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Mangia: «Napoli, non sarà facile ma giusto crederci fino alla fine»

Il tecnico ex Palermo: l’Udinese a Catania avrà una gara molto complicata

Nella conferenza stampa pre-derby di Catania, aveva mangiato il panettone per esorcizzare in modo scherzoso un eventuale esonero. Ma il gesto non è servito, perché il solito presidente Zamparini, 48 ore dopo, lo ha silurato senza troppi complimenti dopo il ko. Alla vigilia di Natale. 110 giorni è durata l’avventura di Devis Mangia sulla panchina del Palermo. «Pensavo già alla partita con Napoli, invece l’ho vista in tv». 38 anni da compiere il 6 giugno, lombardo di Cernusco sul Naviglio (il paese di due grandi liberi: Scirea e Galbiati), una dura gavetta al Nord, tra settore giovanile e dilettanti. Prima di Stramaccioni è stato il più giovane allenatore della A (ha 12 giorni in meno di Montella.

 L’ultimo verdetto della stagione, chi va in Champions?

«L’Udinese ha un vantaggio non di poco conto, ma anche l’impegno più complicato: in trasferta e sul campo di Catania. Montella è uno che non fa regali a nessuno e Guidolin lo sa bene».

Facciamo due conti: se l’Udinese perde, il Napoli può farcela allora?

 «Piano, perché la Lazio in casa con l’Inter ha un bel match point a disposizione. Ecco, direi che per la squadra di Mazzarri non è una situazione semplice: perché non deve solo vincere, e contro il Siena è sempre complicato, ma poi deve aspettare buone notizie sia dalla Sicilia che dall’Olimpico».

In fondo è colpa degli azzurri che si sono complicati la vita contro il Bologna?

 «Complicati? Nessuno ha regalato niente a nessuno in questo campionato e dunque non c’è da meravigliarsi poi tanto per come è andato a finire a Bologna. L’equilibrio ha regnato sovrano e fare punti fuori casa non è stato agevole per nessuno. Io, per esempio, quando ero a Palermo alla Favorita ho vinto contro tutti».

A pensar male, nessuno regala più niente anche perché sulla serie A c’è tanta attenzione da parte delle procure?

«Un pensiero malevole. La mia sensazione è che dalla prima giornata le piccole abbiano sempre lottato quasi alla pari con quelle più grandi. E l’equilibrio in classifica ne è la prova».
Insomma, il Napoli deve stare attento persino al Siena, già salvo?

«Conosco Sannino molto bene. Lui allenava la prima squadra del Varese e io la Primavera: so come prepara le sfide e so che non fa differenza tra quelle decisive e quelle che, magari, possono contare di meno».

Deluso dal Napoli?

 «No. È stato protagonista di una stagione fantastica. Io sono uno che mica dimentica il cammino in Champions e che in finale ci sono ora Chelsea e Bayern Monaco che il Napoli ha messo in riga al San Paolo. E poi c’è la Coppa Italia: tutti a denigrarla, ma giocarla in carriera una finale…».

Lei nasce interista, gioca come portiere e rimane ammirato dal Milan di Sacchi. È corretto?

 «Sì, riassunto in breve. Come portiere ero scarso e ho iniziato ad allenare a 20 anni. Il tifo poi vale fino al professionismo, come per tutti. Tanto che l’Inter l’ho battuta alla prima giornata».

Un sacchiano può rimanere folgorato anche dal gioco di Mazzarri?

 «Sì che può. Quello che stupisce del Napoli è la personalità. Ogni volta che gli azzurri sono riusciti a giocare esaltando le caratteristiche di Lavezzi e Cavani, lo show è stato assicurato. E quando le squadre impongono il loro modo di giocare è sempre un piacere vederle in campo».

A proposito di Lavezzi, lei ha gestito a Palermo il dopo-Pastore. Come funziona?

 «Quando sono arrivato io, lo spogliatoio aveva già mandato giù l’addio dell’argentino. A chi resta, comunque, occorre non dare alibi e non consentire di trovare giustificazioni dalla partenza di uno dei leader dello spogliatoio».

Fosse in Mazzarri che farebbe per non farlo partire?

 «Gli allenatori possono poco. Decidono le società e i procuratori».

Una lunga gavetta nei settori giovanili: lei farebbe giocare Insigne titolare in serie A?

 «Puntare sui giovani non significa avere coraggio, soprattutto se poi bravi come Insigne».

Per lei la A è sempre il Paese dei balocchi?

«Certo, e non ho cambiato idea neppure quando sono andato via dal Palermo».

Zamparini la paragonò a Wenger, nel peggior momento dell’Arsenal?

 «Io risposi che penso più a Oronzo Canà, con rispetto per Banfi. E dopo aver perso col Cesena così mi hanno trattato».

Cosa vuole rivendicare con questa battuta?

 «Che io non alleno l’Arsenal o in Premier ma squadre di altra dimensione. E sono fiero di questo».

Andrà a Siena il prossimo anno?

 «In Toscana andrò a giugno. Ma solo per prendere il tesserino di allenatore».

Fonte: Il Mattino

La Redazione

M.V.

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