“La panchina del Napoli? È un bellissimo sogno. E il tempo risponderà”. Diego Armando Maradona, in un’intervista aL’Espresso in edicola venerdì, ribadisce la sua volontà di tornare un giorno, come allenatore, nella squadra partenopea, l’unica che potrebbe guidare in Italia perché “nel mio cuore c’è l’azzurro del Napoli. E il Napoli vinceva e, ancora oggi, batte la Juve. E poi i tifosi napoletani sono una forza della natura”.
CONTRO IL FISCO — Poi anche un riferimento alla questione relativa al suo debito col fisco: “Tutte le sentenze dal 1992 dimostrano che non ho mai evaso un euro, eppure sono stato umiliato in tutto il mondo. Solo perché mi chiamo Maradona e perchè, evidentemente, mi considerano un po’ napoletano”. “Io ero solo un dipendente di Ferlaino e della società sportiva Calcio Napoli – si difende l’ex Pibe de Oro – se il mio presidente, come dice anche la giustizia italiana, ha sempre pagato bene le tasse per i giocatori e non ha mai imbrogliato, come potrei averlo fatto io da solo che all’epoca avevo appena 25 anni? Questo dicono tutte le sentenze”.
NIENTE SCONTI — Maradona sottolinea di non chiedere “sconti, né privilegi. Ho cercato la pace sociale, ma inutilmente: è come parlare con un robot. Il capo del fisco non mi vuole incontrare, ovvio che non abbia il coraggio di guardarmi negli occhi. Lui sa che non esiste nessuna violazione. Si persevera solo perché mi chiamo Maradona, se mi chiamavo Esposito era diverso”. “Mi perseguitano ancora, anche dopo aver chiarito tutto – insiste – qualcuno del fisco, che già aveva partecipato alle cause perse contro di me, pur sapendo bene che non era mai esistita nessuna violazione fiscale e che ero estraneo a tutto, mi ha fatto passare agli occhi del mondo, che invece non conosceva le vere carte, per evasore. E mi ha calunniato, forse solo perché ero un po’ napoletano e davo fastidio non essendo gestibile”.
PERDONO — Ma Maradona è pronto a lottare. “Andrò personalmente dai ministri della Giustizia e delle Finanze e chiederò udienza al presidente della Repubblica – assicura – poi tornerò anche dal Papa, per far perdonare chi ha fatto tante cattiverie, che però dovrà pagare di tasca sua i danni provocatimi in questi 25 anni di insulti e pignoramenti”.
CALCIOSCOMMESSE – Poi anche un parere sul calcioscommesse: “Nei miei anni c’era un altro calcio. Si giocava con i piedi e la testa, collegati al cuore. Si rideva, si esultava e si piangeva. Ora troppi giocano con le carte e con il denaro, inquinando lo sport. Maradona scendeva in campo solo per la gioia di giocare e per fare festa con i tifosi – dice di sé l’attuale allenatore dell’Al Wasl – il pallone è tondo si può vincere o perdere, ma non va mai toccato con i soldi. Solo con i piedi, con la testa e con una mossa alla Maradona. Se qualcuno mi chiese mai di vendere una partita del Napoli? Mai. Li avrei presi a calci. Non si possono deludere i tifosi, che si sacrificano e piangono per te. E poi questo scandalo fa male troppo ai bambini, che sognano i campioni. Io giocavo col cuore e pensando a Dio, ma ora spetta ai dirigenti controllare. Ai miei tempi c’era solo il Totocalcio, oggi invece ci sono troppi giochi e scommesse di tutti i tipi. Quanta confusione. Ci sono tanti campioni, bisogna far rispettare le regole e liberare il calcio da altri interessi”.
Fonte: Gazzetta.it
La Redazione
S.D.
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