CASTELVOLTURNO, 17 dicembre –Prima di imbarcarsi alla volta di Buenos Aires ha voluto confessarsi con il Corriere dello Sport-Stadio e raccontare cosa è cambiato da quel giorno che mise piede a Castelvolturno e poi raggiunse il ritiro austriaco di Feldkirchen an der Donau, tra mille diffidenze e tante perplessità. Parla nel salotto della club house del Volturno Golf. Gli piace pensare in grande e non escludere alcun obiettivo, che sia scudetto, Europa League o Coppa Italia. Ma senza eccedere: «Noi dobbiamo pensare a migliorare di partita in partita, poi tireremo le somme. Non si sa mai», dice nel confessare di sopportare malvolentieri lo scotto che deve pagare per la sua notorietà. «Mi vogliono far passare per quello che non sono», sottolinea, rivolgendo lo sguardo verso l’addetto stampa Baldari e riferendosi forse all’ultimo episodio, una banale discussione di viabilità scoppiata in lite in via Nevio con lui intervenuto a fare da paciere. Ad un orario insolito per un calciatore, però. Ma Lavezzi si apre e rivela come trascorrerà il Natale: «Con i quaranta bambini dell’Ansur perchè quando vedo sorridere un bambino mi sento veramente felice». Porterà anche il piccolo Tomas.
Lavezzi, da dove cominciamo?
«Gli argomenti non mancano, decidete voi. Ma comincio con il dire che la vittoria sulla Steaua mi ha reso felice, anche se stare in tribuna è sofferenza».
È la prima volta che decide di aprirsi, in esclusiva: sono passati quasi quattro anni dal suo arrivo in Italia, si racconti.
«E sono cambiate tante cose da quel giorno. Prima ero un ragazzo, ora mi sento maturo come uomo; il Napoli all’epoca, era una neopromossa in serie A e ora siamo una realtà consolidata».
È cambiata la sua vita, in pieno.
«Quando arrivai qui, era la prima volta che mi staccavo seriamente da casa. Ero stato per un brevissimo periodo a Fermo e per un mese, mi pare, a Genova. Ma venendo a Napoli, avrei dovuto modificare le mie abitudini, lasciare la famiglia e le amicizie. Ricominciare, insomma».
È andata bene, a quanto pare: avverte di essere un idolo?
«Sento l’affetto della gente, sempre. La avverto in campo e fuori. Per noi calciatori, però, è meno semplice di quello che sembra. Tutti pensano all’aspetto economico, ci ritengono ricchi e basta, dei privilegiati che non hanno problemi. E’ vero che siamo fortunati, ma è anche vero che facciamo sacrifici».
Cosa le manca?
«Non arrivo a dire ciò, perché conosco da quando ero fanciullo il valore della parola sofferenza, ma sono i luoghi comuni a dare fastidio. Intanto, a noi è negata la normalità, poter essere giovani, vivere da venticinquenni. Io qui sono amato e me ne accorgo, ma anche per andare al supermercato mi devo mimetizzare».
Una volta si nascose nel cofano di una macchina…?
«Appunto. Sono cosciente che il calcio sia un fenomeno di massa, che probabilmente è anche giusto che vada così, perché scateniamo passione e questo affetto rappresenta il grazie che la gente ci vuol dare. Però una pizza, una cena da ragazzo come tutti gli altri mi piacerebbe, ogni tanto».
Vabbè, la sera, talvolta la notte, non si nega qualche divagazione…
«Questo invece è ciò che mi fa arrabbiare, far diventare un caso quel che accade intorno a me. Io sono stato fuori qualche volta, una di queste posso aver ritardato il rientro a casa di un po’: ma non mi va che si parli di notti brave, che si esageri».
Immagini un po’ quel che capitava a Maradona.
«Ma io non sono neppure un quarto di Diego e penso che a me non tocchi, dunque, neppure un quarto delle pressioni che sfioravano lui. Ma stiamo parlando del più grande».
Che, un mese fa, ha detto: la maglia numero 10 va data a Lavezzi.
«È stata una bella frase, che mi ha riempito di orgoglio. Posso dire che sono fiero di ciò che Maradona ha suggerito, ma queste scelte poi devono farle la società e i tifosi».
Questo Napoli non muore mai.
«Siamo da tempo una squadra piena di talento, ma prima eravamo giovani e adesso stiamo invece maturando a vista d’occhio. Il segreto, penso, sia in un uomo che si è rivelato la persona giusta per correggere i nostri sbagli».
Oddio, questa è una dichiarazione d’amore…
«Questa è la mia verità. Il salto di qualità lo stiamo facendo con Mazzarri».
Visto che non rispondete mai alla domanda sullo scudetto, aggiriamo l’ostacolo: quanto tempo ci vorrà, perché riusciate a vincerlo?
«È un discorso articolato: bisogna vedere se rimane questa base; bisogna vedere se arriveranno altri rinforzi; e se poi ci sarà qualche acquisto di esperienza. In questo caso, entro due-tre anni, potrà accadere».
E se le diciamo quest’anno?
«Rispondo che quest’anno c’è una grande opportunità offerta dal campionato italiano: esiste un equilibrio talmente forte, che bisogna provare ad approfittarne».
Si sta sbilanciando…
«Il rischio, adesso, sono le tre competizioni contemporaneamente. Però la situazione della classifica è chiara e anche l’andamento di tutte le grandi. Noi siamo convinti delle nostre forze e in questo torneo non c’è una differenza così abissale, come nelle stagioni passate».
Un anno fa tirò una pallonata ad Allegri….
«Il suo Milan è il club con maggiore regolarità. E lui sta facendo veramente bene. Quello è stato un episodio, dai lasciamo stare. Ho sbagliato, stress da partita. Quando Allegri è stato qui non c’è stato modo di incrociarci, altrimenti lo avrei salutato».
Fonte: Corriere dello Sport
S.D.
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