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L’ex Napoli De Vena: “Quanti consigli da Cavani! Quella volta con Lucarelli…”

L'ex attaccante del settore giovanile azzurro, ora al Melfi, si confessa

“Mi chiamavano piccolo Cavani. Edinson era il “matador” del Napoli quando Alessandro De Vena si scopriva bomber. Tre anni passati assieme, durante i quali Alessandro ha potuto imparare da vicino i segreti del mestiere dalla stella uruguaiana: quasi 50 gol in due stagioni tra Allievi Nazionali e Primavera. Poi la “gavetta” di mezzo, perché non tutti hanno la fortuna di esordire in prima squadra, di crescere tra i campioni. Quest’anno sono già nove i gol per l’ex “stellina” della Primavera azzurra che dopo 6 stagioni di Lega Pro è finalmente pronto al salto. Potenza, tecnica, furia agonistica , senso del gol e una lunga gavetta alle spalle. Vi ricorda qualcuno? A 24 anni più che di nuovo Cavani, per Alessandro si potrebbe parlare dinuovo Lapadula“.

“E‘ il mio miglior anno. L‘ambiente mi ha aiutato a concentrarmi solo sul campo. Melfi è una cittadina tranquilla e qui la passione per il pallone è fortissima. A un certo punto del campionato le cose andavano piuttosto bene, ma adesso dobbiamo pensare a salvarci il prima possibile. Ho segnato 9 gol, ma quel che conta è che quasi tutti sono stati decisivi: hanno portato 7 dei 17 punti. Penso a migliorarmi nella categoria e reputo che ogni allenamento possa avvicinarmi all’ulteriore scalata: sono pronto per fare un passo avanti nella mia carriera. I 6 anni in Lega Pro mi hanno fatto capire che questo è il mio mestiere ora avrei il desiderio di confrontarmi con un livello superiore per vedere se sono all’altezza”.

Alessandro è uno “scugnizzo” come tanti, di quelli con la palla sempre sotto il braccio: “Hai detto bene! I primi calci li ho dati quando avevo un anno per cui è proprio il caso di dire che sono nato con il pallone tra i piedi. Il mio idolo era Ronaldo, il ‘fenomeno’. A sei anni, dato che mio padre si era stufato di cambiare in continuazione i vetri di casa, mi iscrisse alla prima scuola calcio la ‘Boys Quarto’. Poi mi acquistò il Napoli e mi inserì nei giovanissimi. Mi trovai un po’ male all’inizio perché era un gruppo già formato e molto più propenso al possesso palla e io invece ero abituato a giocare di rimessa. Scattò qualcosa, era la prima grande occasione e non potevo fallire. Con caparbietà e umiltà mi misi subito a imparare movimenti e richieste dell’allenatore. Appena una stagione dopo, negli Allievi nazionali, feci 24 gol e poi in Primavera 23 gol”.

Una squadra di “piccoli fenomeni” quella del 2010-2011: “Un bel gruppo, con tanti talenti. Di quella rosa ricordo con piacere oltre che Armando Izzo e Jacopo Dezi, che stanno facendo una carriera di livello, anche chi purtroppo non è stato fortunato. Parlo di Walter Guerra, che adesso sta ripartendo dalla serie D o Luca Arena che è dovuto addirittura scendere in Promozione\Eccellenza. Poi con noi giocò per sei mesi anche Lorenzo Insigne. Con lui ho fatto parte anche dell’Under 20 dell’Italia. In prima squadra il modello era uno solo: “Cavani, senza dubbio! Ho avuto la fortuna di allenarmi diverse volte con i ‘grandi’ e il “matador” era un spettacolo, dai movimenti alla mentalità. La cattiveria agonistica la vedevi nel suo sguardo, prima della rete, quando spesso andava in pressing a recuperare palla, all’esultanza dopo un gol: indemoniato. Ricordo gli uno contro uno in allenamento, con tiro successivo. Edinson mi dava tanti consigli, da come andava calciata la palla, alla potenza da metterci, fino alla posizione del corpo. Un grande”.

Compagno di Cristiano Lucarelli per un giorno: “Chi lo dimentica! Lucarelli venne a darci una mano in Primavera perché aveva problemi al ginocchio. Il giorno della partita con il Lecce mi misi al suo servizio giocando sulla fascia e lui prima punta: vincemmo 7 a 0! Andammo entrambi a segno. Ho avuto l’opportunità di studiare un altro grande attaccante che poi ho avuto la fortuna di avere come allenatore a Viareggio. Ti descrivi tecnicamente? “Le mie caratteristiche principali sono la potenza, la corsa, l’uno contro uno. Sono un giocatore che predilige la tecnica, il dribbling, ma sempre finalizzato a un’azione pericolosa, non amo i ‘giochetti’ fini a se stessi. Ruolo? So fare sia la prima che la seconda punta, però prediligo giocare attorno a un attaccante centrale e sfruttare la mia velocità. Se la necessità lo richiede faccio anche il lavoro sporco da prima punta, senza problemi”.

Come è nato il tuo soprannome? “Piccolo Cavani? (ride). Quell’anno entrambi, sia io che Edinson, segnammo parecchio e il mio allenatore mi disse che la prolificità non era l’unica cosa che ci accomunava, ma anche alcune caratteristiche. Da quel momento tutti mi chiamarono così, soprattutto i giornalisti”.

 

 

Fonte: gianlucadimarzio.com

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