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Luciano De Crescenzo: “Sarri filosofo di vita. Il gioco del Napoli tra i più belli d’Europa”

"La prima cosa che ho visto quando sono nato è stata il Vesuvio, che fortuna"

Luciano De Crescenzo oggi quasi novantenne è tra i pochi ad aver davvero acchiappato Napoli, sulla pagina, nello schermo e prima con la fotografia, ha rilasciato alcune dichiarazioni sull’edizione odierna de Il Mattino:

Ora che tutti parlano di filosofia sarriana, possiamo dire che Maurizio Sarri è un erede del professor Bellavista? E se sì, dove si incontrano i due?
«Non so se possa definirsi in senso stretto un erede del professor Bellavista, di sicuro però i due hanno alcuni punti in comune, sono entrambi napoletani, particolare che non è da sottovalutare, ed hanno una notevole capacità di trasmettere e insegnare le proprie teorie filosofiche e di gioco».
Che differenza c’è tra quel Napoli che le ha regalato uno dei giorni più belli della sua vita vincendo lo scudetto e questo che rischia di vincerlo?
«Non sono del tutto sicuro che oggi un singolo campione basterebbe per vincere un campionato. Nel calcio moderno il rendimento di una squadra è dato per metà dalle qualità tecniche dei giocatori e per metà dalla grinta e compattezza con cui la squadra affronta la partita. Ora però, per ottenere questa determinazione è necessario che tutti i giocatori sentano di appartenere a un unico complesso».
Lei preferisce questo Napoli catalano-olandese dove tutti hanno una funzione o quello Maradoniano con l’eroe solitario? 
«Maradona è il genio assoluto, un condottiero, un Achille dei nostri giorni, con il suo coraggio e i suoi punti deboli. La squadra di Sarri invece, è una perfetta macchina da guerra, ogni giocatore sa esattamente qual è il suo ruolo. Ovviamente sono di parte, ma penso che il gioco del Napoli sia in questo momento tra i più belli d’Europa, non ci si annoia mai».
Sa che al Napoli si rimprovera un eccesso di bellezza senza il realismo della vittoria, non è che stiamo sopravvalutando i vincitori? Torniamo sempre alla storia di Tonino Capone, quello che avendo guadagnato abbastanza andava al mare chiudendo il negozio, senza mai diventare Pirelli. 
«Il realismo della vittoria è di sicuro importante, ma senza l’estetica del bel gioco si corre il rischio di annoiarsi».
E non siamo uomini di noia. Cosa avrebbe detto a Nietzsche se l’avesse conosciuto? (Non dimentichiamo che il momento del suo collasso mentale avviene a Torino). 
«Nietzsche sosteneva che la rovina dell’uomo è nella sua razionalità. Ecco, forse se invece di trattenersi a Torino fosse venuto a Napoli, probabilmente per lui le cose sarebbero andate diversamente».
Che cosa è mancato nella lunga e bella vita di De Crescenzo?
«Tirando le somme, non mi posso lamentare, anche se, detto tra noi, c’è stato un momento della vita in cui avrei voluto fare il cantante e non ero nemmeno così stonato. Forse avrei preferito qualche acciacco in meno, ma posso ritenermi di sicuro fortunato. Del resto, sono nato a Napoli, nel quartiere Santa Lucia e le prime cose che ho visto, sono state il mare e il Vesuvio. Se non è fortuna questa!».

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