Massimo Mauro, lei ha vissuto a fondo entrambe le piazze: ha giocato alla Juventus dal 1985 al 1989 e al Napoli dal 1989 al 1993. Che impressione si è fatto di questa querelle mediatica? Provinciali, non provinciali, ignoranti, rosiconi… «Beh, quando ero alla Juventus io, il Napoli era tutto tranne che una provinciale. Al limite era la Juventus la provinciale. Comunque sia, posso dire che mi sono meravigliato molto di quello che è successo dopo il match, delle parole che sono seguite alla partita, mentre invece non mi meraviglio dell’entusiasmo che si è scatenato per la vittoria del Napoli: la Torino calcistica è meno passionale, Napoli invece ingigantisce sempre gli stati d’animo. Sia nei momenti di euforia sia nei momenti di delusione. Insomma, due modi diversi di vivere le vittorie e le sconfitte». Concezioni del tifo agli antipodi, dunque. «Sì, agli opposti. Io, per quel che mi riguarda, mi sono trovato bene in tutte e due le città: ma io sono uno zingaro… Se ripenso all’esperienza in bianconero: beh, ricordo che quando abbiamo vinto l’Intercontinentale siamo stati accolti all’aeroporto da non più di 5, 10 persone. Se una cosa del genere fosse successa a Napoli, all’aeroporto avremmo trovato tutta la città. Questo però non significa che a Torino non si sappia gioire delle vittorie: semplicemente lo si fa in modo diverso. E, badate bene: per fortuna che è così, è un bene. La diversità di approcciarsi al calcio, la peculiarità di ciascuna realtà, dovrebbe essere vista come una ricchezza dello sport italiano, non il contrario. Usciamo dal principio secondo cui “se tu non sei com me, allora sei peggiore”. E’ un principio che non porta da nessuna parte». Dunque non ha decisamente apprezzato questo botta e risposta tra le parti. «Certamente alcuni comportamenti di De Laurentiis, a caldo, non sono stati eleganti e altrettanto si può dire delle risposte. Il problema è che ormai nel mondo del calcio si è creato un ambiente in cui sembra più importante dimostrare di essere forti e duri, a prescindere, dunque si rischia di scadere di livello. E di conseguenza, guardando da fuori, non si sa a chi dire che ha ragione o torto. Poi però i protagonisti dicono che le polemiche le montano i giornalisti… Io dico solo una cosa: per evitare di alimentare brutti rapporti tra tifoserie, che poi sfociano anche nella violenza, ci sarebbe bisogno di una cultura sportiva diversa. Nessuno sembra più capace di accettare una sconfitta e pure chi vince finisce per esagerare».
Fonte: Tuttosport
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