Diego Armando ormai è un altro. Non più l’uomo sommerso dai problemi personali. Quelli, per fortuna, li ha gettati tutti alle spalle. Diego Armando è un uomo di 53 anni con un nuovo futuro davanti. Uno che ha tanta voglia di dimostrare al mondo che è ancora un campione. Si vede, dagli occhi. Si sente, dalla voce. Si capisce, dalla testa. Maradona racconta le emozioni di questa sua visita in Italia e a Napoli al Mattino, poche ore prima di imbarcarsi su un volo per Barcellona.
Maradona, mercoledì scorso è tornato al San Paolo. Cosa ha pensato appena lo ha rivisto?
«Il mio cuore ha cominciato a battere forte. Angelo (Pisani, il suo amico e legale di fiducia, ndr) mi ha riportato nel mio stadio e abbiano fatto una corsa come due ragazzi. Sì, lo confesso, mi sembrava di essere tornato ai giorni in cui al San Paolo andavo per giocare a calcio e Stefano (Ceci, il suo attuale manager, ndr) mi inseguiva da bambino. Quella folla caotica ed appassionata mi ha fatto tornare indietro nel tempo, c’è tanto di quella amore per la nostra maglia che non si può descrivere. Anzi, è come se il tempo non fosse mai passato. Mi sono venuti i brividi nel sentire i cori che i tifosi intonavano quando scendevo in campo e cominciavano a farli già nel corso del riscaldamento pre-partita. Mi sono commosso quando ho visto l’emozione negli occhi della gente che faceva di tutto per toccarmi. Per me è stato naturale rispondere a quelle intonazioni con lo stesso saluto che facevo da calciatore».
De Laurentiis la vorrebbe ambasciatore del Napoli nel mondo. L’idea le piace? O vuol far sempre l’allenatore?
«Se ne può parlare. Io ho il cuore azzurro e come dice il mio avvocato Pisani nel mondo conoscono Maradona come Napoli e viceversa. Sono un uomo di campo, uno che si emoziona solo quando l’arbitro fischia l’inizio della gara. Mi ribolle il sangue quando calpesto l’erba del campo o quando negli spogliatoi sento il fremito dei miei calciatori, quando gli do le ultime indicazioni prima della partita. Mi piace troppo fare l’allenatore, però sono anche un ambasciatore dello sport e accetterei ben volentieri la nomina di ambasciatore del Napoli nel mondo, nel momento in cui De Laurentiis dovesse chiamarmi per formularmi la proposta ne parliamo…».
Un altro argentino fa sognare Napoli: è Higuain. Felice per lui?
«C’è sempre una sintonia speciale quando lo guardo. Sono strafelice per lui. È un mio ragazzo, l’ho voluto nella Seleccion e l’ho fatto giocare da titolare ai mondiali in Sudafrica. Quando l’altra sera ha fatto gol due minuti dopo il mio ingresso nella tribuna del San Paolo, non ho potuto trattenere l’esultanza: è stato un momento magico e, lo confesso, il Pipa mi ha fatto davvero esaltare anche se nella fantasia sarei voluto scendere in campo per segnare anche io».
Che voto dà al Napoli che ha battuto la Roma?
«Ho visto soltanto il secondo tempo della partita: per non creare problemi di ordine pubblico siamo partiti tardi e c’era tanto traffico ma mi sembrava di volare verso il cielo azzurro. Per quei 45 minuti sarebbe corretto dare un bel 10. Sì, è un voto altissimo, non si dà mai e glielo do anche perché avevo visto la stessa partita il 18 ottobre all’Olimpico. E quella sera la Roma mi colpì di più, mi diede la sensazione di essere più squadra, approfittando degli errori commessi dal Napoli. A distanza di quattro mesi, devo dire che la mia squadra (Maradona dice proprio così, la mia squadra, ndr) è cresciuta, mentre la Roma l’ho vista un po’ affaticata. Magari non succede, però dico alla Juve di stare molto attenta a questo Napoli…».
Cosa le manca di più di Napoli?
«La sensazione di essere invincibile. Napoli mi ha trasmesso questo sentimento in ogni istante della mia esperienza in maglia azzurra. Quando scendevamo in campo, sapevamo di essere superiori a ogni avversario, anche perché avevamo dalla nostra uno stadio che incuteva timore ed i migliori tifosi del mondo. Ed eravamo orgogliosi, ero orgoglioso di tutto questo, anche perché in questo modo riuscivamo a colmare tante cattive dicerie ed un certo divario che c’era con l’altra parte del Paese. Purtroppo ci sono tante strumentalizzazioni. Quando arrivavano gli squadroni del Nord, vedevamo nei loro occhi brillare il sentimento della paura, perché sapevano che per loro sarebbe stato un brutto pomeriggio. Gli abbiamo fatto vedere cos’è il calcio a tanti signori».
Quali emozioni quando De Laurentiis ti hanno regalato la maglia numero 10?
«Quello è il mio numero magico. La mia carta d’identità. Quel numero l’ho sempre avuto sulle spalle. Per me è stato anche molto emozionante indossare la fascia di capitano. Ecco, quel gesto di Peppe Bruscolotti, consegnandomi i gradi davanti agli altri compagni di squadra nello spogliatoio, è stato un atto d’amore che non poteva non essere corrisposto e noi siamo sempre uniti. Con i miei compagni del Napoli ho festeggiato giovedì notte e lo rifaremo una volta. Ogni anno. Ce lo siamo promesso. All’epoca capii che Peppe, per troppo amore nei confronti della maglia, era anche disposto a privarsi di qualcosa di personale: vincere lo scudetto era il modo migliore per restituirgli quel favore e dimostrare, anche da parte mia, quanto amore provassi per quel popolo che, ormai, sentivo mio».
Cosa manca a questo Napoli per vincere lo scudetto?
«Niente. Adesso veramente niente. Quest’anno è iniziato anche bene, ma la Juve ha preso troppo vantaggio. Però sono certo che nella prossima stagione, con giusti interventi sul mercato, magari prendendo un altro difensore di esperienza, si tornerà a vincere il tricolore. E quel giorno certamente non mancherò».
Perché dopo 30 anni la gente di Napoli ama sempre così tanto Maradona e Maradona ama così tanto Napoli?
«Perché Maradona gli ha permesso di vincere nel calcio, di battere tutti e imporre il sole e l’azzurro di Napoli sul campo lì dove sembrava che fossero solo le squadre del Nord ad avere sempre la meglio. Napoli mi ama perché l’ho messa al centro dell’Italia, perché ho permesso a questa gente che amo di alzare la testa dopo anni di mortificazioni. A Napoli ci sono grandi potenzialità e qualità, si può fare tanto in tanti campi. Non solo di calcio».
La partita che vuole vincere adesso è quella con il fisco italiano?
«Sì. Voglio che tutto il mondo sappia, come lo hanno capito e lo stanno realizzando le persone che hanno letto le carte e le memorie difensive dei miei avvocati Angelo Pisani e Angelo Scala, che Maradona non è mai stato un evasore e non ha mai fatto male a nessuno. Salvo ai portieri e difensori avversari. Sicuramente dispiaciuti per i tanti goal che hanno preso da me».
Fonte: Il Mattino
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