sistemo l’1% non ci dormo. Alla partita devo arrivare dopo aver fatto tutto il possibile. Il calcio non è una scienza esatta, ma proprio perché ci sono imponderabilità e fattore umano, la preparazione ti fa sopravvivere».
Comunque è un carattere che piace ai napoletani, no?
«Certo, ma se dietro il temperamento non c’è la sostanza i giocatori se ne accorgono e il boomerang ti torna addosso. Ai giocatori dico: sono al vostro servizio, chiamatemi 24 ore su 24, se risolviamo i problemi, i primi a beneficiarne siete voi. Mai andato in fibrillazione per la formazione, l’ho sempre chiara. E anche quando mi agito sono concentrato e razionale, l’opposto dell’istintivo. Forse vivo male le sconfitte, è vero, non ci dormo. Ma prima di perderle le tento tutte. E poi ho un rapporto sereno e diretto con i giocatori.
Le credo. Eravamo al rapporto con i cavalli pazzi: Cassano, Lavezzi, Lucarelli…
«Più i giocatori hanno temperamento e meglio sto. Credo nel faccia a faccia. Cassano mi ricorda sempre volentieri e ha detto che non mi so vendere bene… Forse ha ragione, ma non sono uno da pubbliche relazioni. Arrivai a Livorno che Lucarelli aveva tirato un vassoio a un allenatore, mai avuto problemi. Non è vero che nello spogliatoio ci si dice tutto, è nel faccia a faccia che succede».
De Laurentiis parla di grandi risultati in 5-6 anni.
«Per superare le differenze di budget ci vuole programmazione e organizzazione. Dico non tutto e subito».
A Coverciano è stata pubblicata la sua tesi.
«Quella dei tecnici è una squadra: a ognuno il suo ruolo, senza sconfinamenti. Ho fatto la gavetta dall’osservatore al secondo di Ulivieri. Alle 9 del mattino ho già chiamato i collaboratori, il team manager Santoro e ho il quadro: so se i Nazionali sono rientrati, come stanno, se sono mancati parecchio li metto sulla bilancia, si prepara subito l’allenamento. Che è sacro: è il momento in cui il calciatore mette a punto la sua macchina. Lo dico sempre “rispetto delle regole”. Qui quando il magazziniere consegna la tuta sa cosa dire. Dunque allenatore autorevole ma non autoritario e regole uguali per tutti, soprattutto per chi è più in vista. Sono un martello? Sì e a 360 gradi. Rapporti chiari e corretti: decido io, non il giocatore più importante. Se succede, addio. E ai giocatori dico: non guardate la testa del compagno cui date la palla, non fatevi influenzare dal nome, guardate la maglia: questo per me è il concetto di squadra».
La sua specialità? De Laurentiis disse: “Mazzarri lo specialista del 3-5-2”.
«Direi la preparazione. E un giocatore vede subito se sei preparato o no. Il 3-5-2? I moduli li uso tutti ma se l’80% è predisposto a un gioco devi continuare così. La mia firma però è il 3-4-3. Il modulo non è tutto, sono fondamentali i movimenti e l’automatismo. Noi arriviamo a un possesso palla di 70 minuti e attacchiamo almeno in 5: Lavezzi, Hamsik, Cavani, Maggio e Dossena, più i centrocampisti e magari Campagnaro. L’allenatore in prima è un artista, un creativo. I giocatori preferiscono essere sorpresi. All’intervallo di Napoli-Milan nel 2009 sul 2-0 per loro i giocatori pensavano, ora ci sfonda: dissi solo, degli errori ne parleremo, ora cambiamo così, si ricomincia da 0-0, facciamogliene tre. Due andarono benissimo. Il pubblico tutto questo lo capisce e mi piace lo striscione “Al di là del risultato”. Ho sentito fare paragoni col gioco di Vinicio».
Attacco di talento: Hamsik, Lavezzi, Cavani.
«I gol parlano per Cavani ma non solo: con la Roma ha rincorso Pizarro fino all’area. Il calcio di oggi è un attacco senza punti di riferimento. Cito Cassano e Bellucci nella mia Samp e la miglior Roma di Spalletti con Totti. Nessun attaccante per l’Italia? Beh, offriamo Maggio, Dossena, Cannavaro e altri. A proposito di Nazionale, sono orgoglioso di Chiellini. Quando ero nel Livorno lo vedevano un po’ cavallone e volevano venderlo allo Spezia. Li feci aspettare».
Ricordando le polemiche, le manca Mourinho?
«Per come io penso debba essere un allenatore, no, non mi manca».
E la storia del turnover in Europa League, il 3-3 con la Steaua?
«E’ la coperta troppo corta: una squadra come il Napoli non può non farlo. Ora ho Catania, Liverpool e Milan: voi che fareste? Hamsik, Lavezzi e Cavani alla sesta consecutiva calano. Tanti anni fa quando con l’Empoli andavamo a San Siro si perdeva sempre, oggi non è così matematico se Inter o Milan non hanno curato tutti i dettagli contro una squadra che invece lo ha fatto».
Dove arriverà il Napoli?
«Avanti finale dopo finale e poi faremo i conti».
Un’altra cosa che dice sempre ai giocatori?
«Non voglio che i giocatori esultino in maniera eccessiva dopo i gol, lo si fa tutti insieme alla fine e per tener alta la tensione dal campo urlo “Dai, dai fino al 95°”. Nei nuovi spogliatoi del Napoli hanno messo una foto dove io indico l’ora…».
LA REDAZIONE
Fonte: Repubblica
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