Ezequiel Lavezzi, ormai idolo dela San paolo e della torcida azzurra tutta, ha rilasciato un’intervista ai colleghi della rivista argentina “La Nacion“; il “Pocho” si racconta a cuore aperto, svelando alcunti toccanti particolari sulla sua non semplicissima infanzia. Ecco quanto selezionato da Iamnaples.it:
“Ho iniziato a giocare a calcio fin da piccolo, i miei genitori si sono separati quando avevo due anni; lavoravo come manutentore di frigoriferi, e mia madre faceva la cameriera, lavorava tutto il giorno, per questo sono cresciuto con i miei fratelli. Faceva di tutto per permetterci una vita dignitosa e lei era molto umile…”.
La scuola?
“Si, ci sono andato ma ho frequentato fino al terzo anno delle superiori”.
Qual’era il tuo sogno? In che modo volevi “emergere”?
“Non sono mai stato un sognatore, non mi pongo mai obiettivi a lungo termine. La mia mentalità è vivere giorno per giorno, godermi ogni istante; se gioco male poi, faccio sì che il tempo trascorra più velocemente…”.
Le tue origini sono più simile a quelle di Tevez o Messi?
“Non mi identifico con nessuno dei due, ognuno ha la propria vita…”.
Hai un tatuaggio raffigurante una pistola, qualche anno fa festeggiasti un gol “sparando”; che significato ha?
“È stato un gesto istintivo, mi ha causato molti problemi…Non avrei mai pensato di suscitare tutto quel clamore. Accadde nel match contro l’Estudiantes, appena mi si parò davanti un poliziotto, la gettai subito…”.
La fame?
“Quando i miei si speararono, i pasti erano sempre uguali, abbiamo sofferto molto la fame…”.
I mieriti di tua madre?
“A lei devo tutto quel che sono adesso, ha fatto tantissimi sacrifici…”.
Primo stipendio?
“A 17 anni, giocavo con gli Estudiantes Casseros, guadagnavo 100 pesos al mese per quasi un anno”.
I primi veri guadagni?
“Al Genoa, in Italia. Ebbi una percentuale per il mio trasferimento, inziai a guadagnare di più”.
Primo acquisto?
“Innanzitutto ho detto a mia madre che non doveva più laovrare, poi le ho comprato casa…”.
Quasi tutti i tuoi colleghi spendono i primi guadagni in automobili…
“In realtà anche io l’ho fatto, i soldi mi hanno permesso di comprare un pò di tutto, anche una casa per me e mio figlio…”.
Come ti senti ad essere lì a Napoli, al posto di Maradona…
“È molto strano, la gente è pazzesca. Occorre essere lì per capire realmente come vieni trattato…”.
Che macchina hai?
“Ne ho due (ride, tra orgoglio e diasgio n.d.r.): una Mercedes Benz e una Ferrari rossa”.
Orologio?
“Rolex Daytona”.
Perchè hai così tanti tatuaggi?
“Ho cominciato da ragazzo, il primo l’ho fatto a dodici anni, e non sono riuscito più a smettere…Era raffigurato un indiano, che poi ho coperto. Un ragazzo fa le cose senza pensare…”.
Cosa sono questi fiori?
“Me li ha consigliati il mio tatuatore di Napoli. Ne ho molti, sono legato a quello del Rosario central, la mia squadra preferita, e al nome di mio figlio sul braccio…”.
Hai mai pensato “questo non lo faccio più, nè io nè mia madre nè i miei fratelli”?
“Non penso più così, non volgio smettere di uscire con i miei amici normalemnte o continuar a fare quello che facevo prima…”.
Qual è la prossima tappa professionale, dopo Napoli?
“Mi piacerebbe giocare in una grande squadra ma non farò il nome…”.
Com’è il Maradona allenatore?
“È stato molto buono con me, non ho alcun rancore verso di lui per non avermi convocato ai Mondiali, mi ha anche aiutato a risolvere un problema personale…”.
Quale?
“Non posso dirlo, ma è stato molto importante per me, più di una convocazione alla Coppa del Mondo…”.
Problemi con la droga?
“Per fortuna non li ho mai avuti, ma rispetto le persone che ne hanno”.
La Redazione
A.F.
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